Cannabis e perversione economica
La XVII legislatura sta finendo con la pessima performance di centinaia di deputati e senatori che non sono ancora riusciti a realizzare provvedimenti importanti come la libertà di coltivare una singola pianta di cannabis e/o il diritto di non venire né vessati né torturati. Le forze politiche, dentro e fuori l’Intergruppo Cannabis Legale – e che magari si alleano per modificare il sistema elettorale, proprio nell’ambito di un clima di campagna elettorale permanente – sono generalmente poco propense ad affrontare la politica sulle droghe. Pare evidente che preferiscono che questo commercio continui ad esser uno dei principali strumenti di accumulazione delle organizzazioni criminali ma anche un oggettivo ostacolo alla tanto sbandierata crescita o allo sviluppo imprenditoriale.
Il diavolo sta nei dettagli e in effetti, tra le varie conseguenze inattese della proibizione, va sicuramente segnalata la mancata produttività generale dovuta alla corruzione indotta.
Una situazione paradossale quella dovuta alle iniezioni di denaro, perché in effetti, nonostante lo stesso sostenga in un certo senso la vita di alcuni istituti bancari, il denaro riciclato del narcotraffico, una volta rimesso, in circolo favorisce investimenti poco produttivi che prediligono invece l’opacità e la discrezione. Un po’ come avviene in Italia con il restringimento del credito di cui sembriamo dei veri e propri maestri in Europa.
In tal modo investimenti da attività illecite e lo stesso utilizzo di pagamenti non registrati, favoriscono un aumento della passività della popolazione e un abbassamento del ranking sulla produttività dei singoli paesi dell’Unione europea, come definito dai parametri del Forum economico mondiale. Lo stesso vale anche per i dati sulla trasparenza, che contribuiscono a fare dell’Italia uno dei paesi più corrotti d’Europa. La nostra democrazia, anche per questi motivi, continua a soffocare le aspettative di intere generazioni e di chi è costretto a soffrire per problemi per la cui soluzione basterebbe solo un po' di buon senso. Basti pensare ai tanti concittadini costretti a lasciare l’Italia per paesi come l‘Olanda e la Spagna.
È un fenomeno denunciato tutti gli anni ai rappresentanti dell’ONU, che tuttora si ostinano a non prendere in considerazione la regolamentazione legale della cannabis anche perché, come denuncia Encod, “a Vienna, la guerra alle droghe e la guerra contro il crimine si è fusa in unico ufficio: l’Unodc. Dove metà dell’ufficio produce i crimini per l’altra parte!”. Mentre paradossalmente le cosiddette organizzazioni della società civile presenti negli ultimi summit, pur ampiamente finanziate da George Soros con oltre 200.000$, hanno ottenuto scarsi risultati con una sostanziale non belligeranza tra paesi leggermente progressisti e quelli super-conservatori.
Nel frattempo la continuazione della proibizione, per chiunque non prenda in considerazione politiche alternative, andrebbe considerata un delitto di negligenza criminale ed omissione dei doveri di ufficio.
Il mix di inefficienza e di malaffare di cui sopra è il risultato di varie componenti anche umane. A fronte di varie considerazioni che incoraggiano settori crescenti ad abbandonare il proibizionismo classico, alcuni esponenti di Antimafia e Anticorruzione hanno abbracciato un diverso approccio, proponendo un monopolio statale totale sulla cannabis. Sono gli stessi che devono far rispettare le leggi (razziste) sulle droghe che producono il 50% del fatturato del crimine transnazionale e che sono responsabili di una larga quota della popolazione carceraria.
Come per incanto questi funzionari richiedono che la cannabis sia regolata come il tabacco. Considerando l’autoproduzione e la produzione collettiva facili terreni di conquista delle mafie che oggi attaccano decisamente i grower con alleanze trasversali con settori della polizia come ha denunciato un esponente inglese dei poliziotti antiproibizionisti della Leap- Law Enforcment Against Prohibition.
Molto probabilmente più che come un veleno come il tabacco, la canapa andrebbe trattata come il vino tassando solo gli imprenditori e non la produzione per uso personale. Per altri la pianta andrebbe completamente deregolata, cosa che non avviene neppure per i pomodori o per i polli.
Aspettando il mondo ideale sarebbe importante ricordare l’obbiettivo centrale: la libertà di coltivare. In questo senso l’Italia, eternamente prigioniera del teatro delle ombre, sembra ancora bloccata.
Fortunatamente la ricerca sulle incongruenze insite nel sistema si fa ogni giorno più massiccia, come nel caso degli studi di Carla Rossi della Sapienza che ha fatto un grande lavoro ricerca ed analisi a livello globale e regionale, partendo da una osservazione apparentemente triviale fatta dai ricercatori di inizio secolo. A partire dalla disanima dei dati forniti da Transparency International e Forum economico mondiale sulla trasparenza e la competitività dei singoli paesi, ha scoperto una forte correlazione tra i dati relativi alla corruzione e il narcotraffico. Con riferimenti non solo al denaro proveniente da attività illecite ma anche di come il denaro nero sia poi reinvestito generando massicci effetti di de-potenziamento della società nel suo complesso.
Anche per questi motivi analisi quantitative come quelle di Paolo Caserta e Carla Rossi su corruzione, competitività e mercati illeciti costituiscono le basi di un sistema dove, per dirla con l’ex ministro greco Yanis Varoufakis, la libertà si possa associare finalmente con la razionalità.
di Enrico Fletzer
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Soft Secrets