Cannabis social club aprono pure in Francia.

Soft Secrets
11 Oct 2012

Cannabis social club pure a Parigi. La Francia si sveglia


Cannabis social club pure a Parigi. La Francia si sveglia In Francia gruppi di consumatori si sono organizzati per produrre marijuana. E ora puntano il dito contro la politica, ponendosi come modello e chiedendo la liberalizzazione . I francesi hanno fama di grandi viveur, e nella vita quotidiana fanno di tutto per onorare l’etichetta, come ad esempio aprire delle cooperative in cui si può consumare cannabis tranquillamente, in barba alle direttive del governo. Ebbene sì, mentre dall’altra parte dell’Oceano ci si danna per ottenere (o impedire) che la marijuana venga depenalizzata – l’ultimo fuoco si ha a Los Angeles, dove le autorità governative, dopo aver minato con una serie di arresti tutti gli istituti che la utilizzavano per scopo medico, ha dato tempo fino giovedì per chiudere 71 esercizi - in Europa la società civile si organizza silenziosamente. . L’iniziativa francese va controtendenza e in un certo senso si allinea (partendo dal polo opposto) alle scelte della patria del liberalismo, l’Olanda, che vuole trasformare i coffee shop in circoli privati. In tre mesi l’Esagono ha visto nascere 150 “cannabis social club”, delle specie di cooperative che regolano la produzione e la distribuzione della cannabis. Iniziative omonime esistono in tutti i Paesi europei, e dal 2011 hanno anche una propria carta per autoregolarsi. . In un’intervista a Libération Farid Ghehiouèche, caporedattore de La Gazette du chanvre e candidato alle ultime legislative sotto lo slogan “Cannabis, salute, libertà, giustizia”, racconta il funzionamento e la fortuna di questi club, e come si preparano a fare il grande salto pretendendo maggiori attenzioni dalla politica. Fondamentalmente si tratta di associazioni autogestite di consumatori di cannabis, che si uniscono per mettere in piedi e condividere i frutti di un raccolto: il modello si ispira ai sistemi di scambio locale e a quelli di mantenimento della cultura contadina che esistono in Belgio e Spagna, dove la coltivazione è depenalizzata al di sotto di determinate quantità (5 piante a persona in Spagna, per esempio). . Il numero dei membri va da 3 a 50, e nel complesso i club rappresentano tra i 1.200 e i 1.500 consumatori. La coltivazione è fatta ad uso e consumo della comunità che vi aderisce, evitando ordini su Internet o destinatari esterni che potrebbero corrompere il sistema di fiducia reciproca sviluppato dai partecipanti: tutto ciò è sancito da un codice comportamentale che vieta il commercio, punibile dalla legge francese con fino a 20 anni di prigione e 750.000 euro di multa. Certo, i furbi ci sono sempre, ma Ghehiouèche è fiducioso: “L’idea è vegliare collettivamente su un buon utilizzo della cannabis. Ciò richiede una reale maturità sociale e civile”. . L’appuntamento politico è quello del congresso del Partito Socialista, che si terrà a Tolosa a fine ottobre: . ❝ “Lo Stato deve prendersi le proprie responsabilità in modo da bloccare l’economia sotterranea e incoraggiare l’uso terapeutico della cannabis. Il primo dicembre, organizziamo un’assemblea generale in tutti i club di Francia. Quel giorno, rifletteremo su un atto politico forte: potremmo tutti dichiararci consumatori in prefettura e vedere quale sarà la risposta dei poteri pubblici”. ❞ Il movimento vorrebbe vedere dei cannabistrot, dei luoghi in cui consumare e aprire al pubblico – sempre in modo controllato – i frutti del lavoro delle cooperative. Le carte in tavola per la depenalizzazione ci sono tutte, spiegano. Ora tocca al governo.
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