Canapa medicale, canapa militare
Lo scorso 5 settembre il Governo italiano ha finalmente dato il via libera ad un protocollo per la produzione autonoma di canapa destinata a scopi terapeutici. L'ok definitivo è arrivato dalle ministre Beatrice Lorenzin e Roberta Pinotti, rispettivamente piazzate al ministero della Salute e al ministero della Difesa. Cosa c'entri il dicastero che si occupa di guerra con la canapa medica è presto detto: per decreto governativo, ad occuparsi della produzione e della lavorazione della canapa medicale sarà l'Esercito Italiano, nell'ex regio Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.
Lo scorso 5 settembre il Governo italiano ha finalmente dato il via libera ad un protocollo per la produzione autonoma di canapa destinata a scopi terapeutici. L'ok definitivo è arrivato dalle ministre Beatrice Lorenzin e Roberta Pinotti, rispettivamente piazzate al ministero della Salute e al ministero della Difesa. Cosa c'entri il dicastero che si occupa di guerra con la canapa medica è presto detto: per decreto governativo, ad occuparsi della produzione e della lavorazione della canapa medicale sarà l'Esercito Italiano, nell'ex regio Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.
Lo scorso 5 settembre il Governo italiano ha finalmente dato il via libera ad un protocollo per la produzione autonoma di canapa destinata a scopi terapeutici. L'ok definitivo è arrivato dalle ministre Beatrice Lorenzin e Roberta Pinotti, rispettivamente piazzate al ministero della Salute e al ministero della Difesa. Cosa c'entri il dicastero che si occupa di guerra con la canapa medica è presto detto: per decreto governativo, ad occuparsi della produzione e della lavorazione della canapa medicale sarà l'Esercito Italiano, nell'ex regio Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.
La notizia ha ovviamente fatto storcere il naso a molti ma, stando a quanto affermano congiuntamente le ministre in quota rosa al Governo Renzi, l'impiego delle forze armate per la coltivazione di cannabis a scopi terapeutici è da leggersi solo ed esclusivamente nell'ottica della «salvaguardia del principio attivo e della sua produzione in sicurezza».
Nessuna autocoltivazione dunque: l'unica autonomia da considerare in questa sicuramente storica svolta è quella dello Stato italiano che, dopo quasi vent'anni, si affrancherà dall'onere di importare a caro prezzo (35 euro al grammo circa) le infiorescenze che per decreto aveva reso fruibili ai pazienti affetti da malattie neurodegenerative o soggetti alla terapia del dolore. Il ministro della Sanità, nonché firmataria della nuova legge sulle droghe, ha definito “naïf” le proposte che prevedevano la possibilità di autocoltivare per i pazienti provvisti di regolare prescrizione e ha posto piuttosto l'accento sul risparmio di bilancio per il suo Ministero.
Nei laboratori dello stabilimento fiorentino verranno quindi prodotti farmaci derivati dalla cannabis solo ed esclusivamente a scopo terapeutico, presumibilmente ad alto contenuto di CDB “standardizzato”. Un utilizzo su cui il ministro Lorenzin, nonostante le sue convinzioni marcatamente proibizioniste, non ha nulla da ridire: «Dal punto di vista farmacologico - ha affermato in passato - non ci sono problemi all’uso terapeutico della cannabis: nessuno mette in dubbio gli effetti benefici, ma va trattato come un farmaco».
I farmaci e le infiorescenze prodotti dai militari saranno comunque disponibili solo per determinate tipologie di pazienti: serviranno a lenire il dolore nei pazienti oncologici o affetti da HIV e nel trattamento dei sintomi di patologie come sclerosi multipla, SLA e glaucoma: nel 2013 solo 40 persone hanno avuto legalmente accesso a questo tipo di farmaci.
I prodotti dello stabilimento di Firenze dovrebbero entrare in commercio già a partire dal 2015 ma, nonostante in molti abbiano salutato il nuovo provvedimento del governissimo Renzi con entusiasmo, a noi di Soft Secrets l'idea che per sdoganare la cannabis medica basti mettere la zappa in mano ai militari non convince del tutto... Era davvero necessario l'impiego dell'Esercito per coltivare qualche acro a canapa? L'abbattimento dei costi d'importazione è sul serio l'unico motivo che ha spinto il governo a siglare questo accordo bipartisan? Che senso ha rendere fruibile questo tipo di farmaco, se è la stessa classe medica ad avere ancora pochissime informazioni a riguardo?
A queste e ad altre domande, cercheremo di rispondere alle pagine 18 e 19. Nel frattempo, godiamoci questa piccola seppur fondamentale vittoria: almeno su carta, ora la libertà di cura in Italia pare essere finalmente garantita.