EasyJoint: di cosa stiamo parlando?
In un generale trambusto, accompagnato successivamente dal silenzio parlamentare sul definitivo affossamento della legge sulla legalizzazione delle droghe leggere, ecco la novità firmata EasyJoint. Presentata lo scorso maggio all’Indica Sativa Trade di Casalecchio di Reno (Bologna), la cosiddetta “marijuana light”, senza effetti psicoattivi ed a bassissimo contenuto di THC, promette di conquistare il mercato. 17 euro per un peso lordo di 8 grammi, l’erba che in molti hanno immediatamente individuato come il caro vecchio “canapone”, ha già infiammato gli animi antiproibizionisti ed è diventata presto oggetto di lodi spassionate e critiche spietate.
Dal mese scorso in Italia è in vendita EasyJoint, un prodotto definito “cannabis light” grazie al bassissimo contenuto di principio attivo, che non provoca sostanziali effetti psicotropi ed è tecnicamente legale. EasyJoint è un’azienda italiana che ha riproposto un modello di business che esiste già in altri paesi come la Svizzera: vendere la canapa che normalmente ha una destinazione industriale, come un sostituto della cannabis a più alto contenuto di THC che si consuma invece nell’ambiente ludico. A giudicare dai numeri, l’operazione commerciale è stata un successo: già poche ore dopo l’apertura delle vendite lo shop online di EasyJoint è andato in overbooking e al momento si stanno ancora smaltendo i vecchi ordini. Sono dunque bastati soli 6 giorni per lanciare l’idea dell’azienda, che invita tuttavia ad un consumo responsabile, oltre che a tenerla sempre “in confezione originale”.
EasyJoint è confezionata in scatole che ne contengono 8 grammi ed è venduta al prezzo di 17 euro la confezione: poco, se paragonato ai prezzi della marijuana reperibile sul mercato nero – che sono circa cinque-sei volte superiori; molto, se si pensa che il costo di produzione di quella che a tutti gli effetti è canapa industriale si aggira attorno ai 20 euro al kilo. Dentro le confezioni ci sono infiorescenze di canapa sativa, così come semi (troppi a detta dei recensori del prodotto), foglie e gambi, il che abbassa il peso netto del contenuto di fatto sotto gli 8 grammi dichiarati.
La cannabis di EasyJoint risulta legale in quanto il contenuto di THC è inferiore allo 0,6%, il limite consentito dalla legge sulla canapa industriale attualmente in vigore e approvata lo scorso novembre. In molti hanno additato l’erba di EasyJoint come il caro vecchio “canapone”, ma l’Eletta Campana – una varietà storica che fino agli anni ’30 del Novecento rappresentava circa il 20% di tutta la nostra produzione nazionale – pare avere in più un contenuto piuttosto alto di CBD, purtroppo non specificato sul sito ufficiale easyjoint.it ma attestato dal comunicato stampa al 4%. Per ora EasyJoint vende questa sola varietà di cannabis ma presto dovrebbero arrivarne altri tipi: la Special Blend, una miscela di diverse infiorescenze, e la Sensimilla.
Il contenuto delle scatole di EasyJoint è stato paragonato alle cime di cannabis di scarsa qualità, tra quelle vendute illegalmente come stupefacenti: ci sono molti semi e foglie, parti che i consumatori abituali di marijuana normalmente eliminano nella preparazione delle canne. Alle critiche che paragonano Eletta Campana alla canapa industriale, EasyJoint risponde: “La varietà che abbiamo deciso di produrre e distribuire è una pianta diodica. I semi possono assumere il sesso sia maschile sia femminile. Le diverse varietà di canapa industriale, invece, sono monoiche con strutture di entrambi i sessi sulla stessa pianta”, spiega a Repubblica Luca Marola titolare di Canapaio Ducale a Parma che, insieme a L’erbavoglio, un’azienda produttrice di canapa industriale nelle Marche, gestisce il progetto.
Ma la cosa di cui si sta discutendo di più e intorno alla quale c’è più curiosità sono gli effetti di EasyJoint, quando la si fuma. Vice Italia ha dedicato un articolo alla questione, concludendo che la cannabis di EasyJoint non provoca gli stessi effetti di quella si può reperire sul mercato nero o coltivare a partire da varietà con un più alto contenuto di THC: non provoca vere alterazioni psicofisiche, né pare dare alcun high, ma tutti quelli che l’hanno provata sono concordi (vuoi anche l’effetto placebo) nel dire che è rilassante.
Il sito di EasyJoint fornisce questa stessa versione, al punto da affermare che si può guidare dopo averla assunta. Probabilmente per evitare problemi legali, il sito si affretta a sottolineare che EasyJoint non è un prodotto da combustione (quindi non si dovrebbe fumare) anche se è evidente che questo è il suo utilizzo principale. In rete però si trovano pareri discordanti e un anonimo commento postato dal presidente dell’associazione FreeWeed mette in allerta riguardo alla possibilità di risultare positivi al test tossicologico. Il commento recita quanto segue: “testata su persona che non ha mai fatto uso di stupefacenti, risultato positivo al test THC con cut-off 50ng”. Pare quindi che anche fumando solo “cannabis light” si possa risultate positivi ai test antidroga standard in cui si può incorrere sul posto di lavoro o durante i controlli delle forze dell’ordine.
Anche Vincenzo Di Marzio, direttore dell’Istituto di chimica molecolare del CNR, invita alla prudenza e ha spiegato a Wired che ogni persona reagisce diversamente all’assunzione di cannabis, indicando come la potenza effettiva del principio attivo cambi quando l’erba viene riscaldata (e quindi quando la si fuma). Per affermare con certezza che EasyJoint è invisibile ai test bisognerebbe dunque essere sicuri delle percentuali di THC in forma attiva presenti al momento del consumo, che spesso e volentieri prevede il riscaldamento della sostanza, per poter ipotizzare i possibili effetti sul sistema nervoso.
Dal punto di vista legale, EasyJoint pare comunque essere sicura: sul sito ufficiale ripete come acquistare la loro cannabis non comporti nessun problema. I minori non possono acquistarla, ma per tutti gli altri non ci sono limitazioni. Sui pacchi spediti dalla società non compare il nome del mittente e, sempre stando a quanto riportato sul sito web ufficiale, non è un problema nemmeno per quanto riguarda i test tossicologici. Nella sezione titolata “legalità” presente nelle FAQ, si può infatti leggere: “i tester oggi utilizzati servono a verificare se il soggetto ha assunto stupefacenti. EasyJoint non è una sostanza stupefacente. Essendo i tester tarati per verificare livelli di THC eccedenti il limite consentito, le tracce di THC eventualmente presenti dopo l’assunzione di EasyJoint non risulteranno significative. Se hai dubbi o necessità di valutare una situazione particolare ti consigliamo di rivolgerti ad un avvocato”. E la chiusura però non incoraggia…
EasyJoint dice che il suo prodotto non è da considerarsi a scopo terapeutico, ma che il principio rilassante e ansiolitico della cannabis a basso contenuto di THC di EasyJoint è dovuto alla ricca presenza di cannabinoidi come CBD e CBG. Infine EasyJoint riassume la sua mission sulla pagina facebook: “EasyJoint è un progetto complesso, contenente in egual misura un aspetto commerciale, politico e di comunicazione sociale. Siamo consapevoli delle alte aspettative del pubblico, della delicatezza del momento e, al tempo stesso, della responsabilità che ci siamo accollati. EasyJoint è il nostro modo di comunicare che un altro antiproibizionismo è possibile, un antiproibizionismo pragmatico ed efficace, al passo coi tempi e ben incardinato in questa società, capace di dimostrare, anche plasticamente, come il tempo della regolamentazione del fenomeno sociale di massa che è il consumo di cannabis sia qui ed ora”.
Molte sono infatti le critiche piovute sul progetto, soprattutto dall’antiproibizionismo che non intende rinunciare alla libertà di coltivazione personale. Con la nuova legge sulla canapa industriale entrata in vigore questo febbraio, i legislatori hanno lasciato un discreto spazio di manovra agli imprenditori di settore ma hanno tralasciato clamorosamente di regolamentare la condotta base del consumatore/coltivatore personale che volesse utilizzare lo stesso tipo di varietà a bassissimo contenuto di THC. A rigor di logica, infatti, le stesse infiorescenze dovrebbero poter essere replicate anche in un contesto di domicilio privato ma di questo nella legge non si fa mai esplicita menzione.
Quello che si contesta ad EasyJoint è fondamentalmente il fatto stesso di imbellettare il business con l’aura della missione antiproibizionista. In un comunicato seguito al lancio del prodotto e alle polemiche che ne sono scaturite, l’azienda ha spiegato: “EasyJoint è un progetto che, attraverso la commercializzazione e la valorizzazione delle infiorescenze di Canapa Sativa Legale di elevata qualità, ha lo scopo di velocizzare il processo di legalizzazione in Italia. (…) È stata una scelta ragionata e voluta quella di mettere in commercio, in questa prima fase, infiorescenze impollinate e quindi contenenti semi, principalmente per un discorso di prudenza e di tutela del consumatore finale. Infatti, la novità di questo tipo di prodotto distribuito su tutto il territorio nazionale, per quanto perfettamente legale, richiederà comunque un certo lasso di tempo per normalizzarsi ed essere accettato dall'opinione pubblica e, soprattutto, dalle forze dell'ordine”.
L’idea parrebbe quindi quella di spingere il “prodotto marijuana” e non tanto l’idea dell’innocuità e dell’accessibilità della pianta in sé, mantra invece degli antiproibizionisti duri e puri, i quali temono invece che il giogo dello sfruttamento a scopo di lucro intrappoli per sempre la nuova cannabis libera.
Tirando le somme, il caso di EasyJoint pare in fondo essere l’emblema dell’enorme contraddizione presente nel nostro bel paese. Un sistema in cui la tutela della salute viene usata come randello per colpire i consumatori ludici, eternamente costretti a rivolgersi al mercato nero o legale che sia, il quale sentitamente ringrazia.
di Giovanna Dark
S
Soft Secrets