Addio autocoltivazione
Con lo stralcio voluto dal Partito Democratico ed avvenuto dietro alle porte chiuse del Comitato ristretto, il disegno di legge voluto dall’Intergruppo di Benedetto Della Vedova per la legalizzazione della cannabis si è trasformato in un clamoroso niente di fatto. Dopo due anni di promesse, campagna elettorale e concertazioni che avrebbero dovuto portare ad una vasta depenalizzazione di tutte le condotte associate alla cannabis, la politica italiana ci ha regalato l’ennesima delusione, eliminando completamente questa voce dal testo definitivo.
Lo scorso 30 maggio Roberto Farina, uno dei componenti dell’Intergruppo in quota PD e trai i primi firmatari, ha infatto pubblicato sulla sua pagina Facebook il testo integrale approvato dal Comitato ristretto a seguito della disamina degli oltre 2000 emendamenti che gli sono stati opposti lo scorso luglio. Un documento che mira a spaccare il movimento antiproibizionista tra pazienti e non pazienti, che spinge sull’inesistente discrimine tra gli effetti sulla salute provocati da uso ludico e terapeutico e infine trasforma i pazienti in semplici clienti. Si tratta infatti di un intervento normativo eclusivamente limitato all' uso terapeutico che in parte fotografa quanto già e in parte si sovrappone a competenze ministeriali che la politica avrebbe potuto esercitare efficacemente ben prima. In ben altra direzione, ben altra complessità ha avuto il dibattito sviluppatosi in questi anni nel Paese e in Parlamento. Nello specifico la proposta voluta in primis dal PD non menziona nemmeno la coltivazione per uso personale, che da sempre è la principale richiesta avanzata dai singoli pazienti e dalle associazioni. A livello pratico nulla cambierebbe, dunque, anche se venisse approvato il testo di legge.
Stando a questa proposta, tutto rimarrebbe nelle mani dell’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che, nonostante i poveri risultati espressi in ormai 2 anni di attività, viene confermato nel nuovo testo come “unico centro di produzione finora accreditato”, al quale però si potrebbero aggiungere altri “centri” autorizzabili nel caso in cui l’ente militare non dovesse raggiungere le quote di produzione stabilite, come già ampiamente dimostrato con la prima partita di FM2. cui Con la bocciatura della nuova legge elettorale e la legislatura agli sgoccioli, la politica ha altro a cui pensare ed è poco probabile che il testo venga discusso entro il 2018. Se approvata, questa “nuova legge” porterebbe sicuramente dei benefici diretti ai pazienti, oltre a promuovere la ricerca e lo studio sulle genetiche, sebbene relegandoli ad un ad un contesto militarizzato o comunque strettamente autorizzato. Altrettanto sicuramente, però, questa proposta non soddisfa a pieno le richieste di tutti i pazienti, dei consumatori, dei sostenitori e degli amanti della cannabis: una riforma, annunciata come rivoluzionaria che, semmai riuscisse a terminare il suo iter istituzionale prima della fine dell’attuale legislatura, finirà per confermare quanto già implementato negli ultimi 10 anni. Chiamare questa un’occasione mancata è solo un pallido eufemismo. di Giovanna Dark