Referendum Cannabis Legale: richiesto incontro con vertici Rai

Maria Novella De Luca
09 Feb 2022

Lo sforzo dei promotori per il referendum cannabis legale non si ferma, e in attesa che la Corte Costituzionale si esprima sul quesito referendario il 15 febbraio, si continua a chiedere al servizio di informazione pubblico di fare la sua parte per un dibattito serio e senza censure.


Il tema della legalizzazione non riguarda solo chi consuma ma riguarda tutti gli italiani per questo è importante e indispensabile aprire un dibattito pubblico il più ampio possibile. Dopo aver scritto nei giorni scorsi alla presidente Marinella Soldi, all’amministratore delegato Carlo Fuertes e Alberto Barrachini senatore che presiede la Commissione di vigilanza Rai per chiedere un incontro senza ricevere riscontro, questa mattina sono andati direttamente a Viale Mazzini per provare ad incontrare la presidente.

Quello che si continua a chiedere è una corretta e completa informazione su una proposta referendaria firmata da circa 600.000 persone.

“Si andrà al voto in primavera, fatto salvo il passaggio in Corte Costituzionale, e i milioni di italiani che saranno chiamati ad esprimersi devono essere informati. L’informazione fa bene a tutti, fa bene ai promotori e fa bene anche a chi è contrario, per chiarire dubbi e migliorare la proposta. Ma fino a questo momento non ci è sembrato di aver ricevuto degli approfondimenti adeguati. Per questo abbiamo chiesto questo incontro” ha spiegato Antonella Soldo di Meglio Legale nella diretta facebook da Viale Mazzini,

Insieme alla Soldo erano presenti anche Marco Perduca, presidente del comitato promotore e firmatario della lettera, Massimiliano Iervolino segretario dei Radicali Italiani, Franco Corleone già parlamentare e sottosegretario alla giustizia e tanti altri attivisti delle Sardine, associazioni e partiti politici.

“Mancano pochi giorni a una decisione molto importante relativa a otto quesiti referendari che dovrà essere presa dalla corte costituzionale. Fino a quel giorno c’è ancora modo, da parte del servizio pubblico radio televisivo, di preparare delle schede che affrontino nel dettaglio quello che viene richiesto” ha spiegato Marco Perduca sottolineato che “esiste il diritto ad essere informati debitamente, non rispettarlo è una violazione di un diritto umano sancito da una recente decisione della corte di Strasburgo” .

Ricordiamo che un lungo lavoro è stato fatto, fino ad ora, grazie a una rete di oltre 60 organizzazioni e partiti che hanno reso possibile la realizzazione di una campagna straordinaria che in pochi giorni ha raccolto circa 600 mila firme necessarie per convocare un referendum. Ora si è vicini a quello che sarà il momento più delicato di questa fase, quello del giudizio di costituzionalità previsto per il prossimo 15 febbraio alle ore 9.30.

“Trovarci davanti alla Rai per chiedere che l’informazione sia data, seppur in ritardo, è doveroso. C’è una distrazione di massa, il servizio pubblico non si concentra su una questione fondamentale: la democrazia. È importante che il servizio pubblico parli di questo referendum perché i 15 giudici della corte costituzionale sappiano che nelle loro mani c’è la sorte di un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni” ha spiegato Franco Corleone.

La Corte Costituzionale lo scorso 12 Gennaio, insieme alla convocazione della Camera di Consiglio ha notificato anche il titolo e il testo:

“Abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope”. La Corte Costituzionale dovrà giudicare l’ammissibilità del referendum secondo quanto indicato dall’art. 75 della Costituzione e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352 che regola le procedure dell’istituto referendario.

Un momento delicatissimo, quindi, che ha chiamato gli organizzatori a fare il punto della situazione nel seminario giuridico “Referendum cannabis: le buone ragioni del diritto”, tenutosi il 4 Febbraio al Centro Congressi Cavour di Roma in cui si è cercato di spiegare perché il quesito è giusto, valido e necessario dal punto di vista sia costituzionale che penale. Si è giunti a un punto di non ritorno, perché di fronte a proposte di iniziativa popolare e a proposte legislative presentate alla Camera e al Senato, non solo in questa legislatura, ma già da quattro legislature fa, la risposta fino ad ora è stata nulla. In questo silenzio della politica la macchina della repressione è andata avanti, l’unico momento in cui si è cambiata la legge è stato nel 1993 grazie al referendum che ha eliminato le norme più punitive ma ha lasciato l’impianto proibizionista.

Dal 1990 ad oggi però fortunatamente non si è stati in silenzio, si è riusciti a produrre libri bianchi, dossier, si è riusciti nel grande risultato di far giudicare incostituzionale la legge Fini Giovanardi, fino ad arrivare ad oggi, a un punto decisivo che prende coscienza che è intollerabile che nel mondo tutto si muova e in Italia si resti fermi. I motivi della richiesta di questo referendum, quindi, vengono da molto lontano e da una serie di condizioni collettive che hanno trovato finalmente un metodo per arrivare, a norma di costituzione, sul tavolo di chi può stabilire se queste questioni possono passare il vaglio del popolo sovrano come ha spiegato Marco Perduca durante il seminario.

Sicuramente la raccolta firme non è stato lavoro facile, è stato costoso e impegnativo, molto impegnativa soprattutto la raccolta di documentazione della certificazione elettorale ma ci si è riusciti e come sottolinea Corleone “questa va esaltata come una prova di democrazia in un momento di crisi assoluta dei partiti e del parlamento”.

Questo è un referendum secco, semplice, chiaro, comprensibile che affronta i nodi di tre problemi: quello della coltivazione, che la giurisprudenza e la Cassazione ha stabilito che non può essere punita perché destinata al consumo personale; quello della pena carceraria, da eliminare, per i fatti riguardanti la tabella 24, e quello delle sanzioni amministrative da eliminare, tra cui la più inammissibile, quella del ritiro della patente che ha costruito un business ignobile. Una forma mercantile che punisce con il ritiro della patente chi viene fermato con uno spinello, anche se non sta guidando e che, per riaverla, dovrà sottoporsi mensilmente a degli esami, pagando ogni volta centinaia di euro.

La corte costituzionale, ora, ha di fronte una scelta storica, quella di consentire ai cittadini di questo paese di decidere come nel ‘93.

“Noi siamo convinti che il presidente Mattarella e il presidente Amato hanno un profondo rispetto della Costituzione. Abbiamo fiducia in loro ma abbiamo ancora più fiducia nella lettera e nello spirito della Costituzione. Non può essere tradita. La responsabilità è tutta dei giudici della Corte Costituzionale che devono rispettare l’articolo 75 della Costituzione, perché per la prima volta il Governo non si è costituito e forse non si costituirà davanti alla Corte per sostenere la Legge che noi vogliamo cambiare” così ha concluso il suo discorso Corleone.

In attesa della decisone della Corte Costituzionale e fiduciosi che la sentenza sarà basata sul diritto e non sull’ideologia, speriamo che il servizio di informazione pubblica inizi a fare informazione sull’argomento.

 

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Maria Novella De Luca