Speciale Uruguay

Soft Secrets
05 Feb 2018
In Uruguay prosegue con ritmi lenti e farraginosi lo sviluppo della canapa come risorsa industriale, medicinale e ricreativa dopo la storica decisione dell’ex Presidente Pepe Mujica di regolarne il mercato e la produzione. Pur senza fare dei miracoli, a parte quello di esser stato il primo paese sudamericano a legalizzare, l’Uruguay rimane un piccolo e coraggioso paese che, dopo esser stato per quasi un secolo dipendente dal benvolere dei suoi ingombranti vicini argentini e brasiliani, ha ora una politica di assoluta indipendenza, un vero e proprio primato sui diritti civili e politici ma anche tante contraddizioni come la politica estrattivista che condivide con gli altri paesi del Cono Sud.     di Enrico Fletzer Ma dopo alcuni anni si può già fare un primo bilancio dei risultati rispetto allo sviluppo dei progetti che riguardano la canapa medica, industriale e ricreativa. Di un possibile sviluppo sostenibile di questa risorsa e dello stato dell’arte della politica della pianta abbiamo parlato con il tecnico di laboratorio e ricercatore in campo sociale, l’italiano Andrea Balice che dal 2011 studia la fenomenologia delle droghe e la geopolitica della cannabis, e in particolare il processo socio politico, economico e culturale che ha portato il piccolo paese rio-platense a fiscalizzarne il mercato e la produzione.

SSIT: Qual è lo stato dell’arte della legalizzazione della canapa per uso ricreativo e terapeutico?

L’uso della cannabis non è reato in Uruguay fin dal 1974 con una legge che depenalizza l’uso di tutte le droghe, ma a livello locale dagli inizi del 2000 la quasi totalità dei consumatori aveva accesso ad un unico prodotto di scarsa qualità, in un mercato gestito dalle narcomafie che si chiama comunemente prensado, il pressato giacché si commercializza in mattoni ottenuti pressando in verde i rami con foglie, fiori, semi; provenienti dai campi del chaco paraguaiano.

SSIT: Una vera schifezza!

Uno degli obiettivi della legge era contrastare questo mercato facendo in modo che le persone potessero accedere a prodotti di miglior qualità e a prezzi accessibili. Da qualche mese si è avviata la terza e ultima fase di sviluppo della legge che ha dato il via alla distribuzione della cannabis ricreativa prodotta sotto licenza dello Stato ad un prezzo di circa 1 euro (1,20 dollari) attraverso le farmacie abilitate. Secondo i dati ufficiali promulgati dal governo esistono 14.287 acquirenti, 7.236 coltivatori e 64 club registrati, mentre sono registrate per uso medico 9.163 persone. Un primo obiettivo lo stato uruguaiano lo ha raggiunto: captare quel mercato nell’intento di regolarne il funzionamento e deviare la direzione di quel flusso di capitali. Con questi numeri si ipotizza un volume di mercato di almeno mezzo milione di euro al mese. Con un raddoppio durante la stagione turistica. Facendo in modo che questi flussi possano essere controllati, regolati e fiscalizzati così da poter rappresentare una risorsa a disposizione dello Stato, anche se quest’ultima parte sta risultando più complessa dell’atteso.

SSIT: Che genetiche sono offerte sul mercato statale?

Attualmente sono disponibili due varietà: Alfa 1, prevalentemente indica (2%THC e 7%CBD) e Beta 1 prevalentemente sativa (2%THC e 6%CBD). Le due sono piacevoli sia al gusto che all’olfatto, anche se l’effetto dolce, date le basse concentrazioni di tetra-idrocannabinolo ricorda gli effetti di un vaporizzatore rispetto all’inalazione del fumo di una sigaretta e personalmente ritengo inviti il consumatore a fumare più frequentemente. Senza dubbio le autorità governative hanno in programma nel prossimo futuro di lanciare altre due varietà con contenuti superiori di THC. Tuttavia il prodotto in vendita nelle farmacie non è arrivato a garantire standard qualitativi eccellenti ed il sistema di distribuzione non risulta totalmente efficiente, però il risultato complessivo e in particolare sul prodotto è convincente soprattutto per quelle persone che non avevano mai avuto occasione di provare la differenza del sapore e dell’effetto, rispetto al comune “pressato paraguaiano” che inondava il mercato locale, parliamo del’80% dei consumatori di cannabis a livello nazionale.

SSIT: E con quale gradimento da parte dei consumatori?

Un altro fattore importante da sottolineare è che nell’aprire il mercato della cannabis si è subito vista una chiara suddivisione delle fasce di mercato. I coltivatori domestici ed i soci dei club cannabici si sono abituati a una enorme varietà di sapori, odori, effetti e colori diversi e non sono loro a cui appunta la distribuzione di cannabis nelle farmacie. D’altra parte, circa la metà degli iscritti ai registri usa quest’ultima fonte per acquistare la cannabis, cominciando a scoprirne effetti e sapori, c'è da immaginarsi che questo settore di mercato cambierà i suoi abiti di consumo di forma più radicale rispetto a produttori domestici e soci dei club, comprando la produzione statale di quella che fino a poco tempo prima era una droga maleodorante gestita dal narcotraffico. Per questi invece, la cannabis di Stato rappresenta un cambio positivo a tutto tondo, gli evita di esporsi a pericoli inutili e li approvvigiona di un prodotto di qualità chiaramente superiore a quello a cui erano abituati precedentemente. Ulteriore fattore che mi sembra interessante citare è il turismo. Il flusso turistico in Uruguay riguarda un giro di oltre tre milioni di visitatori, tutti o quasi con un'immagine dell’Uruguay come una Amsterdam dell’America latina; una vera e propria domanda turistica che rappresenta una forte pressione sugli attori locali, un problema se pensiamo che la legge non ha considerato il turista nei suoi decreti attuativi e che la vendita ai turisti è ancora un reato. SSIT: Che bolle in pentola, cosa succede quindi rispetto al turismo cannabico? Vorrei ricordare come inizialmente le stesse associazioni temessero l’ingresso di milioni di persone dai vicini Argentina e Brasile. Si, Enrico, rispondo a questa domanda riferendomi a quanto stavo spiegando poc’anzi. Nei primi mesi di quest’anno ho condotto un piccolo studio, una approssimazione di ricerca che puntava a studiare la percezione del turista consumatore di cannabis che visita Montevideo, rispetto alla legge che ne regola il mercato e attualmente lo esclude da questo. É chiaro che il turista consumatore assiduo di cannabis cercherà di reperire fiori ovunque si trovi se è un'abitudine per lui. In Uruguay, come in Europa succede nei Paesi Bassi e in Catalogna, i turisti arrivano con un immaginario precostituito, con l'aspettativa di poter reperire facilmente il prodotto desiderato. Risulta che però nessuno può ufficialmente rifornire stranieri e che questi, sentendosi rispondere che questa legge vale solamente per i residenti, si “ritrovano” a dover accedere alla sostanza per vie traverse, generando quello che con un altro ricercatore uruguaiano, il giurista Pablo Galaín Palermo stiamo definendo “mercato grigio”, differente dal mercato nero in quanto la produzione della sostanza è avvenuta in un contesto di legalità, risultando contro la legge solamente la transazione. Un altro esempio di mercato grigio è rappresentato dalle sementi di cannabis che sono liberamente in commercio, entrate di contrabbando e quindi impossibili da controllare e fiscalizzare, però legalmente prodotte nel luogo d’origine. Nella legge si parla di varietà autorizzate dalle autorità competenti, ma attualmente non è in corso la produzione di sementi di cannabis certificate dall’IRCCA (l’Istituto di Regolazione e Controllo della Cannabis), quindi non esiste per ora un'alternativa valida. In questo senso stiamo portando avanti una serie di osservazioni e considerazioni che speriamo verranno prese in considerazione per migliorare la norma vigente e l’efficienza del processo.

SSIT: Ho saputo anche che problematiche sono state sollevate dal sistema bancario rispetto al denaro proveniente dalla vendita di cannabis psicoattivo delle farmacie coinvolte nella distribuzione. Parimenti a quanto fanno negli USA a causa delle leggi federali.

Esatto, il sistema bancario si mantiene ai dettami dei trattati internazionali, che continuano a definire la cannabis come una droga pericolosa soggetta a limiti particolari. Risulta quindi impossibile per le banche accettare depositi provenienti dalla compravendita di quella che si considera una droga, e quindi dei proventi dal traffico di droga, impedendo nei fatti all’istituto di credito di accettare il deposito e obbligandolo a chiudere il conto. Questa situazione si somma alla difficile convivenza di una droga ricreativa in un negozio che dispensa medicine. Le farmacie hanno aderito a malincuore, mostrando forte disagio al momento di concretizzare la proposta. Anche per questo le autorità hanno deciso di riformulare il sistema di distribuzione, prevedendo anche altri centri di distribuzione specializzati. Dato il problema che suppone la impossibilità di usare il sistema bancario, voci di palazzo parlano di una valutazione a tutto campo, con possibili sistemi automatizzati di distribuzione e delle alternative all’uso della moneta corrente come le nuove “criptovalute”. Staremo a vedere. 

SSIT: Il progetto Carma Circolare, è frutto di una collaborazione tra giovani imprese italiane ed uruguaiane, si propone di impostare una economia regionalista e circolare della canapa che permetta ai piccoli produttori la costituzione sul campo di prodotti ad alto valore commerciale privilegiando la valorizzazione del territorio e una alternativa reale ai modelli di sviluppo lineari e intensivi. Di che cosa si tratta?

Lo scorso mese di settembre ho lanciato il progetto Carma Circular Uruguay con la start up Alt3rlab di cui sono fondatore assieme a Victor Viceconti, uno studioso argentino esperto in tecnologie. Un progetto innovativo e dirompente che promuove lo sviluppo sostenibile della filiera della canapa industriale nell’ottica Bio-I+D+i ovvero Ricerca+Sviluppo+Innovazione sui materiali biologici rinnovabili.  Si sviluppa lungo un asse di collaborazione internazionale dove l’Italia gioca un ruolo fondamentale. Carma si riferisce alla varietà di canapa Carmagnola, storicamente presente per secoli in Italia ed in Europa e sempre assoggettata a questioni contestuali che le attribuiscono altri significati e valori, Circular é il disegno della filiera produttiva che Alt3rLab sta gestendo, progettando e mettendo in pratica. Circular si riferisce anche al modello economico a cui aspiriamo, quello dell'economia circolare o trasformativa. Con l'Italia c’è un vincolo particolare, stiamo collaborando con diverse realtà, tra queste spiccano Kanésis e AssoCanapa, ma non sono le uniche. Sono tante le proposte innovative che arrivano dalla penisola nostrana.  
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