Il mondo che verrà
Dal 9 al 17 marzo si apre a Vienna la 58ma conferenza sulle droghe narcotiche delle Nazioni Unite. L'incontro precede di pochi mesi la Sessione Speciale della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, sollecitata da tre paesi dell'America Latina come Colombia, Messico e Guatemala. Una svolta epocale, auspicata da un vasto fronte riformatore e di fronte al probabile allargamento degli stati nordamericani che legalizzeranno produzione e distribuzione della cannabis proprio come sostiene apertamente Barak Obama.
Dal 9 al 17 marzo si apre a Vienna la 58ma conferenza sulle droghe narcotiche delle Nazioni Unite. L'incontro precede di pochi mesi la Sessione Speciale della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, sollecitata da tre paesi dell'America Latina come Colombia, Messico e Guatemala. Una svolta epocale, auspicata da un vasto fronte riformatore e di fronte al probabile allargamento degli stati nordamericani che legalizzeranno produzione e distribuzione della cannabis proprio come sostiene apertamente Barak Obama.
Dal 9 al 17 marzo si apre a Vienna la 58ma conferenza sulle droghe narcotiche delle Nazioni Unite. L'incontro precede di pochi mesi la Sessione Speciale della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, sollecitata da tre paesi dell'America Latina come Colombia, Messico e Guatemala. Una svolta epocale, auspicata da un vasto fronte riformatore e di fronte al probabile allargamento degli stati nordamericani che legalizzeranno produzione e distribuzione della cannabis proprio come sostiene apertamente Barak Obama.
È un contesto piuttosto diversificato rispetto alla Ungass del 1998, dove l'italiano Pino Arlacchi, direttore dell'antidroga mondiale, aveva lanciato tra gli applausi dei delegati un piano decennale con lo slogan “ Un mondo libero dalla droga. Possiamo farcela”. Piano che, oltre a produrre le ulteriori conseguenze inattese universalmente note, e con l'irrealistica promessa di ridurre o addirittura eliminare cannabis, papaveri e coca dalla faccia della terra ebbe come conseguenza una pesante perdita di credibilità dell'Ufficio Droghe e Crimine. Una scarsa credibilità che perdura a quasi venti anni di distanza dall'era Arlacchi, tanto che anche i proibizionisti duri e puri cercano di prendere le distanze dalle fanfaronate di cui sopra, pur mantenendo l'impianto punitivo.
A differenza di allora, molti paesi ed organizzazioni sono divenuti più espliciti. Non solo reclamano la riduzione del danno ma anche degli approcci sperimentali riguardanti la regolamentazione della produzione e del consumo della cannabis. Una prospettiva molto evidente negli eventi paralleli: alcune organizzazioni progressiste sembrano cercare il confronto con gli ex fautori della linea dura. Un fenomeno curioso che sembra mettere in crisi chi pensava alla riduzione del danno come un movimento che di per sé esprimesse una critica fondamentale al proibizionismo.
Tra gli eventi paralleli, che vanno dai metodi investigativi della polizia antidroga russa fino alle virtù officinali della foglia di coca, vanno segnalati due incontri organizzati da Encod con l'associazione slovena Onej, il gruppo austriaco di lavoro ce promuove la cannabis come medicina naturale con bassi effetti collaterali Arge-Canna e dal collettivo italiano Pazienti Impazienti Cannabis, che affronteranno la repressione dei pazienti e l'utilizzo della canapa in terapia.
Sono visioni del mondo e pratiche che si incroceranno con la presenza sempre più vocale di una piccola pattuglia di pazienti ed attivisti legati ai gruppi che vogliono definitivamente in soffitta la Single Convention. Non è possibile creare distinzioni o associazioni troppo manichee ma questo fronte più genuino pare rappresentato dal coordinamento europeo per politiche giuste ed efficaci sulle droghe e dai tutori della legge contro il proibizionismo della statunitense Leap, che presenteranno già il primo giorno una riformulazione completa dei trattati. Molte voci di opposizione fondamentale vengono anche dai gruppi di studenti per una politica sensata sulle droghe che mettono alla berlina le politiche fin qui seguite, secondo lo slogan “la guerra alla droga è una guerra contro di noi”.
Molto probabilmente la maggioranza dei paesi vorrebbe continuare la politica del business che non mette in discussione il consenso assenso alle politiche fin qui seguite ma il fatto che proprio negli USA ci sia un vento così forte per la regolazione della produzione della cannabis rende improbabile una soluzione al ribasso.
A parte le plenarie spesso soporifere, pare interessante il basso profilo adottato da alcune organizzazioni che lavorano ormai in maniera poco trasparente, se non in termini quasi clandestini. Basti pensare non solo e non tanto al campo della collaborazione di polizia ma soprattutto al settore della rieducazione dei consumatori problematici, con una convergenza quasi infernale tra la Russia di Putin, la Svezia della Regina Silvia, passando per la Comunità di San Patrignano.
Dopo Vienna toccherà al Parlamento Europeo saggiare la strada per far sì che l'Europa non rimanga esclusa dalla riforma globale che molti si augurano poter sbocciare a New York. Anche perché l'anno passato una trentina di europarlamentari hanno risposto positivamente alla richiesta di Encod di firmare il Manifesto per Politiche Sicure e Sane sulle Droghe nella Unione Europea, un manifesto che ricalca in gran parte le raccomandazioni del rapporto stilato dall'europarlamentare siciliano Giusto Catania e che prevede un approccio non repressivo alla cannabis e alle altre sostanze. Molti di loro sono stati eletti anche grazie ai voti antiproibizionisti. A questi si sono aggiunti anche l'intera rappresentanza della Lista Tsipras, ancora piuttosto tiepida sulla questione, nonostante l'adesione personale del giovane leader greco che mi ha confessato un certo imbarazzo per le disastrose politiche sulle droghe seguite finora dal suo paese.
L'idea di organizzare una conferenza al Parlamento Europeo nasce anche dalla necessità di promuovere un approccio alle politiche sulle droghe nell'Unione Europea basato sulle raccomandazioni mai realizzate (seppur proposte) dal Parlamento Europeo il 15 dicembre 2004, sulla base dell'evidente fallimento della riduzione significativa della offerta e domanda delle droghe illegali. Una politica dimostratasi fallimentare a livello planetario. E che aveva fatto evocare al Parlamento Europeo la possibilità di una legalizzazione della canapa. Parole rimaste al vento e mai messe in pratica.
La conferenza in progettazione con l'eurodeputato irlandese Luke Flannagan dovrebbe includere membri del Parlamento Europeo, rappresentanti della Commissione Europea, rappresentanti della società civile, esperti nel campo di politiche delle droghe, poliziotti, legali, giudici, medici, operatori di strada, sindaci, rappresentanti locali, ricercatori come pure associazioni di consumatori e di pazienti.
Nel corso degli ultimi dieci anni nessun Piano di Azione delle istituzioni europee ha preso in considerazione le raccomandazioni votate a maggioranza dall'Europarlamento. A confermare l'impressione sempre più diffusa che il processo decisionale delle politiche europee sulle droghe é un processo che avviene a porte chiuse rispetto al controllo parlamentare, per non parlare dei cittadini coinvolti dal fenomeno e pesantemente penalizzati dal proibizionismo. Ma ora i tempi potrebbero essere maturi, anche perché, dopo le elezioni greche e spagnole una cosa è certa: i cittadini ribollono e nuove strade sembrano possibili. Dipende da noi.