La war on drugs è fallita!

Soft Secrets
01 Jul 2011

La guerra globale alle droghe è miseramente fallita e i governi del mondo dovrebbero cominciare a pensare seriamente alla legalizzazione della marijuana e dei suoi derivati. Noi di Soft Secrets lo ricordiamo da tempo immemore ma lo scorso 2 giugno anche le alte sfere internazionali hanno ammesso l'inutilità dell'accanimento contro i consumatori.


La guerra globale alle droghe è miseramente fallita e i governi del mondo dovrebbero cominciare a pensare seriamente alla legalizzazione della marijuana e dei suoi derivati. Noi di Soft Secrets la meniamo da tempo immemore ma lo scorso 2 giugno anche le alte sfere internazionali hanno ammesso l'inutilità dell'accanimento contro i consumatori.

Legalizzare la cannabis per indebolire la criminalità organizzata. Questo il risultato del report che la Global Commission on Drug Policy – un organismo sovranazionale creato ad hoc per monitorare le politiche internazionali in tema di lotta alla droga, che comprende ex capi di stato nonché l’ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan – ha reso pubblico lo scorso mese.

Stando al testo “decenni di accanimento nella war on drugs hanno finito solo per creare conseguenze devastanti in termini sociali ed individuali, praticamente in tutto il mondo” e nelle 24 pagine di resoconto si fa appello ai leader politici e alle figure pubbliche di spicco affinché si rendano conto che l’approccio repressivo al consumo di sostanze stupefacenti non risolverà mai il problema ma continuerà, se possibile, a peggiorare una situazione già sul punto di rottura. “La war on drugs non è stata, e non potrà mai essere, vinta” dice il report. Invece di punire i consumatori che – continua la relazione – “non hanno mai fatto male a nessuno”, i commissari suggeriscono che i governi dovrebbero smettere di criminalizzare l’uso personale e sperimentare con modelli legali avanzati una liberalizzazione estesa delle droghe leggere. In questo modo si sarebbe in grado di minare alla base la criminalità organizzata ed offrire allo stesso tempo servizi sanitari migliori per i consumatori che lo richiedano.

Sulle pagine di questo giornale lo scriviamo da tanto tempo che così come sono le cose non possono andare avanti, ma se a dirlo sono personalità del calibro di Kofi Annan, Paul Volcker (ex capo della Federal Reserve), o lo scrittore Mario Vargas Llosa allora è tutto un altro paio di maniche. Questi, assieme ad altri membri della Global  Commission on Drug Policy quali l’attuale primo ministro greco George Papandreu, propongono una politica sulle droghe “improntata a criteri scientificamente dimostrati” che devono avere come obiettivo principale la riduzione del danno.

In questo senso la Commissione è stata parecchio critica nei confronti degli Stati Uniti, rei di portare avanti un’inutile e dispendiosa battaglia contro i cartelli della droga del vicino Sud America: secondo il testo del report gli USA “devono essere i primi a cambiare le loro politica anti-droga, guidata attualmente da un approccio prettamente anti-criminale, per trasformarla in interventi ispirati alla cura della salute e al rispetto dei diritti umani”. In questo modo, la nazione che da ormai 70 anni vuole ergersi ad esempio e modello per l’intera comunità internazionale, potrebbe mandare un messaggio positivo agli altri paesi ed instradarli così verso una gestione più consapevole del problema – sempre se di problema si può parlare – riguardante il consumo di marijuana e derivati.

“La war on drugs non è stata, e non potrà mai essere, vinta” dice il report firmato, tra gli altri, dall’ex segretario ONU Kofi Annan

Nel nostro Bel Paese, com’era facilmente prevedibile, le conclusioni della Global Commission hanno scatenato un vespaio di polemiche. Secondo il nostro amatissimo sottosegretario Carlo Giovanardi “Il contrasto alla tossicodipendenza ha tenuto il consumo, pur sempre preoccupante, a percentuali neanche lontanamente paragonabili, ad esempio, a quella di sostanze come il tabacco. Come spesso viene ricordato, all'inizio del '900 il consumo di droga era molto più alto di quanto sia adesso”. Inoltre, continua nel suo classico sproloquio, “questi signori sono rimasti indietro, gli sono sfuggiti i progressi delle neuroscienze che hanno mostrato i danni cerebrali provocati dalle sostanze stupefacenti, dall'eroina e dalla cocaina ma anche dai derivati della cannabis”. “L'idea che ci sia la possibilità di drogarsi e di andare in giro fatti, provocando incidenti stradali, danni a terze persone e danni sanitari – continua nel suo delirio il sottosegretario – non sta né in cielo né in terra. Nelle conferenze internazionali non c'è traccia di posizioni come questa. Nessun paese al mondo la assume (sic!), e i pochi paesi tolleranti come l'Olanda stanno facendo marcia indietro sull'uso della cannabis". "E poi che vuol dire legalizzare? Che si può dare la droga ai ragazzini, che la si può diffondere nelle scuole? Un recente studio statunitense fatto su un milione di giovani dimostra che quando c'è allarme sui danni provocati dalla droga il consumo cala, mentre quando vengono trasmessi messaggi tolleranti i consumi aumentano" conclude, non si sa a che titolo, il sottosegretario.

Per il nostro Carlone ecco un paio di dati: nel 1998 il consumo di oppiacei riguardava 12,9 milioni di persone, nel 2008 17,35 milioni - per un incremento del 34.5 per cento. Sempre nel 1998 il consumo di cocaina riguardava 13,4 milioni: dieci anni dopo 17 milioni – 27% in più. Nel 1998 la cannabis era consumata da 147,4 milioni di persone: dieci anni dopo da 160 milioni - l'8.5 % in più. Questi sono senz’altro i numeri di una disfatta e ci dicono semplicemente che tutte le politiche repressive attuate fin’ora hanno ottenuto beffardamente il risultato contrario a quello sperato.

Ovviamente di segno opposto l’intervento di Franco Corleone, il segretario dell’Italiano Forum Droghe, che ad Aduc dichiara: “Solo i ciechi possono continuare a perseguire una linea come quella della guerra infinita. Occorre immaginare nuove politiche. Nel report c'è un piano di legalizzazione di tutte le droghe, ovviamente una regolamentazione non anarchica e diversa a seconda delle sostanze". "Nel mondo - continua Corleone - anche persone che in passato hanno avuto responsabilità di governo, e non quindi militanti dei centri sociali, si pongono il problema che questa politica è solo a vantaggio delle organizzazioni criminali, produce danni alla salute dei giovani (perché si continuano a diffondere sostanze non controllate e pericolose) e una implementazione del sistema penale che provoca emarginazione e riempie le carceri di consumatori e tossicodipendenti. Questo vale in primo luogo per Italia, che è alla retroguardia di tutto" conclude.

Che la proposta della Global Commission on Drug Policy possa essere presa in considerazione anche nel nostro disgraziato paese potrebbe non essere del tutto un miraggio: come abbiamo potuto vedere alle amministrative, ai ballottaggi e al referendum, il vento in Italia sta decisamente cambiando e una retromarcia sul proibizionismo rappresenterebbe una delle tante operazioni di buon senso che il paese sembra reclamare.

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