Claudia Luttazzi e Mauro Martini

02 Nov 2020

Oggi mi trovo a scrivere un articolo in memoriam, un articolo che vuole raccontare la traiettoria di due italiani che hanno lottato per vedere riconosciuto il proprio diritto alla cura con la cannabis.


Due storie di canapa medica

 Entrambi ci hanno lasciato a settembre, reputo quindi importante onorarli raccontandovi i loro cammini attraverso le loro stesse parole. Parole di persone come tante, parole di persone dalla grande sensibilità, un uomo e una donna consci che condividere le loro esperienze personali potesse essere utile a chi cominciava ad affrontare un percorso simile, con tanti interrogativi e poche risposte. Una scelta di altruismo e d’esempio.

Mauro Martini soffriva di LES, lupus erimatoso sistemico ed artrite reumatoide, due malattie rare per le quali la ricerca medica ha poco interesse nel trovare una soluzione curativa considerando i limitati riscontri economici. Claudia Luttazzi, invece, aveva contratto un carcinoma mammario ed in seguito aveva sviluppato delle metastasi cerebrali. Tutti e due avevano affrontato un percorso di cura ufficiale soffrendone gli effetti collaterali. Mauro, in particolare, quelli dovuti all’assunzione in dosi massicce di steroidi e Claudia quelli conseguenti alla chemio e radio terapia che, come descriveva, le avevano generato: «Una tossicità generalizzata che si ripercuote sull’intero organismo, lasciandolo privo di forze».

Il rapporto curativo con la cannabis era nato dalle rispettive indagini personali e dalla loro irriducibile necessità di trovare un accettabile livello di benessere quotidiano. Entrambi hanno testimoniato con forza e con l’esempio delle loro vite come nel nostro paese il volersi curare con la cannabis sia ancora una questione complessa la cui risoluzione spetti ancora alla determinazione del singolo paziente.

Se Mauro svelava: «Nell’ambito delle mie ricerche, ho scoperto che la cannabis è utile in alcune forme di LES ed è stata dimostrata l’efficacia del Sativex  nei casi di artrite reumatoide, sia per quanto riguarda la percezione del dolore che per la cura della malattia. Il costo per me è troppo alto. Non potrei pensare di spendere più di quel che guadagno ed inoltre sto abbandonando quello che è sempre stato il mio lavoro di tecnico in ambito elettromedicale perché i dolori m’impediscono di viaggiare e di portarmi presso il cliente, le mie mani non mi permettono più di esercitare la forza necessaria allo svolgimento delle mie mansioni, la mia borsa dei ferri che pesa 16 chili.»

Mauro Martini

Se per Mauro i problemi di accesso erano principalmente economici, Claudia confermava molte difficoltà a livello di classe medica: «Chiedevo notizie sulla cannabis terapeutica ai medici, ma incontravo difficoltà nell’ottenere anche le informazioni più elementari. Probabilmente l’illegalità di questa pianta ha pregiudicato la ricerca scientifica e gli specialisti stessi erano spesso poco preparati. Trovai infine medici illuminati che mi aiutarono nella nuova tappa della mia lunga marcia: ottenere legalmente cannabis terapeutica per alleviare sofferenze, gli effetti collaterali e le complicazioni dovute alla malattia e ai farmaci che assumo».

Se Mauro concludeva la sua storia sottolineando come il suo percorso di cura si fosse sviluppato a prescindere dai medici: «Nel 2015 sono tornato dal medico in ospedale a Sanremo, il dottore, quando ho accennato al trattamento con cannabis, ha chiuso l’argomento senza escluderlo, lasciandomi intendere che non pensava proseguire con l’alternativa da me proposta. La riflessione che mi viene spontanea è che l’assurdo proibizionismo di cui è oggetto questa pianta, ha impedito non solo la ricerca in questo campo, ma ha mantenuto nell’ignoranza della possibilità di cura e dei metodi d’assunzione molte persone che avrebbero potuto invece giovarne. Comunque consumo cannabis da circa 10 anni. Fumo circa 1 grammo al giorno e la cannabis mi aiuta a stare meglio a livello psicologico. Conduco una vita meno stressata, più soddisfacente e creativa».

Nel 2017 Claudia, che aveva finalmente ottenuto una prescrizione per la terapia con cannabis, comunque ammoniva: «Nonostante gli sviluppi promessi sul fronte dell’erogazione di cannabis, quest’ultima, attraverso l’Istituto di Firenze, non è ancora disponibile in forma concreta per tutti i pazienti e quindi, personalmente, continuo a riceverla dall’Olanda, tramite Asl. Ne mangio i semi, ricchi di tutti gli aminoacidi essenziali e con un ottimo rapporto omega3/omega6 e condisco le verdure con l’olio di canapa biologico privo di THC. Poi ingerisco a piccole dosi i miei biscotti, preparati con il burro ottenuto dai residui di marijuana medica fornita attraverso l’Asl e utilizzata in precedenza per l’estrazione del concentrato, mentre di sera assumo il mio farmaco auto prodotto, la resina di THC/CBD».

Sia Mauro che Claudia, come tanti altri, avevano dovuto trovare il proprio equilibrio seguendo le proprie intuizioni ed apprendendo giorno dopo giorno. I medici non hanno svolto un ruolo positivo di consulenza ed assistenza, ma nel migliore dei due casi, quello di Claudia, meramente prescrittivo. 

Da queste storie (la versione integrali sul sito www.canapamedica.it) almeno una lezione bisogna, necessariamente, ritenere: il sapere condiviso dei e dai pazienti, un sapere osteggiato, sbeffeggiato, bistrattato e ignorato dai legislatori e dai medici è la base sulla quale tante vite di sofferenza riescono ad intravedere uno scampolo di agognata normalità.

Riposa in pace Claudia, riposa in pace Mauro, che la luce vi avvolga.

Claudia Luttazzi's Photo: by Maria Novella De Luca