Un medico eccezionale
Quest'intervista è stata realizzata in parte lo scorso dicembre, pochi giorni dopo la liberazione di Fabrizio Cinquini dal carcere di Massa, e in parte nel gennaio 2014.
Quest'intervista è stata realizzata in parte lo scorso dicembre, pochi giorni dopo la liberazione di Fabrizio Cinquini dal carcere di Massa, e in parte nel gennaio 2014.
Quest'intervista è stata realizzata in parte lo scorso dicembre, pochi giorni dopo la liberazione di Fabrizio Cinquini dal carcere di Massa, e in parte nel gennaio 2014.
Con Soft Secrets abbiamo raccontato la sua vicenda al momento dell'arresto, oggi che è libero ci prendiamo il giusto tempo per una conversazione che il carcere ci aveva vietato per mesi.
Per chi ancora non lo conoscesse, Cinquini è un medico toscano (fra i pochissimi medici nel nostro paese con una cultura sulle proprietà terapeutiche della cannabis) che da anni si batte per una medicina che preveda e integri nella sua offerta anche questa pianta, mentre sino ad ora, qui in Italia, nonostante dal 2007 ne sia prevista l'importazione per legge, resta relegata de facto al dominio della sperimentazione personale.
In poche parole socrizioni che vengono negate soprattutto per una duplice ignoranza: ignoranza della legislazione vigente e ignoranza delle applicazioni curative di questa pianta. Di fatto sono i pazienti che spiegano ai propri medici di avere trovato una soluzione al proprio patire. Ma torniamo al nostro dottore.
Fabrizio soffre di epatite C (contratta in seguito ad un intervento in ambulanza) e a partire dal 2003 ha scoperto nella canapa una medicina per curare se stesso. Da quel momento, Cinquini sperimenta, ricerca e coltiva per ottenere genetiche più forti e con un contenuto curativo migliore. Prima dell'ultimo arresto stava lavorando a 277 piante, in una serra di 60 metri quadri.
A causa di questa sua ostinazione professionale, nel perseguire il benessere dei pazienti a prescindere dalla legge vigente, ha subito nel corso degli anni numerose carcerazioni e prolungati periodi di detenzione domiciliare.
Le prime domande ovviamente si interessano della sua condizione personale, in seguito al periodo di privazione della libertà. Un preambolo doveroso, essendo le carceri del nostro paese fra le più sovraffollate e disumane di Europa. Carceri piene di persone che sono in stato di arresto per coltivazione o detenzione di canapa, persone che non avrebbero nulla a che spartire con la dimensione carceraria e alle quali questa intervista è dedicata.
Come stai Fabrizio? Nei 153 giorni di detenzione che hai subito, hai cambiato tre differenti strutture detentive molto differenti fra loro. Vuoi raccontarci qualcosa?
Sto bene. Massa è stata una buona esperienza: un carcere dove il tentativo di distrazione dalla noia mortale alla quale si è condannati funziona: facevo teatro, scuola da lunedì a venerdì e addirittura yoga una volta alla settimana. Nell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) ci saranno stati 120 -150 detenuti. Le condizioni, nonostante il sovraffollamento, erano buone, con un buona presenza medica. Infine Lucca. Il carcere di Lucca è una fogna, non meriterebbero nemmeno l'idoneità per la lombricultura. Per me è scioccante in base a quali criteri il direttore Asl abbia dato l'idoneità sanitaria.