Marijuana VS Emicrania
L'emicrania è costituita da mal di testa ripetitivi e pulsanti, presenta anche sintomi di nausea, vomito, sensibilità alla luce e può essere debilitante per 3-4 giorni.
L'emicrania è costituita da mal di testa ripetitivi e pulsanti, presenta anche sintomi di nausea, vomito, sensibilità alla luce e può essere debilitante per 3-4 giorni.
L’emicrania è costituita da mal di testa ripetitivi e pulsanti, presenta anche sintomi di nausea, vomito, sensibilità alla luce e può essere debilitante per 3-4 giorni. Alcune persone possono percepire l’aurea prima dell’inizio del mal di testa, caratterizzata da un insieme di disturbi alla vista, al linguaggio e dalla perdita di forze.
Potrebbe essere determinata da fattori genetici, ma anche ambientali. La causa certa è sconosciuta alla medicina ufficiale, ma si ipotizza che abbia a che vedere con una dilatazione/costrizione, a livello di cervello, dei vasi sanguigni.
Ne soffre il 10% della popolazione (circa 6,5 milioni di persone in Italia), una grande fetta di potenziali acquirenti decisamente appetibile per le grandi case farmaceutiche.
Generalmente i primi sintomi iniziano con la pubertà, colpisce persone sotto i 50 anni, 3-4 volte più le donne degli uomini. In molte donne scaturisce dalla variazione degli ormoni femminili durante il ciclo mestruale, la gravidanza, la menopausa o assumendo contraccettivi orali.
L’emicrania può presentarsi anche per l’aver saltato i pasti o l’aver mangiato velocemente. Restando in tema culinario, tra i cibi, sono particolarmente nocive le bevande alcoliche, birra, vino, caffeina, cioccolato, gli alimenti salati e soprattutto quelli troppo elaborati industrialmente. Può sorgere per stress, ma anche per stimoli sensoriali, come il riverbero del sole, le luci intense, i rumori forti o gli odori sgradevoli, come quelli di vernici o solventi.
Il jet lag, un sonno insufficiente o eccessivo, piuttosto che un’attività fisica troppo intensa, incluso il sesso, sono altri fattori scatenanti. Non ultimo, l’emicrania può scaturire da cambiamenti di tempo o della pressione atmosferica, piuttosto che per l’assunzione di alcuni farmaci o dall’inalazione di tabacco.
Come risulta dalla relazione di consulenza tecnica al caso di Davide Corda (che vedremo in seguito) eseguita da Gian Luigi Gessa, professore emerito e neuropsicofarmacologo all’Università degli studi di Cagliari, uno dei massimi esperti di cannabis (hashish, marijuana, THC) in Italia, i primi farmaci prescritti dal medico quando sente parlare di mal di testa sono: Aulin, Brexin, Orudis e Aspirina. Questi farmaci possono essere sufficienti a placare un mal di testa, ma in molti pazienti non riescono nel loro intento, tanto meno con l’emicrania.
Quando i farmaci appena nominati non funzionano, generalmente i medici passano alla prescrizione di farmaci più potenti, come Amotrex e Maxalt, da assumere al bisogno. Non prevengono la crisi, ma ne attenuano il dolore e sono efficaci solo nel 30% dei casi, mentre il 60% riscontra effetti collaterali. Se il paziente ha una cattiva risposta anche a questi farmaci, passa a una terapia di profilassi, con il Fluxarten, per esempio, volta a prevenire gli episodi cefalalgici. In caso d’ulteriore risposta negativa alla cura tocca alla somministrazione di antidepressivi come il Cipralex, iniziando con l’assunzione per un paio di mesi, con tutte le conseguenze collaterali del caso.
Tutto ciò, a danno dell’ignaro paziente, convinto di essere in buone mani, quando invece potrebbe essere prescritta, come farmaco di prima linea, la miracolosa marijuana.
Occasionalmente, infatti, ai pazienti capita di provare la cannabis, anche semplicemente inalandola come fumo, e di sperimentare una riduzione del dolore e un sonno rigenerante e confortevole. Alcuni di questi pazienti, anche a causa della leggera dipendenza procurata dalla cannabis, a volte incappano in consumo regolare, sperimentando così una diminuzione della frequenza delle crisi emicraniche. Oltre a ridurre le crisi, un consumo regolare di cannabis, ovviamente soggettivo, è in grado di ridurre anche la sintomatologia neurovegetativa che accompagna l’emicrania: nausea, vomito, perdita dell’appetito, disturbi digestivi, lacrimazione e palpitazione, per esempio.
Anche con la cannabis, ad ogni modo, qualcuno, soprattuto chi alle prime armi, prova degli effetti collaterali severi, per quanto naturali: episodi psicotici (in chi sono già latenti), ansia, panico, deficit delle funzioni cognitive e psicomotorie.
Con l’utilizzo coscienzioso di questa singola medicina olistica molti pigliano, comunque, due piccioni con una fava: diminuiscono i dolori in caso di cefalea e si riduce la frequenza d’attacchi emicranici.
D’altra parte, fino a prima della proibizione, la cannabis era il farmaco d’elezione per l’emicrania. Sebbene, come per ogni farmaco vegetale, non esistano studi che ne certificano l’efficacia, questo rimedio è stato utilizzato per millenni contro l’emicrania. Testato da milioni di nostri antenati, è quindi un farmaco sicurissimo.
La cannabis fu levata dalle sostanze prescrivibili della farmacopea degli Stati Uniti e dell’Europa nel 1941, in seguito alla sua resa illegale nel 1937, e il Journal of American Medical Association sostenne, un anno dopo, che la marijuana fosse più efficace dell’ergotina, il farmaco classico utilizzato per la cefalea.
Nell'800, una delle indicazioni principali per la quale veniva prescritta la cannabis era proprio il mal di testa, così come oggi in California e Germania. Non a caso, William Osler (1949-1919), il medico canadese definito il padre della medicina moderna, sosteneva circa l’emicrania: “La cannabis indica è probabilmente il rimedio che da maggiori soddisfazioni”.
A quei tempi la cannabis era prescritta accompagnata dall’assoluto riposo, così come oggi, naturalmente, fanno anche molti soggetti emicranici che, dopo averla assunta, si mettono a letto, al buio, aspettando passino i dolori.
Il motivo per cui la cannabis funziona è molto semplice, ma conosciuto solo in qualche università. Come accennato negli scorsi articoli, nel 1992 è stato scoperto che il corpo umano produce marijuana endogena (cannabinoidi prodotti internamente dal corpo, chiamati Anandamide, beatitudine in sanscrito) per i suoi recettori (denominati CB), molti dei quali presenti nel cervello oltre, che nel resto del corpo. Nel cervello, i recettori dei cannabinoidi sono localizzati nelle aree dedicate alla nocicezione, il processo sensoriale che rileva e convoglia i segnali del dolore. In particolare i recettori sono nella zona grigia pariacqueduttale, ritenuta responsabile dell’insorgenza della crisi emicranica.
Ebbene, Ethan Russo, dell’Università di Washington, probabilmente la maggiore autorità al mondo su questo argomento, in una sua ricerca pubblicata su Neuroendocrinoly Letters, sostiene come l’emicrania, la fibromialgia, la sindrome dell’intestino irritabile e altre condizioni resistenti al trattamento farmacologico allopatico, sono determinate da una carenza clinica di endocannabinoidi (CECD, Clinical endocannabinoid deficiency) nel corpo. In pratica, ai recettori del cervello non arrivano gli endocannabinoidi anandamide e ciò provoca il mal di testa.
Per un esempio pratico, vediamo ora, in seguito a un’intervista, il caso di Davide Corda, instancabile webmaster dell’Ascia (Associazione Sensibilizzazione Canapa Autoprodotta in Italia), sui siti internet antiproibizionisti www.legalizziamolacanapa.org e www.ascia-web.org.
Davide ha iniziato a soffrire di forti mal di testa all’età di sedici anni e sotto prescrizione medica ha assunto i vari farmaci sopracitati. Purtroppo, Davide è anche fabico, una malattia ereditaria che provoca la distruzione dei globuli rossi, e si scatena quando il soggetto mangia o inala i vapori di fave, piselli, altri vegetali o alcuni farmaci: antipiretici e analgesici, antimalarici, sulfamidici, salicilici e alcuni chemioterapici, per esempio. A causa del favismo, possono prescrivergli solo farmaci dall’effetto blando, perché quelli ad alta intensità gli provocano ulteriori problemi. Con il tempo, però, i farmaci perdono la loro efficacia e pertanto lasciano persistere i dolori. Davide ha continuato così fino al diploma, ma nel frattempo aumentava la frequenza delle crisi di dolore. Per questo motivo non fu in grado di prepararsi sufficientemente bene per gli esami e, nel 1989, fu bocciato alla maturità. Una volta ottenuto il diploma l’anno successivo, non s’iscrisse all’Università, convinto che il problema non gli avrebbe permesso di portare a termine gli studi.
Nel 1990, durante l’estate, andò a far visita a dei parenti in Svizzera, dove il consumo di cannabis è ben conosciuto, da molto tempo, e accettato dalla società civile. In terra elvetica conobbe un ragazzo, amico di suo cugino, con il suo stesso problema, che gli raccontò, appunto, di trovare beneficio e sollievo nell’utilizzo di marijuana. Davide però non prese la cosa molto seriamente, anche perché, a quell’epoca, aveva provato solo una volta uno spinello, a 17 anni, ad una festa di Capodanno, ma era pure stato male, avendo in precedenza bevuto dell’alcol. Durante la permanenza dai parenti, per oltre un mese, gli venne una prima crisi acuta di fortissimo mal di testa e assunse i classici medicinali che portava sempre con se, ovunque, esattamente come chi ha una malattia a vita. Al presentarsi del dolore, prese 2-3 capsule, ben oltre la posologia, per sentire un leggero effetto positivo sul dolore, che però rimaneva persistente. Proprio durante la crisi, si presentò l’amico del cugino, che lo invitò a fumare una canna. Dopo lo scetticismo iniziale, Davide decise che il dolore provato era troppo forte e, pronto a tutto purché passasse, decise di sperimentare quella che poi per lui divenne la cannabis terapia. Bastarono pochi istanti perché la canna facesse effetto e Davide iniziò ad avvertire una riduzione del dolore, più di quanto avessero fatto i farmaci in precedenza. Subito dopo sentì il bisogno di sdraiarsi al buio, in silenzio, e si addormentò con fin troppa facilità. Al risveglio, il dolore era molto sottile, quasi scomparso. Il nuovo-antico farmaco aveva fatto effetto. Nel periodo in Svizzera ebbe altre 3 crisi e ogni volta riprovò a fumare, con lo stesso risultato positivo. Oltre a placare il male alla testa, la cannabis diminuiva in modo notevole anche la nausea, il vomito e il dolore agli occhi che accompagnavano l’emicrania.
Una volta tornato in Italia, Davide iniziò ad informarsi sulla cannabis terapeutica, per scoprire una vasta documentazione in merito. Purtroppo, però, non esisteva la possibilità di curarsi legalmente, così decise di provare l’auto-medicazione, acquistando, a suo rischio, hashish e
marijuana nelle piazze del mercato delle droghe. Con il tempo e l’uso regolare della sostanza diminuì pure la frequenza della crisi, da circa un episodio a settimana, ad uno al mese. Grazie alla cannabis, quindi, il suo problema di salute si è notevolmente ridotto, un quarto del male rispetto a prima, e in caso di attacco d’emicrania sapeva pure di poter contare su un farmaco eccezionale come quello offerto dalla natura. Consumandola alla sera, prima di coricarsi, non avvertiva nemmeno gli effetti collaterali della cannabis ed aveva eliminato pure quelli derivati dall’assunzione di medicine: bruciori allo stomaco, all’intestino e diarrea, per esempio, che paradossalmente lo costringevano a prendere altri farmaci, per contrastare gli effetti collaterali degli antidolorifici.
Seppur illegalmente, quindi, Davide continua la sua cura preferita, ritrovando lentamente il senso della vita. L’auto-cura andava talmente bene che decise di non rivolgersi più ai medici. Sentiva d’aver trovato la sua medicina, con la quale poteva vivere bene. Decise quindi di riprendere gli studi e s’iscrisse all’Università, per poi conseguire, nel 1999, con successo, l’abilitazione all’Albo dei Consulenti del Lavoro. Entrato nel mondo del lavoro, iniziò come ragioniere, nello studio dove svolse il praticantato, per poi finire nell’azienda in cui lavora tuttora. Con qualche risparmio a disposizione, iniziò a fumare con ancor più regolarità al rientro dal lavoro, all’incirca un grammo e mezzo di sostanza grezza al giorno, notando un ulteriore diminuzione della frequenza dei mal di testa. Purtroppo, però, non è sempre facile trovare la cannabis, quindi, ogni tanto, sceglieva d’ acquistare una scorta di sicurezza per prevenire eventuali mancanze, spendere meno soldi e recarsi meno nei luoghi di spaccio. Sfortunatamente per lui, un giorno venne beccato dalle forze dell’ordine con la sua medicina e subì dei guai giudiziari. Fortunatamente, grazie anche alla relazione tecnica del professor Gessa, la sentenza ha visto Davide completamente assolto. Giustizia è quindi fatta, anche perché i poliziotti che avevano arrestato Corda, sono poi finiti dietro le sbarre per ricettazione di droga.
La cannabis, quindi, ha mostrato più efficenza di tutte le altre pastiglie, e questo è uno dei motivi per cui le case farmaceutiche, contro l’etica, non spingono per la sua legalizzazione.
Qual’è quindi il vero farmaco? Calcolando che qualche piantina può essere coltivata outdoor, con un investimento di 50 euro, quanti soldi potrebbero risparmiare i pazienti? In termini di prescrizione, essendo l’emicrania legata a una mancanza di endocannabinoidi nel corpo, un valido rimedio è costituito da una dieta a base di cibo biologico, con l’apporto di omega 3, presente nel pesce, ma abbondanti anche nel ricco olio di semi di canapa. Oltre agli omega 3, anche l’attività fisica, non troppo intensa, è un valido propulsore degli endocannabinoidi. Se ciò non bastasse … CANNABIS!
Per maggiori informazioni contattare l’Associazione Medical Cannabis (www.medicalcannabis.it).