La Germania apre all'autocoltivazione medica

Soft Secrets
24 Jun 2016

“Le persone affette da patologie terminali o invalidanti sono autorizzate a coltivare piante di cannabis per automedicazione, nel caso in cui non esistano altre cure efficaci e l'assicurazione sanitaria non copra le spese di approvvigionamento del prodotto essiccato”.


Questo quanto deciso lo scorso 6 aprile dal Bundesverwaltungsgericht, la Corte Amministrativa Federale tedesca, chiamata a dirimere il caso di un malato di sclerosi multipla da oltre 30 anni, imputato per la coltivazione di alcune piante di canapa. Una sentenza storica che, inserita nel contesto della sanità semi-privata tedesca, ha un valore ancor più fondamentale.

Il Bundesverwaltungsgericht ha infatti ammesso in primo luogo che, nel caso in cui l'assicurazione sanitaria non copra le ingenti spese per l'importazione del prodotto, il paziente (chiaramente autorizzato) può procedere all'autocoltivazione del principio attivo curante.

Nello specifico, il paziente – un 52enne di Mannheim che viveva con una pensione di invalidità di 891,64 euro mensili – non aveva alcun modo di provvedere all'acquisto delle infiorescenze, né la sua Krankenkasse (l'assicurazione sanitaria tedesca, obbligatoria ma non gratuita e a carico dell'interessato) aveva intenzione di farlo. La Corte Amministrativa ha quindi riconosciuto che, non avendo alcuna alternativa se non quella di rivolgersi al mercato nero, il paziente ha dovuto “arrangiarsi” e, provato che parte del raccolto non era destinata a incrementare alcun giro di spaccio, ha dato ragione all'imputato.

Il pronunciamento della Corte Amministrativa Federale arriva dopo quella del Tribunale Amministrativo di Colonia che il 22 luglio del 2014, aveva ammesso l'autocoltivazione a fini terapeutici nei casi in cui sia provato che nessun altro farmaco anti dolorifico agisca sul paziente, che il paziente non possa permettersi l'acquisto della cannabis presso le farmacie, e qualora vi sia la prova della totale e certa inaccessibilità del prodotto a terzi.

A differenza di quella del Tribunale di Colonia, quella emessa dalla corte di Lipsia (NdA: La sede del Bundesverwaltungsgericht) è una sentenza dalla valenza nazionale e, come in un certo modo accade con la nostra Corte Costituzionale, le sue ripercussioni sono immediate e interessano la questione in toto. Il precedente di Lipsia può quindi rappresentare uno spiraglio entro cui incanalare un più ampio ripensamento della normativa nazionale ma i tentennamenti da parte del Bundestag, lasciano intendere che il processo sarà lungo. Quella avvallata del Bundesverwaltungsgericht è infatti e comunque una “soluzione di necessità", che in ultimo sottolinea come la coltivazione domestica della marijuana, al di fuori dei casi eccezionali approvati dalle varie corti, resti ancora del tutto vietata in Germania.

Ma è comunque un inizio. Quello che pare evidente, buttando un occhio fuori dal bel paese, è che la battaglia per l'autocoltivazione legale sembra dover passare sempre e comunque prima per la via medica. Nonostante il consumo sia depenalizzato praticamente ovunque e con esso sia venuto meno lo stigma sociale della cannabis, non più vista come droga, è in ultimo il grower a fare le spese delle anacronistiche leggi nazionali, in Germania come Italia. Se è vero che l'unione fa la forza, forse è arrivata l'ora di unire i pazienti ai consumatori ricreativi. La battaglia, in fondo, è comune.

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