Attivismo finanziario: investire nella cannabis
Sta succedendo qualcosa di emozionante negli Stati Uniti, quello che nessuno riteneva possibile diventa lentamente realtà. Da quando la cannabis viene tollerata in due stati, la legalizzazione completa della cannabis sembra sempre più vicina. Nella cultura americana in cui le imprese contano molto, anche questa rivoluzione non può passare inosservata senza interessanti opportunità di investimento.
Sta succedendo qualcosa di emozionante negli Stati Uniti, quello che nessuno riteneva possibile diventa lentamente realtà. Da quando la cannabis viene tollerata in due stati, la legalizzazione completa della cannabis sembra sempre più vicina. Nella cultura americana in cui le imprese contano molto, anche questa rivoluzione non può passare inosservata senza interessanti opportunità di investimento.
Sta succedendo qualcosa di emozionante negli Stati Uniti, quello che nessuno riteneva possibile diventa lentamente realtà. Da quando la cannabis viene tollerata in due stati, la legalizzazione completa della cannabis sembra sempre più vicina. Nella cultura americana in cui le imprese contano molto, anche questa rivoluzione non può passare inosservata senza interessanti opportunità di investimento.
Soft Secrets ha intervistato Christian Groh, che investe milioni nell’industria della cannabis americana. Nel 2010 Groh ha fondato insieme ai suoi soci Michael Blue e Brendan Kennedy il veicolo d’investimento Privateer Holdings. Si tratta di un fondo di private equity che investe esclusivamente nell’industria della cannabis. Dato che è la prima in questo campo, l’azienda riesce ad attirare molta attenzione mediatica da parte della stampa internazionale.
Soft Secrets: Signor Groh, lei è direttore operativo di Privateer Holdings. Che tipo di attività svolge di preciso in azienda?
Groh: Sono responsabile della gestione quotidiana. Attualmente vuol dire soprattutto lavorare molto per Leafly, il fiore all’occhiello di Privateer. Leafly è una comunità online dove si possono trovare e valutare tipi di cannabis e dispensari.
Non rischia forse la sua carriera futura nel mondo finanziario poiché ha a che fare con la cannabis?
Tutte le persone che fanno parte del nostro team hanno riflettuto bene su questa decisione e ne hanno parlato a lungo con la famiglia e con gli amici. All’inizio pensavamo: per l’amor del cielo, perché abbiamo cominciato tutto questo? Ma in questo momento vediamo molti miglioramenti in diversi ambiti: a livello politico, giuridico, sociale e medico. È un settore in grande movimento. Speriamo di poter raccontare un giorno ai nostri figli che abbiamo contribuito a legalizzare la cannabis.
In che misura fare affari nell’industria della cannabis è diverso dal suo lavoro precedente di banchiere nella Silicon Valley?
In base alla legge, la cannabis è illegale. Non ci sono regole in questa industria, gli imprenditori in questo mercato di solito non sono bravi ragazzi. Infatti è difficile per esempio stipulare contratti o stabilire obiettivi a lungo termine. In California i dispensari vengono assaltati ancora regolarmente, quindi i proprietari in quel luogo si occupano solo del breve termine.
Quando abbiamo iniziato le nostre prime ricerche di mercato tre anni fa abbiamo incontrato parecchi imprenditori alle conferenze. È stata una vera rivelazione, abbiamo capito subito che questi imprenditori non avevano la minima idea di come si gestisce un’impresa legale. Non capivano niente di forme societarie, finanziamenti, legislazione o di audit.
Nonostante sia un mercato ancora abbastanza “grigio”, vediamo che per fortuna diventa sempre più professionale.
Presumiamo che durante le riunioni di Privateer non si faccia passare il narghilè, è così?
È vero, Privateer Holdings è un’azienda in rapida crescita, diretta da tre banchieri esperti. Lavoriamo ottanta ore alla settimana, ci concentriamo sulla costruzione di nuove aziende e forniamo un contributo positivo al dibattito sulla cannabis.
Il settore della cannabis ha ancora l’immagine di essere condotto dagli hippy e dai baroni della droga. Le sue imprese a volte non si scontrano con questi soggetti tradizionali?
Abbiamo reazioni abbastanza positive dalla “vecchia guardia”. Quello che facciamo è una forma di attivismo finanziario. Non protestiamo mettendoci a sventolare la bandiera della cannabis. Noi invece andiamo a Wall Street e in questa sede cerchiamo di avviare un dibattito economico intelligente sulla cannabis. Recentemente siamo stati a Monaco a una conferenza internazionale sul settore del private equity. In questa occasione abbiamo avuto la possibilità di fare un intervento davanti a centinaia di investitori professionali. Questo tipo di attivismo provoca davvero cambiamenti.
I soggetti tradizionali sanno che non siamo interessati solo al denaro. Anche noi vogliamo legalizzare la cannabis. Il nostro approccio è stato accolto bene: impieghiamo un altro metodo ma alla fine perseguiamo lo stesso obiettivo.
L’Uruguay è il primo Paese al mondo che ha legalizzato la cannabis. Vede delle opportunità in questo stato?
Stiamo ancora esaminando l’Uruguay, abbiamo contatti frequenti con le persone che hanno ideato il sistema proposto, che ha suscitato certamente il nostro interesse. Attualmente ci sono altri Paesi che ci interessano maggiormente. Per esempio siamo molto interessati al Canada. A partire dall’1 aprile 2014 la cannabis per uso medico è legalizzata in questo stato. Il sistema è sotto il controllo del Ministero della Sanità canadese.
Quale dovrebbe essere il vostro ruolo nel mercato canadese della cannabis?
Abbiamo fatto richiesta per una licenza di produzione per la costa occidentale del Canada. Attualmente siamo in attesa di una risposta se possiamo ottenere questa licenza.
Questi cambiamenti internazionali avranno un effetto catalizzatore sugli Stati Uniti?
In fondo non ci sono altre alternative per questa industria. Negli Stati Uniti nei prossimi anni l’uso medico della cannabis verrà legalizzato nella maggior parte degli stati. Il lato commerciale di questa situazione, il branding e la creazione della consapevolezza provocano dei cambiamenti e così i pregiudizi spariscono. Se smettiamo di usare le immagini pubblicitarie delle foglie di cannabis e delle donne in bikini e aggiungiamo un marketing un po’ più professionale, l’immagine del settore si modifica da sola. Questo provoca davvero un cambiamento!
Prestate molta attenzione al marketing nelle vostre aziende?
Sì, ci siamo rivolti a una nota agenzia pubblicitaria, la Heckler & Associates, che è stata anche l’ideatrice del marchio Starbucks. Loro sanno, quindi, come si fa a collocare un grande marchio sul mercato. Negli anni Settanta il caffè era un mercato abbastanza semplice, in fondo non c’erano grandi marchi. Quell’industria negli ultimi tempi si è sviluppata immensamente; la stessa cosa succederà nel settore della cannabis.
Ci vuole molto tempo per trasformare una start up in un’impresa che realizzi effettivamente degli utili?
Sì, ma ci siamo abituati. Noi (del team Privateer) veniamo tutti dalla Silicon Valley, le nostre carriere sono cominciate là. Sappiamo come si fa a costruire un’organizzazione versatile partendo soltanto da un’idea. Che si tratti di marketing, di tecnologia dell’informazione e della comunicazione o di finanza, noi abbiamo le conoscenze necessarie. Impieghiamo semplicemente gli stessi metodi per una nuova industria.
Quando avevamo appena rilevato Leafly, il sito internet richiamava circa 100.000 visitatori al mese. Il mese scorso i visitatori erano 3.500.000. All’inizio non c’erano entrate, adesso siamo in pareggio.
Qual è il modello di profitto di Leafly?
Leafly ricava le sue entrate dagli annunci pubblicitari; i dispensari acquistano spazio pubblicitario sul nostro sito. Questo spazio costa da alcune centinaia di dollari fino a 5.000 dollari al mese. Per i consumatori il sito è completamente gratis.
La prima serie di investimenti si è conclusa alcuni mesi fa e ha reso 7 milioni di dollari. C’è molta richiesta di investimenti in cannabis?
I nostri investimenti sono molto richiesti, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. Quei 7 milioni di dollari erano solo l’inizio, fra alcune settimane avvieremo una nuova serie di investimenti con cui intendiamo raccogliere almeno 25 milioni di dollari.
Si tratta di parecchio denaro...
In tutta sincerità 25 milioni non sono veramente molto per una serie di investimenti di private equity. La differenza rispetto ai fondi regolari è che in realtà il nostro settore in passato non ha mai avuto molti finanziamenti esterni. Siamo pionieri in questo campo.
Chi investe nel fondo?
Gli investitori nel nostro fondo sono molto vari, dagli allevatori del Texas alle persone benestanti con una mentalità aperta e tutto quello che si trova nel mezzo. Ma sono tutti investitori privati o ricche famiglie, non ci sono parti istituzionali o aziende. Naturalmente anche il nostro team ha investito molto denaro nel fondo.
Quali sono le motivazioni degli investitori?
I nostri investitori non vogliono solo proventi finanziari ma anche benefici per la società. La maggior parte degli investitori, infatti, decide di partecipare con l’intenzione di farlo a lungo termine; queste persone sostengono le nostre idee. Quello che ci ha molto sorpreso è che i nostri investitori non rientrano in un profilo politico comune.
Le ricerche dimostrano che i cosiddetti “sin stocks” (investimenti in tabacco, alcol, pornografia, armi, ecc.) raggiungono profitti proporzionalmente elevati. Considera “sin stocks” i suoi investimenti?
Un “sin stock” viene considerato immorale e contrario all’etica, non è così? Crediamo che un divieto sulla cannabis sia immorale e contrario all’etica.
Ma pensa che i vostri investimenti si comporteranno come “sin stocks”?
Il tabacco fa parte più delle sostanze che creano dipendenza, alla cannabis effettivamente è associato anche un elemento di benessere. Mai un medico ha prescritto il tabacco. Ma dal punto di vista finanziario la cannabis si comporta proprio come sin stock. Infatti la domanda di cannabis non è elastica e quindi le azioni, proprio come con l’alcol e il tabacco, ottengono rendimenti relativamente elevati.
Parlando dell’elemento benessere, tradizionalmente l’attenzione negli Stati Uniti è rivolta moltissimo all’uso medico della cannabis. Voi investite anche nei mercati ricreativi?
La cannabis è la tendenza dominante, adesso vediamo la possibilità di scoprire questo mercato globale. Come pionieri ci troviamo nella condizione di esplorare diversi tipi di aziende, fra cui le aziende attive sul mercato ricreativo.
Nel Private Equity viene riservato un ruolo importante all’exit strategy, un modo per vendere un’azienda che è cresciuta. Che tipo di exit strategy avete in mente?
Il nostro obiettivo prima di tutto è quello di creare un’ampia gamma di marchi. A un certo punto anche le multinazionali passeranno a questo settore. Dovranno farlo, quando la cannabis sarà sugli scaffali vicino all’alcol non avranno altra scelta. Già adesso vediamo che i consumatori scelgono sempre più spesso la cannabis per sostituire l’alcol. Una volta si spendevano 20 dollari per gli alcolici, adesso si comprano alcolici per 10 dollari e cannabis per 10 dollari. Alla fine questo tipo di aziende cercherà di rilevarci per guadagnare anche in questo campo.
E quotarsi in borsa?
Quotarsi in borsa è molto difficile; sarebbe molto più interessante essere rilevati.
Attualmente vediamo che moltissime aziende approfittano dell’aumento della richiesta di investimenti nella cannabis, fra queste ci sono anche alcune aziende inaffidabili e ambigue. Che cosa ne pensa?
Ci piace! Apprezziamo gli imprenditori con idee diverse. Veniamo dalla Silicon Valley, lì gli investitori non vengono puniti se un’azienda fallisce. Quasi tutti i bravi imprenditori hanno avuto un’avventura fallimentare. Noi vogliamo incoraggiare gli imprenditori a proporre nuove idee e a sperimentarle sul mercato. Al momento con un capitale relativamente modesto si può avviare un’azienda nel settore della cannabis. Questa situazione somiglia moltissimo alla Silicon Valley a metà degli anni Novanta. Questo ci piace, vale a dire che assicura una concorrenza sana.
Tre anni fa avevamo solo alcune start up da selezionare. Attualmente ogni settimana riceviamo decine di piani aziendali e la qualità migliora sempre. Vediamo che il mercato sta cambiando lentamente, diventa sempre più professionale.
Ma i truffatori non rovinano l’immagine?
Sì, certo, ma i truffatori ci sono in tutti i settori. Appena questo mercato si svilupperà maggiormente e diventerà più strutturato, i truffatori scompariranno da soli. Lo vediamo già negli stati di Washington e del Colorado dove la cannabis è stata legalizzata. In questi stati gli imprenditori devono sottoporsi a un controllo dei precedenti e a un audit, ciò spaventa le persone sbagliate. Semplicemente non sanno come affrontare queste verifiche. Noi siamo a conoscenza proprio di quel tipo di procedure e questo ci dà un vantaggio rispetto ai truffatori.
Quante start up avete esaminato finora? In che modo gli imprenditori possono rivolgersi a voi?
Gli anni scorsi abbiamo parlato con almeno mille start up e lo facciamo ancora. Gli imprenditori possono contattarci attraverso il nostro sito
www.privateerholdings.com, lì possono anche presentarci i loro piani aziendali.
Siete interessati anche alle start up europee?
Assolutamente! Siamo aperti alle buone opportunità in tutto il mondo. Viaggiamo in tutto il mondo e spesso in Europa, quindi non c’è problema. Invitiamo tutti a presentarsi con nuove idee!