Orto urbano
Impatto zero e coltivazioni anti-proibizioniste. Una testimonianza.
Impatto zero e coltivazioni anti-proibizioniste. Una testimonianza.
Dai pomodorini alla marijuana, ma rigorosamente bio. Luca ha 35 anni e ci accoglie nel suo appartamento in provincia di Milano per parlare di un hobby molto particolare. "Lavoro nel settore della finanza e nel tempo libero mi dedico al giardinaggio: pomodorini, cavoli, aromi, qualche pianta da frutto e tre piantine di maria". La marijuana troneggia in un angolo dell'ampio terrazzo, esposto a sud, parzialmente camuffata da altre, rigogliosissime, piante. "L'autunno è stato finora piuttosto mite e nei giorni di sole le lascio all'aria aperta. È un bell'impegno, sono orgoglioso del mio 'orto cittadino' anche se richiede un sacco di tempo". Per l'inverno è già pronta la stanza dedicata alle ‘reginette', uno sgabuzzino con lampade e gel mangia-odori - con buona pace dei vicini di casa - pieno anche di fertilizzanti e soluzioni anti-parassitarie, anche questi rigorosamente naturali.
Ma perché darsi tanto da fare, correndo anche un rischio non indifferente? E Luca non è certo solo, in quest'avventura piuttosto rischiosa. Stando ai dati Oedt, la quota di mercato di marijuana è in costante aumento in Europa, che non è solo un grande consumatore di erba (con gli italiani in testa), ma ormai è anche un importante produttore di questa sostanza illegale: 29 Paesi su 30 hanno coltivazioni sul proprio territorio, comprese le coltivazioni domestiche.
E anche in quest'ultimo genere di coltivazione, l'Italia è in testa, come riporta un'inchiesta della Cnn. "L'economia italiana si comprime - spiegano -, ma un settore cresce rigoglioso: la coltivazione di marijuana, anche domestica. Una vera e propria industria che solo in Italia fa investimenti da 1 milione di dollari". Quanto frutta? 20 volte l'investimento iniziale. "Io compro semi di piante nane auto-fiorenti- spiega Luca -e con un investimento di circa 40 euro ho 5 semi che, salvo complicazioni, diventeranno 5 piante belle rigogliose e piene di cime. Ma non solo: a volte ho piantato i semi delle mie precedenti piante, con risultati comunque buoni, e azzerando i costi. Se dovessi comprarla? Più di 10 euro al grammo, per una spesa che per il mio consumo personale si aggirerebbe su quasi mille euro l'anno. E poi così so cosa fumo".
È illegale fumare, certo, ma stranamente la vendita di semi non lo è. "In Italia è legale vendere semi a fini di collezionismo", ci dice il titolare di un negozio specializzato, uno dei 130 sparsi nel Paese, che chiede di rimanere anonimo. Parliamo per metafore, ma il senso è ovvio. "Posso dirti che sì, c'è un boom di vendite ed è possibile che sia legato anche a una maggiore voglia di bio: i miei clienti difficilmente acquistano prodotti come fertilizzanti o pesticidi chimici, e sanno bene che quel che si vende in giro è pieno di schifezze usate anche per potenziare l'effetto della droga, per aumentare la resa o evitare parassiti.
I pesticidi abbiamo proprio rinunciato a venderli, abbiamo solo sostanze di origine naturale. Per i fertilizzanti vendiamo qualcosa in più, ma in genere un naturalissimo sangue di bue. Qualcuno ci chiede ancora il sintetico, perché, ad esempio, un rinforzante specifico per radici dà un aumento della resa fino a 10 volte, e non impatta poi molto sulla 'naturalezza' del risultato ". Il suo negozio è un fiorire di gadget di ogni tipo per il coltivatore cittadino, dalla terra ideale per queste piante, ai tappetini riscaldanti, i microscopi per stabilire la maturazione della pianta e il momento del raccolto, le pipette o le forbici speciali per raccogliere i "fiori".
Eppure la Guardia di Finanza usa tecnologie sofisticate per scoprire le colture illegali, anche piccolissime: una sola pianta può teoricamente essere individuata dai controlli aerei. Ne vale la pena?
"Decisamente ne vale la pena, ne va della mia salute", risponde Luca, e gli scappa un sorriso. "Vedi, io fumerei comunque, e anche comprare o consumare è illegale, quindi potrebbero farmi controlli mentre torno a casa con il 'malloppo', o - non è il mio caso - mentre si fuma, che ne so, al parco o la sera fuori da un locale. Mi rendo conto che probabilmente si tratta di sostanze nocive di per sé, ma esattamente come i superalcolici e le sigarette. In questo modo il valore aggiunto è che so esattamente cosa fumo. Ti pare poco? All'inizio avevo più paura, e i semi li compravo online, dove trovavo anche tutto quel che mi serviva in fatto di informazioni per la coltivazione e la raccolta, e poi le dritte degli esperti. Oggi quasi non ci penso più e vado nel negozio di semi sotto l'ufficio". È della stessa idea - come noto -Rita Bernardini dei Radicali, che coltiva marijuana sul suo balcone romano e da anni lotta in Parlamento perché l'Italia diventi un Paese antiproibizionista. "Non c'è controllo- dice -e in larga parte quel che offre il mercato italiano arriva da Paesi dell'Est pieno di sostanze chimiche".
Luca è un appassionato sostenitore del km zero e della produzione bio, e il suo terrazzo risplende, tra insalatine e cachi. "Sono molto orgoglioso dei prodotti che riesco a farmi da solo, mi dà un senso di indipendenza dal supermercato e insomma dalla grande distribuzione. Mi dà la certezza che quel che mangio non è contaminato. Inoltre ce l'ho a pochi passi dalla mia cucina, che è anche una grande comodità, e - nel mio piccolo - penso di contribuire ad abbattere le emissioni inquinanti legate ai trasporti. E' più di una moda, è una presa di coscienza che sta dilagando in tutte le grandi città del mondo: coltivare sul balcone è cool perché è responsabile".
Certo, non si arriva all'autosufficienza, soprattutto in inverno, ma al momento la produzione di Luca si assesta su una buona varietà di prodotti: insalata, cachi, piccoli kiwi, cavoli e cavoletti di Bruxelles, carote della varietà trottola, con radici che si sviluppano poco in profondità e più in larghezza, perfetta per la coltivazione in vaso.
Ha una minuscola serra con ancora qualche pomodoro ciliegio e un bidone dove produce compost - fertilizzante naturale - dagli scarti della cucina. Oltre naturalmente alle ‘tre marie', pronte ad ‘emigrare' nel loro spazio indoor per l'inverno.
Un altro motivo per improvvisarsi coltivatori di droghe leggere è la consapevolezza che il mercato è illegale e gestito dalla criminalità organizzata. "Certo che ci penso- risponde Luca -. Non voglio che i miei soldi alimentino un mercato sporco, ma soprattutto non voglio fumare marijuana che non ha avuto alcun controllo di sicurezza, proprio perché gestita dalla criminalità".
Fonte: www.wired.it