Le parole sono importanti

Exitable
29 Jan 2014

Lo scorso 10 ottobre la notizia che la coltivazione della cannabis fosse finalmente stata depenalizzata ha fatto il giro del web. Con il titolo "No galera per chi coltiva marijuana", l'ANSA, la principale agenzia stampa italiana ha innescato un flame facendo galvanizzare quanti, anche a seguito del fallimento dei referendum proposti dai Radicali, avevano disperato su una possibile apertura a livello istituzionale. Peccato che, nonostante il Natale si avvicini, di regali gli italiani ne ricevono ben pochi e così anche la notizia della depenalizzazione del growing si è rivelata una bufala. Vediamo nel dettaglio perché.


Lo scorso 10 ottobre la notizia che la coltivazione della cannabis fosse finalmente stata depenalizzata ha fatto il giro del web. Con il titolo "No galera per chi coltiva marijuana", l'ANSA, la principale agenzia stampa italiana ha innescato un flame facendo galvanizzare quanti, anche a seguito del fallimento dei referendum proposti dai Radicali, avevano disperato su una possibile apertura a livello istituzionale. Peccato che, nonostante il Natale si avvicini, di regali gli italiani ne ricevono ben pochi e così anche la notizia della depenalizzazione del growing si è rivelata una bufala. Vediamo nel dettaglio perché.

Lo scorso 10 ottobre la notizia che la coltivazione della cannabis fosse finalmente stata depenalizzata ha fatto il giro del web. Con il titolo “No galera per chi coltiva marijuana”, l'ANSA, la principale agenzia stampa italiana ha innescato un flame facendo galvanizzare quanti, anche a seguito del fallimento dei referendum proposti dai Radicali, avevano disperato su una possibile apertura a livello istituzionale. Peccato che, nonostante il Natale si avvicini, di regali gli italiani ne ricevono ben pochi e così anche la notizia della depenalizzazione del growing si è rivelata una bufala. Vediamo nel dettaglio perché.

Partiamo dall'inizio, dalla fonte che ha dato il via alla notizia. L'Agenzia Nazionale Stampa Associata, prima agenzia giornalistica del Paese, pubblica un lancio alquanto scarno, cinque righe in tutto, nel cui titolo si fa riferimento alla fine delle pene detentive per quanti coltivino marijuana. Il testo però non è così specifico e recita solamente: “La Commissione Giustizia del Senato ha depenalizzato il reato di chi viola le regole per la coltivazione della Cannabis. È stato approvato infatti un emendamento al provvedimento sulle pene non detentive a firma di Giuseppe Lumia che trasforma in illecito amministrativo la violazione delle prescrizioni per la coltivazione della marijuana”.

Nonostante la nebulosità del lancio ANSA, schiere di testate online – ci è cascato anche il puntualissimo e presentissimo tg di Enrico Mentana – hanno ripreso la notizia annunciando, tra toni più o meno trionfanti, che la legge Fini-Giovanardi era finalmente stata modificata e resa più permissiva nei confronti dei tantissimi coltivatori che preferiscono autoprodurre piuttosto che incrementare i guadagni delle mafie. Vuoi che ormai nelle redazioni il copia-incolla delle agenzie è diventata una pratica consolidata, vuoi che con l'informazione in presa diretta c'è poco tempo per il fact checking, la notizia alla fine è stata diffusa in modo errato ed incompleto. 

Quei riferimenti alle “prescrizioni alla coltivazione di marijuana” e alle “regole per la coltivazione della Cannabis” avrebbero dovuto far intuire che l’ANSA in questione non si si riferiva alla produzione di cannabis per usi ludici o altro. Ma per molti il titolo basta e avanza e molti altri hanno semplicemente ignorato il dettaglio, così la notizia che a coltivar piante di marijuana non si va più in galera si è diffusa in un lampo sui forum e sui social network.

C'è voluto l'occhio vigile di ASCIA e della comunità Overgrow per smontare la bufala che ormai aveva fatto il giro del web. In un comunicato ufficiale le due istituzioni dell'antiproibizionismo italiano hanno invitato l'ANSA a correggere e ad approfondire la notizia, in quanto quest'ultima veniva riportata in modo “equivoco ed estremamente ingannevole”. 

Se infatti si fosse letta bene la chiusura del lancio, in essa si specificava come il passaggio da reato a illecito amministrativo fosse riservato a quanti sono in possesso di “prescrizioni per la coltivazione di marijuana”, ovvero ai pochi cui finora lo Stato ha permesso di produrre canapa per usi agricoli, industriali, farmaceutici e alimentari. Una canapa a ridotto contenuto di principio attivo (la percentuale di THC è inferiore allo 0,2%) che ha poco a che vedere con la piantina sul balcone di casa o nella mini-serra costruita dentro l'armadio. In molti infatti hanno interpretato la notizia come una benedizione, una sorta di “andate e coltivate”, ma andando ad analizzare nel dettaglio il testo dell'emendamento si capisce come questa improvvisa apertura delle istituzioni nei confronti della pianta di canapa sia stata più un atto dovuto che una reale presa di coscienza sulla necessarietà di modificare – se non di abrogare del tutto – l'attuale legge sulle droghe. 

L'emendamento proposto dal senatore siciliano del Pd Giuseppe Lumia e approvato dalla Commissione Giustizia potrebbe essere inserito in uno di quei “pacchetti semplificazione” tanto cari all'ex ministro Calderoli – che fece un pubblico falò con le 10.000 leggi che il suo ministero aveva deciso di invalidare. Nello specifico tratta di quelle poche aziende o istituti di ricerca autorizzati a coltivare canapa per uso non ludico che, nel caso di un raccolto particolarmente generoso, rischiavano procedimenti penali e pene detentive. Praticamente quello che rischiano i grower casalinghi e gli spacciatori – la Fini-Giovanardi, si sa, non è molto incline a fare differenze.



Posto che l'emendamento in questione deve ancora passare il vaglio delle Camere, le modifiche della legge andrebbero semplicemente ad adeguarsi agli standard sanzionatori per i produttori di materie prime. Fino ad ora, a norma dell’articolo 28 comma 2 del testo unico sugli stupefacenti, anche per i produttori autorizzati di cannabis era previsto l’arresto sino ad un anno o l’ammenda nel caso in cui la quantità prodotta avesse ecceduto i limiti imposti per legge. Se l’emendamento sarà accolto dal Parlamento, questa violazione diventerà un’infrazione amministrativa e non più un reato perseguibile penalmente. 

Un atto dovuto insomma. Non era eticamente accettabile, né giuridicamente sostenibile che i pochi (fortunatissimi) produttori di canapa autorizzati dallo Stato potessero rischiare il carcere per aver prodotto in eccedenza una pianta, che oltretutto è più blanda rispetto a quella sanzionata nel tabellario del testo unico sugli stupefacenti. Così come i produttori di latte devono adeguarsi alle “quote” per evitare di pagare multe salate, ora anche i coltivatori di canapa industriale potranno rimetterci al massimo qualche migliaio di euro, senza temere le sbarre.

Ora, questa iniziativa è sicuramente da vedere da un lato positivo: è comunque un aiuto, seppur irrisorio, alla sopravvivenza dell'industria della canapa sul suolo italiano. Ma riguardando questo emendamento solo un'esigua parte del vasto universo di soggetti che hanno quotidianamente a che fare con la cannabis e i suoi derivati, c'è ben poco di cui gioire. Soprattutto pensando che, come riferiscono i portavoce di ASCIA, al vaglio della Commissione Giustizia in Senato c'era un secondo emendamento riguardante nello specifico la coltivazione domestica e la depenalizzazione dell'uso personale, con conseguente revisione dei criteri che definiscono la “modica quantità”. In pratica la stessa proposta di depenalizzazione, riveduta e corretta, che portano aventi le proposte referendarie.

Stando ai verbali della seduta che si è svolta lo scorso 9 ottobre, sono stati i senatori del Movimento 5 Stelle a richiamare l'attenzione della Commissione sui sub-emendamenti 1.0.100/18 e 1.0.100/19, riguardanti entrambi la detenzione a fini personali. Il presidente Nitto Palma, senatore in pectore del PdL, ragguagliato sulla portata della proposta – evidentemente in Commissione Giustizia al Senato votano alla cieca – ha invitato i firmatari a ritirare l'emendamento e a ripresentarlo debitamente corretto alla prossima Assemblea. Stando sempre ai verbali si può poi rilevare uno degli infiniti exampla di inettitudine che la sinistra italiana regala quotidianamente al suo elettorato: il senatore Lumia, primo firmatario dell'emendamento, conviene immediatamente col presidente nel ritirare la proposta. Roba che neanche Fantozzi.

Fatto sta che in Commissione i grillini insistono per votare e dopo una breve ma alquanto indicativa discussione in merito alla materia (il senatore Caliendo del PdL sottolinea che le norme che i presentatori intendono depenalizzare riguardano lo spaccio, la cessione, la coltivazione e produzione ovvero l'importazione delle sostanze, essendo il mero possesso già non punibile; la senatrice Ginetti del Pd fa invece già con l'articolo 73 si possono applicare sanzioni alternative per le condotte meno rilevanti compiute da tossicodipendenti; lo stesso presidente aggiunge che in caso di approvazione verrebbe considerato, ad esempio, mero illecito amministrativo l'introduzione nel territorio nazionale di parecchi chilogrammi di hashish, qualora l'autore dimostrasse di volerli destinare al mero consumo personale) i due sub-emendamenti, posti separatamente ai voti, risultano entrambi respinti.

Nessuna apertura dunque dal lato istituzionale. La Commissione Giustizia al Senato – almeno da quello che attestano i verbali – è ancora convinta della bontà della Fini-Giovanardi o comunque si fa bastare l'attuale impianto legislativo con tutte le sue falle. La depenalizzazione per uso personale non è ammissibile e, di certo, non può essere discussa con un paio si sub-emendamenti infilati di straforo in Commissione Giustizia al Senato. Serve un'azione ben più mirata e soprattutto di revisione radicale dei criteri attuali, anche l'avvocato Carlo Alberto Zaina, il massimo esperto di normativa sulle droghe, non si dice soddisfatto della seppur minima vittoria ottenuta con l'approvazione dell'emendamento al 28 comma 2. Il suo commento, affidato ad ASCIA, definisce la mossa “un intervento inutile perché la norma da riformare principalmente è l’art. 73 che è la norma in base alla quale si viene puniti (dove si dimostra che i politici spesso si muovono in buona fede ma erroneamente e non hanno una visione ad ampio respiro dei processi di modificazione normativa). Non vi alcun raccordo, quindi, con le norme penalmente rilevanti. Non cambia nulla in pratica”.

Ecco. Non cambia nulla. Chi ha per le mani una coltivazione, seppur minuscola, di canapa in casa, nel giardino o addirittura sul balcone rischia ancora il l'arresto e il carcere. Perché in Italia si preferisce concedere un indulto – sempre a favore dei soliti noti – piuttosto che ragionare sull'impianto legislativo e modificarlo. Si preferisce intasare i tribunali con processi per detenzione di qualche grammo di marijuana perché così, poi, quelli per associazione mafiosa, favoreggiamento e peculato vanno in prescrizione. È un atteggiamento terribile ma è l'atteggiamento delle nostre istituzioni. È bene prenderne atto.

La politica, così come la stampa, sono diventate talmente autoreferenziali da essere ormai del tutto scollegate dal tessuto sociale e da quella stessa realtà che invece – per mandato esplicito – dovrebbero interpretare, capire e soddisfare. Ed è ancora più odioso notare che la serietà, la professionalità e l'abnegazione che vengono richieste ai cittadini, non siano minimamente prese in considerazione come valori nell'operato dei soggetti sopracitati. Perché non è accettabile che un senatore voti contro un emendamento da lui stesso presentato o una Commissione parlamentare non sia minimamente documentata sugli argomenti in discussione. Perché non è accettabile che un'agenzia di stampa divulghi una notizia non verificata, così come non è possibile vedere che la stessa notizia è stata ripresa tale e quale da una miriade di altre testate che, nello stesso modo, non hanno speso un minuto per accertarsi che non ci fosse qualcosa di strano. Anche uno scemo si sarebbe reso conto che una notizia del genere non poteva essere vera nell'Italia del 2013. Eppure...

Eppure ci sono cascati in tanti, troppi. Parafrasando un ex-compagno, il compianto Giovanni Lindo Ferretti dei CCCP – non quello zombie che si fa le foto con Giorgia Meloni alla festa di Atreyu , “grande è la confusione, sopra e sotto al cielo”. I tribunali tendono ad applicare la Fini-Giovanardi con sempre meno severità ma la nostra legge sulle droghe rimane ancora una delle più dure e delle più proibizioniste di tutta Europa – non importa che lo stato sia costretto a pagare delle multe a sei zeri per non volersi adeguare al trend imposto da Bruxelles anche per quanto riguarda l'impianto sanzionatorio degli stupefacenti. Tra i grower e i semplici fumatori non c'è purtroppo ancora abbastanza consapevolezza sulle reali possibilità di manovra che si hanno quando si detiene o si coltiva cannabis. L'unica cosa da fare, nel malauguratissimo caso in cui si venga beccati in flagrante, è accendere un cero e sperare con tutto il cuore che ci tocchi un buon avvocato e un giudice con un po' di buonsenso. Perché di quelli, inutile fare sempre di tutta l'erba un fascio, ancora ce ne sono.

In chiusura, l'avviso ai naviganti del verde mondo della canapa è quello di andarci ancora con i piedi di piombo. La coltivazione domestica, così come la detenzione di quantitativi superiori a 5 microgrammi di THC, sono ancora perseguibili penalmente. Così come per i “cervelli in fuga” anche chi fa uso di marijuana e derivati dovrebbe cercarsi un altro Paese dove vivere. Dall'altra parte dell'oceano dicono sia una figata...

E
Exitable