Il caso di Zaki
Curare l'epilessia con la cannabis
A sei mesi i medici diagnosticarono a Zaki Jackson una forma di epilessia particolarmente grave, che poteva procurare un massimo di 250 crisi quotidiane. Una frequenza che legittimamente incuteva timore nella madre Nancy, che alla NBC ha raccontato che "Non respirava: cacciava tutta l'aria dai polmoni e riprendeva a respirare soltanto quando la crisi finiva".
Il caso viene riportato dalla tv americana proprio nei giorni in cui si discute negli States della possibilità di estendere l'uso della cannabis anche ai pazienti più giovani. Il caso di Zaki si candida a diventare l'esempio principale per i sostenitori dei cannabinoidi nella medicina. Spiegano infatti i genitori del piccolo che "Siamo cristiani e conservatori, eppure stiamo usando la marijuana per fini medici. Si tratta di un ostacolo molto grande che le persone dovrebbero superare. Sebbene la cannabis fosse stigmatizzata, avevamo il dovere nei confronti di Zaki di testarla". E così è stato.
La prima volta che a Zaki è stata somministrata la marijuana medica - racconta la madre - "Sono stata tre ore abbondanti a guardarlo, finché non mi sono addormentata. Dopo la prima dose, non ho visto nessuna altra crisi".
Da otto mesi, dunque, un successo del tutto imprevedibile. I medici, tuttavia, tengono il ragazzo continuamente sotto osservazione, anche per capire la presenza e l'importanza di possibili effetti collaterali della marijuana. Questa viene coltivata appositamente e trattata perché, rispetto alla pianta naturale, abbia livelli ridotti di tetraidrocannabinolo (Thc), ma maggiori di cannabidiolo (Cbd), sostanza che ha la proprietà di ridurre l'iperattività sopravvenuta delle cellule, potendo così agire direttamente sui circuiti cerebrali.
E' un sistema di bilanciamento - sintetizza la dottoressa Margaret Gedde dell'Istituto dei clinici per la Cannabis medica - che nei cervelli sani è garantito da un preciso equilibrio. In questi bambini il sistema è invece sopraffatto e ha bisogno di un piccolo aiuto in più". Un aiuto che ora permette a Zaki di svolgere una vita apparentemente simile a quella dei suoi coetanei.
I dubbi restano, perché se è vero che su Zaki la cannabis ha avuto un effetto quasi miracoloso, sono ancora incerte le conseguenze non solo dei relativi principi attivi sul cervello, ma - in questo caso - i possibili effetti su un sistema nervoso in via di sviluppo. Il dottore Sharon Levy di Boston Children's Hospital/Harvard Medical School ha osservato che "Non sappiamo molto sulla cannabis.
Penso che stiano sottoponendo il loro bambino a rischio di conseguenze di lungo termine per il consumo di marijuana". Poi l'allarme di Levy che suona tremendo: "Un paio di generazioni fa, i medici credevano che il tabacco fosse un buon modo per rilassarsi e alleviare lo stress. Ora ci sembra incredibile".
Eppure, osserva ancora Gedde, la marijuana "è una sostanza che è stata usata per migliaia di anni e con un margine di sicurezza noto. E c'è una lunga storia di donne che la utilizzano in gravidanza. Se ci dovesse essere qualche terribile conseguenza sui feti, a questo punto lo dovremmo già sapere".
Fonte: scienze.fanpage.it