L’Europa guarda alla Germania
Da che lo scorso dicembre la Germania ha legalizzato l’uso della cannabis ad uso terapeutico, in molti hanno volto lo sguardo a nord, nella speranza che – come spesso è successo – Berlino imponesse le sue linee guida anche al resto dei Paesi europei. A meno di un anno dalla svolta, andiamo a vedere come sta agendo la Repubblica Federale in materia di cannabis medica e se, anche in questo caso, i tedeschi si dimostrano avanti rispetto agli italiani.
Lo scorso luglio la Germania ha ospitato l’ultimo summit G20: ad Amburgo, per la prima volta, si è parlato anche di cannabis e soprattutto del suo utilizzo terapeutico. Il 20% dei Paesi presenti al summit ha infatti legalizzato l’uso della cannabis medica e tra gli entusiasti che vedono nella nostra amata pianta una valida soluzione per ridurre il debito nazionale, ci sono potenze del calibro di Canada, Australia, Messico e Germania stessa.
Sebbene le leggi relative alla sostanza e i relativi processi istituzionali siano unici e complicati nei loro modi in ciascun Paese, la diversità dei metodi e dei mercati riflette l'adattabilità dell'industria della cannabis e dei suoi attori. I numeri provenienti da oltre oceano stanno dimostrando che la cannabis paga se fatta fruttare e, soprattutto nell’ambito dell’applicazione terapeutica, quelle che prima erano solo curiosità si stanno trasformando in business plan da presentare sui tavoli dei ministri dell’economia. L’agenda del G20 lo ha dimostrato.
Avendo provveduto a legalizzare l’uso medico della cannabis solo lo scorso dicembre, la Repubblica Federale tedesca è una new entry in questo circolo ma grazie anche alla sua fortissima economia, è diventata immediatamente un obiettivo sensibile per gli investimenti delle aziende operanti nel cannabusiness. Tra queste spiccano Spektrum Cannabis, Maricann Group Inc., Bedrocan, Aurora Cannabis e ABcann: tutte big dell’industria che hanno già investito milioni di dollari in acquisizioni di imprese tedesche, ampliamento di strutture per la produzione e la ricerca e fondamentalmente nella creazione di posti di lavoro.
Aurora Cannabis ad esempio: una società canadese già quotata in borsa che a maggio ha acquisito la tedesca Pedanios gmbh, il più grande importatore, esportatore e distributore di cannabis medica in Germania e che serve più di 1.000 farmacie tedesche. Oppure Mariacann group Inc. che ha appena speso ben 42.5 milioni di dollari per espandere la sua sede operativa di Ebersbach, nel Baden-Württemberg, dove circa 40.000 metri quadri saranno adibiti alla coltivazione di piante con un alto contenuto di CBD.
Ma cosa rende la Germania così attrattiva agli occhi degli investitori? La Repubblica Federale è il paese più popoloso dell'Unione europea e rappresenta una grande opportunità per le aziende che si occupano di marijuana. Secondo le stime delle Nazioni Unite più recenti, la popolazione attuale della Germania è più di 80,6 milioni, pari a due volte la dimensione della California. Il fatto poi di aver passato la prima e finora unica legge che prevede di coprire il costo della cannabis medica, per qualsiasi applicazione terapeutica approvata da un medico, attraverso il suo sistema sanitario nazionale è un altro fattore chiave.
Certo quello tedesco non si può davvero chiamare “sistema sanitario nazionale”. Le Krankenkassen, ovvero gli organi preposti alla copertura sanitaria, non sono altro che compagnie assicurative con cui i cittadini sono obbligati ad aprire una polizza: se si lavora in modo dipendente la quota mensile viene pagata dal datore di lavoro, se si lavora in modo autonomo bisogna pagare da sé (non poco) e se non si è nella condizione di pagare ci pensa lo stato. Un sistema misto dunque, in cui le Krankenkassen si dividono tra “statali” e “private”, e in cui soprattutto c’è ampio spazio di margine per monetizzare sulla salute.
Come in altri luoghi, la legge che ha sdoganato la cannabis terapeutica in Germania si è evoluta lentamente. L’obiettivo ufficiale era quello di rendere la cannabis più accessibile ai pazienti che, come in Italia, dovevano passare attraverso una trafila di lungaggini burocratiche e costi esorbitanti, per ottener qualche grammo di infiorescenze dall’Olanda. Il processo per ottenere una prescrizione, così come quello per acquistare il prodotto in farmacia, era difficile. Per mantenere la continuità della terapia, i pazienti dovevano pagare di tasca propria fino a 1500 euro. La stragrande maggioranza della popolazione, circa il 90%, è assicurato presso una Krankenkasse pubblica e questo significa che per la maggior parte dei tedeschi la copertura mensile per i farmaci si aggira attorno ai 20 euro al mese: poco importa quali farmaci siano.
Nel momento in cui la legge è entrata in vigore a marzo di quest'anno, tuttavia, le cose sono diventate paradossalmente molto più difficili per i pazienti. La manciata di persone che avevano il diritto di coltivare qualche piantina a casa – diritto stabilito dai tribunali al culmine di processi intentati da singoli pazienti - si sono improvvisamente trovate nella condizione di non poterlo fare più: le legge impone di andare da un medico e poi da una farmacia. I pazienti senza il pollice verde, invce, hanno presto scoperto che le loro compagnie di assicurazione, tenute ora a pagare, stanno rifiutando di rimborsare le richieste. I medici che hanno prescritto la cannabis sono stati improvvisamente informati che sarebbero stati finanziariamente responsabili del costo per la copertura di ogni paziente per i prossimi due anni (circa 50.000 euro a paziente) ed ovviamente le prescrizioni sono crollate.
Per aggiungere un colpo finale ad una situazione già terribile, le farmacie tedesche che hanno reso disponibili le infiorescenze, hanno annunciato una tassa aggiuntiva sul prodotto. Si tratta di circa 8 euro extra per grammo che, aggiunto al prezzo imposto dalla farmacia, spinge il prezzo della cannabis a sfiorare i 20 euro al grammo. Il balzello è stato giustificato come una “tassa di preparazione” in quanto il fiore di cannabis è tecnicamente marcato come “droga non trasformata”. Ciò significa che le farmacie tedesche possono addebitare un extra per ”trasformare” il prodotto, poco importa che si tratti di ridurre in polvere qualche cima.
Mentre nessuno ha ancora messo in discussione lo status quo, questo black out burocratico rappresenta già un punto dolente non solo per i pazienti ma per tutto il settore industriale. Significa che un farmaco già costoso è diventato ancora più costoso. Significa anche che i regolamenti governativi non funzionano come previsto. O almeno non ancora. Per le grandi aziende canadesi e statunitensi che ora entrano sul mercato con investimenti multimilionari, la Germania sarà quindi un leader in perdita fino a quando il sistema non verrà riordinato.
L'effetto voluto dalla legge approvata a dicembre era duplice: in Germania bisognava legalizzare la cannabis in modo da soddisfare una crescente domanda pubblica e, dall’altro lato, limitare il l’autoproduzione. Quest’ultima, nonostante le leggi federali la criminalizzino, sta comunque prosperando: i tedeschi sono famosi per il loro pollice verde e la cannabis è una pianta decisamente gratificante da crescere.
L'alta affluenza alla Mary Jane Grow Expo a Berlino lo scorso giugno è solo un sintomo della larga accettazione sociale di cui la pianta gode nella Repubblica Federale: la BfArM - l'agenzia federale incaricata della regolamentazione degli stupefacenti e dei dispositivi medici - non può ignorarlo, né reprimerlo. Tuttavia l’autocoltivazione privata non ha i numeri per un mercato alternativo con alti volumi, ancor meno per fare seria concorrenza ai giganti che si sono insediati nel mercato dell’uso terapeutico.
Günter Weiglein è uno dei cinque pazienti che hanno chiesto ed ottenuto il diritto di coltivare a casa propria nel 2014. All'inizio di quest'anno gli è stato detto che doveva bloccare la propria coltivazione domestica per integrarsi nel sistema "mainstream" e sta ora reclamando il diritto di estendere questo diritto fino a che il governo non avrà risolto questo paradosso. Günter non è l'unico. Tanti altri come lui avevano finalmente ottenuto l'accordo dalla propria compagnia di assicurazioni per coprire il farmaco ma ora non riescono a trovare un medico disposto ad accettare il rischio finanziario di prescriverlo. E nel frattempo non hanno accesso al farmaco.
Alcuni pazienti si sono rivolti agli avvocati, quelli che non possono permetterselo sono ritornati di corsa tra le braccia del mercato nero, sempre disponibile a soddisfare la domanda. Lo sciopero della fame indetto all'inizio di questa estate da Franjo Grotenhermen, un medico antiproibizionista, non ha avuto finora un grande impatto sulla politica e il pessimismo comincia a serpeggiare. Soprattutto dato che il cambiamento promesso all'inizio di quest'anno si è trasformato in un interrogativo di lunga e incerta scadenza. Se questa già suona come una situazione insostenibile, lo è ancor di più in vista delle elezioni nazionali di questo mese: la prospettiva di altri quattro anni di Angela Merkel non è certo positiva per una rapida riforma della cannabis.
Detto questo, il governo tedesco è ora in una situazione interessante. La legge adesso parla chiaramente e dice che i pazienti tedeschi affetti da malattie croniche sono autorizzati a utilizzare la cannabis come un farmaco alternativo quando tutto il resto fallisce. Inoltre, il governo nazionale ha costretto l'industria assicurativa a coprirne le spese. Finora, ogni paziente che ha citato in giudizio la sua assicurazione per la copertura ha vinto. Ciò non ha tuttavia spinto le Krankenkassen, private o meno, a chiedere lumi al governo, né ha risolto il problema con i pochi medici che ancora prescrivono il farmaco.
Anche l’infallibile Germania si trova dunque in un’imbarazzante situazione di impasse di fronte alla cannabis terapeutica. Se da noi il problema è la poca produttività dei militari, oltralpe sono le assicurazioni a remare contro. In entrambi i casi, con la sua cautela bigotta e la volontaria decisione di lasciare zone grigie, la politica ha fallito.
di Giovanna Dark
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Soft Secrets