Semper fidelis causae persae: la storia di resistenza di Marcello Vecchio
Marcello Vecchio ha 66 anni ed è laureato in scienze agrarie e ambientali. Per molti anni docente precario negli istituti agrari di Alessandria e Asti, nel secondo decennio del duemila, è impiegato della Regione Piemonte come tecnico agro-ambientale. Il 17 ottobre del 2019 (esattamente a un anno dalla data in cui il Canada ha legalizzato completamente la marijuana) Marcello Vecchio viene arrestato per aver coltivato cannabis senza autorizzazione. Diciassette giorni di carcere e tre mesi di domiciliari segnano il percorso di quest'uomo che, fino a quel momento incensurato, sceglie di sfruttare la forza curativa delle parole per fare i conti con quest'esperienza nefasta e, sul finire dell'anno successivo, raccontare ai suoi lettori la propria storia di dolorosa ingiustizia.
SSIT: Buongiorno caro Marcello, a chi pensavi quando hai deciso di raccontare la tua storia?
Il libro è un racconto dedicato a chi, anche nel nostro paese, ha coltivato il sogno di vedere legalizzata la cannabis e a chi ha sofferto il carcere, i pregiudizi e l'emarginazione perché convinto che la cannabis sia meno nociva delle droghe legali di uso più comune come alcol e tabacco. Le mie parole vogliono essere una testimonianza, ma anche una denuncia contro l'inerzia e la compromissione dei politici che non vogliono rendersi conto dell'enorme potenzialità sociale, terapeutica ed economica della cannabis e che preferiscono investire risorse e mezzi contro le persone che la coltivano, contro chi vuole solo curarsi, nutrirsi e rilassarsi.
SSIT: Facciamo un passo indietro, perché sei stato arrestato?
Mi hanno contestato la coltivazione di canapa sativa e indica che ho coltivato in modo trasparente, come le pareti della mia serra, perché ritengo un nostro diritto poter coltivare ogni tipo di pianta. A nessuno viene in mente di condannare chi coltiva tabacco o i viticoltori. Al contrario, la cannabis e la sua coltivazione sono trattati alla stregua di un crimine pericolosissimo. Nel mio caso, in un pomeriggio di ottobre del 2019, i carabinieri, con un grande dispiegamento di forze, sono entrati nel mio orto ed hanno contestato la presenza di 48 piante di canapa in serra e altre, in fase di asciugatura, per un totale di 18 chili e 700 grammi (tutto pesato). Inoltre, sono stati sequestrati circa 4 chili e 200 grammi di cannabis che tenevo da parte in caso i pazienti dell'Associazione Tara ne avessero avuto bisogno. Dopo una procedura lunghissima e penosa, costituita dalle impronte, foto e verbali, mi hanno portato nel carcere di Alessandria, la mia città.
SSIT: Tu eri incensurato, quindi per carcerarti preventivamente i carabinieri disponevano di indizi che le piante sarebbero andare a rifornire il mercato nero?
Questi gentiluomini, nell'ordinanza di convalida dell'arresto, hanno scritto che: «Atteso che la considerevole quantità di stupefacente sequestrato, prodotto in una serra appositamente destinata, fa presumere che l'indagato - nonostante risulti formalmente incensurato - sia stabilmente inserito in un circuito delinquenziale finalizzato alla cessione di marijuana coltivata, circostanza che rende concreto e attuale il pericolo che egli possa commettere, in futuro, ulteriori delitti della stessa specie». Mi sono sempre chiesto con quali strumenti di indagine e tramite quali accertamenti mi potessero considerare, presumendo, un criminale abituale solo per aver coltivato canapa. La nostra legislazione è presuntuosa e draconiana.
SSIT: A quanto sei stato condannato? Ho patteggiato per non rientrare in carcere e mi hanno condannato a due anni e 4.017 euro di multa.
SSIT: In seguito a questa vicenda qual è la tua situazione lavorativa? Ho perso il lavoro perché la Regione Piemonte ha utilizzato un articolo del contratto che prevede il licenziamento in caso di questo tipo di reato.
SSIT: La descrizione che fai della realtà carceraria italiana è uno dei punti più emozionanti della tua narrazione. Ti va di aggiungere qualcosa per chi ancora non ha letto il libro?
I primi giorni di carcere non sono stati soltanto pesanti, ma pesantissimi e spaventosi. Tutto è asfissiante, le pareti, il soffitto, l'odore, anche il televisore è insopportabile, sempre acceso con il volume alto. Il carcere è solo dolore, una forma di vuoto privo di spazio e di tempo. L'esperienza del carcere è stata orrenda e la forza di volontà per scrivere il libro che ne racconta la sofferenza, mi è servita per denunciare le condizioni di arretratezza del nostro paese e per rimarcare la necessità di una svolta nella legislazione sulla cannabis. Io, come moltissimi altri, siamo dalla parte giusta, dobbiamo batterci per la sua legalità e per l'uso consapevole della cannabis. Cosa che ormai avviene in molti paesi del mondo. Questo è anche il modo per tagliare l'erba sotto ai piedi della criminalità e lasciare in pace la nostra erba e chi la coltiva. Chi incappa in questa spiacevole situazione (e sono tanti: più del 35% della popolazione carceraria ha reati legati alle sostanze stupefacenti ed un'alta percentuale per la canapa) deve affrontare carcere, costi umani, psicologici ed economici altissimi.
SSIT: Come si potrebbe invertire, culturalmente, questo approccio tanto nefasto per la cannabis e per i suoi consumatori? Propongo di lanciare un appello per la costituzione in ogni città di associazioni di "elogio alla cannabis" per aiutare le persone che la usano per ragioni terapeutiche, ma anche per aiutare chi la coltiva con lo scambio di esperienze agronomiche e tecnologiche. Diventa però necessaria anche l'adesione di medici e legali. I medici per aiutare efficacemente i malati che non riescono a trovare il farmaco nelle farmacie ed i legali per essere presenti in tutte le fasi delle indagini, sequestro e per difendere adeguatamente le persone che si trovano ad affrontare il calvario del carcere.
SSIT: Nel libro spieghi che coltivavi cannabis per interesse botanico. Cosa è emerso dalle ricerche interrotte il giorno dell'arresto? Il mio obiettivo era quello di raccogliere informazioni botaniche, capire i tempi migliori per la raccolta e studiare le migliori tecniche di essiccazione. In particolare l'aspetto principale, è quello di riuscire ad avere un prodotto finale senza utilizzare sostanze chimiche. Nel mio caso ho provato ad usare le micorrize, non soltanto a livello di funghi ma anche di diversi gruppi batterici, per esempio il Trichoderma, il Bacillus Subtilis, alcuni gruppi di Pseudomonas ed anche qualche lievito. Questa miscela di micro-organismi che si moltiplicano nel terreno fa si che la pianta cresca con velocità, con radici più ampie e profonde, abbia difese proprie per cui di fronte all'attacco di muffe, ma anche del bruco, sviluppi una resistenza maggiore. Il mio lavoro era quello di capire sistematicamente come si comportassero le piante con diverse miscele di prodotti. SSIT: Quanto è durata la tua ricerca? Almeno due anni, ma per essere sicuri dei miei risultati me ne sarebbero serviti altrettanti.
SSIT: Come sei arrivato al mix di batteri che usavi come trattamento? Facendo delle ricerche per il mio lavoro nel settore viticolo e la base era un prodotto che si trova sul mercato per cereali e per le viti: il micosat. Questo prodotto contiene funghi simbionti, funghi saprofiti e batteri della rizosfera come quelli sopra menzionati. Grazie a questi micro organismi le piante riescono a ricevere quello che da sole non riuscirebbero ad ottenere e viceversa, in questa forma di simbiosi, questi micro organismi si cibano degli zuccheri prodotti dalle piante. Procedere in questa direzione significa garantire al consumatore, senza bisogno di prodotti chimici, un prodotto finale più sicuro per il consumo umano. Le piante trattate in questa maniera, infatti, sviluppano una presenza molto meno importante di micotossine, le sostanze prodotte dalla peronospera e dall'oidio che sono nocive per chi poi si nutre di queste piante.
SSIT: In che direzione ti piacerebbe poter sviluppare ulteriormente la tua ricerca? Bisognerebbe fare una selezione fra le famiglie dei micro organismi per utilizzare quelli più specifici per la canapa in grado di dare alla pianta la sua massima espressione. Questo però implica la possibilità di fare ricerca alla luce del sole e senza doversi nascondere. Al momento tornerò a ricercare focalizzandomi, ovviamente nella legalità, e quindi sulla cannabis light e cioè su piante a basso tenore di THC. Quello che mi piacerebbe fare sarebbe poter coinvolgere gli istituti universitari e le scuole di agraria presenti sul territorio. Il problema è che quando cominci a parlare di canapa le istituzioni diventano più timorose.
SSIT: Dal punto di vista dell'essiccatura hai scoperto qualcosa di interessante da condividere? In letteratura e quando parli con i coltivatori, alcuni consigliano un ambiente ventilato e altri no, alcuni consigliano di essiccare con le foglie ed altri senza. In base alla mia esperienza, nel nord Italia, si può sviluppare molta umidità e quindi sono convinto che per asciugare meglio le piante le foglie debbano essere rimosse. L'ambiente non deve essere necessariamente ventilato ma deve essere certamente al buio.
SSIT: Una frase del libro mi ha colpito è cioè quando affermi che: «La pianta di canapa è un invito alla resistenza». Cosa volevi dire? Basta pensare a quante volte questa pianta è stata svilita, messa fuori legge e bistrattata come non è mai successo a nessun altro vegetale nella storia dell'umanità. Eppure, nonostante tutto, continua a crescere, svilupparsi, essere raccolta e utilizzata sfidando paura e stupidità di tanti uomini di potere. Nonostante il lavaggio del cervello che i politici benpensanti hanno cercato di fare alla società, perché questa pianta mette in discussione lo strapotere dell'industria della plastica sintetica, della nicotina e del farmaco, ogni primavera, e non solo, c'è chi pone il suo semino nella terra affinché la nostra pianta possa rinnovarsi continuamente e poi dalle nostre parti si semina il 25 aprile.
SSIT: Grazie Marcello, ultima domanda, dove è possibile acquistare il tuo libro? Il libro può essere ricercato in due maniere o presso le librerie del Libraccio di tutta Italia facendo riferimento a quella di Alessandria, oppure tramite una casa editrice romana, Fefé editore, con il titolo: «Elogio della cannabis» a questo link https://www.fefeeditore.com/eventi/calendario/256-elogio-della-cannabis