Semi online: no istigazione, no reato
Poco più di un anno fa sulle pagine di questo giornale celebravamo la vittoria in aula giudiziaria dei titolari di Semitalia.it, il portale web per la vendita di semi di marijuana, assolti dal reato d'istigazione all'uso di sostanze stupefacenti imputato loro sulla base dell'azienda di cui erano proprietari.
Poco più di un anno fa sulle pagine di questo giornale celebravamo la vittoria in aula giudiziaria dei titolari di Semitalia.it, il portale web per la vendita di semi di marijuana, assolti dal reato d'istigazione all'uso di sostanze stupefacenti imputato loro sulla base dell'azienda di cui erano proprietari.
Poco più di un anno fa sulle pagine di questo giornale celebravamo la vittoria in aula giudiziaria dei titolari di Semitalia.it, il portale web per la vendita di semi di marijuana, assolti dal reato d’istigazione all’uso di sostanze stupefacenti imputato loro sulla base dell’azienda di cui erano proprietari. Un processo che potremmo definire “storico” e che ha ribaltato la tendenza della magistratura ad accusare dei semplicissimi imprenditori d’istigazione a delinquere, solo ed esclusivamente perché vendono in potenza quella che per la legge italiana è in atto una pianta illegale. A distanza di 13 mesi, dal mondo della Giustizia, arrivano però altre nuove buone notizie che, nella formulazione che vi proponiamo di seguito, vanno anche oltre quanto raggiunto con la sentenza a favore di Semitalia.it.
Lo scorso 22 maggio il giudice Monocratico del Tribunale di Rovereto, in provincia di Trento, ha assolto un webmaster di e-commerce che gestiva più siti, indipendenti tra loro, attraverso i quali era possibile procurarsi tutto il necessario per la coltivazione outdoor e indoor della cannabis: dai semi agli irrigatori, dalle lampade ai fertilizzanti. L’accusa puntava proprio sulla vendita di prodotti funzionali alla coltivazione di sostanze stupefacenti, come violazione della normativa in materia di stupefacenti (art. 82 dpr 309/90) ma, in barba alla richiesta di un anno e quattro mesi di reclusione e di una multa di 2000 euro, così come chiesto dal pubblico ministero, il Tribunale di Rovereto ha ritenuto di potere assolvere l’imputato da ogni accusa.
Muovendo infatti dalla sentenza numero 63/2012 del 17 Gennaio 2012, pronunciata dalla IV Sezione della Corte di Cassazione, il giudice Corrado Pascucci ha classificato le informazioni contenute nel blog e nei siti come neutre, ovvero prive di quel carattere di esaltazione delle qualità stupefacenti dei prodotti ricavabili dalla coltivazione dei semi di cannabis. Così facendo il giudice monocratico di Rovereto ha esplicitamente affermato che l’imputato sui suoi siti (seeds24.com; mariuanait.com; capri-shop.com; caprishop.it e marijuana.pl) pur vendendo sementi e attrezzature atte alla coltivazione di piante di cannabis, e pur dando consigli sulla fase vegetativa e di raccolto, non si è macchiato di reato di istigazione al consumo di stupefacenti in quanto ha volontariamente omesso di descrivere gli effetti, per così dire “dopanti”, della sostanza incriminata. Stando a quanto recita la sentenza, infatti, sulle pagine del webmaster “non c’è la propalazione o l’esaltazione, neppure subliminale, della droga ricavabile dalla coltivazione dei semi oppure l’esaltazione delle sue qualità al fine di indurne all’uso il destinatario del messaggio”.
Anche l’avvocato Carlo Alberto Zaina, legale dell’imputato e consulente legale dell’associazione ADUC sottolinea come l’orientamento giurisprudenziale, sia in sede di merito che di legittimità e salvo qualche rarissima voce contraria, abbia ormai sancito che la vendita online di semi di cannabis, anche se abbinati ad altri beni, prodotti o informazioni che possano approfondire tematiche di coltivazione, non costituiscono manifestazione di induzione od istigazione all’uso di sostanze stupefacenti.
Un passo avanti dunque verso la tolleranza di condotte legate alla cannabis che, pur non legittimando la coltivazione, indica perlomeno la volontà di lasciare in pace (giudizialmente parlando) coloro i quali hanno fatto legalmente della marijuana il loro esercizio commerciale. Solo qualche anno fa, infatti, davamo conto delle mega retate contro gli smart-shop che l’allora sottosegretario Giovanardi aveva benedetto in nome del rispetto della legge sua omonima, mentre oggi – ad essere ottimisti – si potrebbe anche affermare che dal rigore iniziale, la magistratura è passata ad una nuova interpretazione che tende a non punire la vendita di semi e prodotti per la coltivazione a patto che i venditori appongano i doverosi disclaimer e si astengano dal commentare le qualità della loro merce
Ora, c'è da dire che in Italia la tendenza della legge in merito alle droghe è assolutamente arbitraria: le sentenze formulate negli ultimi 20 anni confermano che la gravità del reato non è valutata in base a criteri standard, ma in realtà è quasi sempre filtrata dalla percezione personale del problema che il singolo giudice ha. Molto spesso la stessa Cassazione si è contraddetta emanando, anche nel giro di pochi mesi, sentenze discordanti sull’uso personale e la coltivazione di hashish o marijuana. Un esempio lampante: nel 2007 la Corte di Cassazione (Sezione VI Penale) il18 gennaio 2007, sancisce che non è reato penale coltivare nel giardino di casa qualche piantina di marijuana perché ciò equivale alla detenzione per uso personale, il 10 gennaio 2008 la stessa sezione della Corte di Cassazione sentenzia invece che la coltivazione, sul balcone di casa, anche di una sola piantina di marijuana, indipendentemente dalle sue caratteristiche psicoattive è penalmente perseguibile. Che la legislazione sia da tempo votata al proibizionismo totale lo sapevamo, ma è inutile negare che determinate sentenze vanno tutt’ora a coprire un vuoto normativo importante in materia di vendita, detenzione e consumo di sostanze stupefacenti. Quella di Rovereto è una di queste e non possiamo che rallegrarcene.
Ma c’è sempre un “ma” e in questo caso riguarda gli acquirenti di questi siti o esercizi. Per quanto riguarda la coltivazione domestica la legge è purtroppo chiarissima e, tranne alcuni pronunciamenti della Cassazione – che, ricordiamolo, fanno sì giurisprudenza ma non possono modificare la legge, né produrre indirizzi interpretativi vincolanti per giudici terzi – non viene ammessa come condotta lecita né tollerata. Per questo, come annunciato nella nostra copertina, i Radicali e in particolare Rita Bernardini, stanno portando avanti un disegno di legge che autorizzi, almeno per le applicazioni terapeutiche, la coltivazione privata di piante di marijuana. Fino a che non si avrà una decisa sterzata in ambito legislativo dunque, i rischi rimarranno a carico di chi i semi li coltiva e li porta a maturazione.