Il fertilizzante: bio o minerale?
Viaggiando qua e là per l'Europa ho notato la sempre maggior cura nel distinguere e valorizzare la produzione dell'erba.
Viaggiando qua e là per l'Europa ho notato la sempre maggior cura nel distinguere e valorizzare la produzione dell'erba.
Viaggiando qua e là per l'Europa ho notato la sempre maggior cura nel distinguere e valorizzare la produzione dell'erba. Sia nei numerosi club spagnoli, sia nei coffeeshop olandesi, accanto al nome dello strain si può trovare l'indicazione "di provenienza" se biologica o minerale. Spesso la distinzione è tra organic e hydro, nel senso di biologica coltivata in terra e idroponica coltivata con fertilizzanti minerali. Questa specificazione, oltre ad aggiungere valore al prezzo di mercato, è un valore aggiunto per chi cerca prodotti propriamente puliti, cioè senza accumuli di fertilizzante (nitrati ad esempio). Per ora mi sembra una buona semplificazione per i cannaloverz, o meglio i cultori della cannabis.
Andare sul bio per non incappare in eccessivi residui della fertirrigazione è un ragionamento che funziona nel generale. In un futuro verranno bandite le erbe non flushate correttamente, quindi bio non sarà più sinonimo di pulizia. Ma per ora prendo il bio come un bollino di qualità, una sorta di paleodisciplinare di produzione di qualità. Effettivamente al giorno d'oggi è un ragionamento corretto, ma nasce dalla facilità con cui si può incappare in un eccesso quando si dosano fertilizzanti minerali: è più facile sbagliare coi fertilizzanti minerali rispetto a quelli organici, perché non bisogna dimenticare che anche i fertilizzanti organici possono dar luogo a fenomeni di accumulo (ricordo studi di accumuli di nitrati nell'insalata dovuti ad una eccessiva concimazione azotata con liquami da allevamento).
I dati dei ricercatori ci indicano una leggera differenza tra i prodotti di derivazione biologica e minerale: le rese sono di poco superiori con la concimazione minerale ma il contenuto di antiossidanti e altre sostanze di alto interesse biologico ottenuto è maggiore con la concimazione organica. Nella coltivazione della cannabis i risultati sarebbero questi ma nella realtà dei fatti la cannabis diffusa è poco pulita, quindi la facilità di eccedere nelle dosi tipica della fertilizzazione minerale trova maggior riscontro. Scegliendo bio si evitano erbe mal pulite, generalmente, anche se questo discorso è riferito in realtà al flushing e non al fertilizzante usato. Una idroponica minerale ben flushata è diversa da una biologica ben flushata, ma non per questo è da considerarsi "sporca".
Io evito le erbe mal flushate, oltre che coltivate male: non hanno un buon sapore. Mentre quando si tratta di prodotti ben coltivati allora credo sia una questione di gusti personali, come i gusti del gelato, a me piace poco l'Amnesia e amo il sapore di arancia della Agent Orange. Quando si coltiva per autoconsumo è una priorità puntare ad un prodotto di massima qualità, senza scoraggiarsi è fattibile anche in meno di un metro quadrato ottenere fiori da competizione. Sapevo di uno che aveva vinto cannabis cup con 400 watt in 80 per 80 centimetri, un grande incoraggiamento per chi opera in spazi ridotti. Non ricordo che erba avesse presentato, ma era sicuramente pulita perché sarebbe stato un difetto che alla giuria presente allora non sarebbe certamente sfuggito.
Il flushing è un argomento che tratteremo nel prossimo articolo, sul seguente numero di Soft Secrets Italia, ora andiamo però a vedere le differenze tra concimazione minerale e concimazione organica.
Utilizzando un fertilizzante minerale la scelta ricade su quei composti, generalmente dei sali, molto semplici e di facile dissociazione ionica meglio conosciuti come fertilizzanti a rapida assimilazione. Si tratta di materiali provenienti dalle miniere, dai giacimenti o dall'industria della chimica. Nel mondo occidentale sono sempre più disponibili e sono i protagonisti indiscussi dell'agricoltura professionale da circa cinquant'anni. In quelle parti del mondo dove non vi è una così grande industria delle lavorazioni chimiche può divenire un problema, per via degli eccessivi costi di trasporto, l'approvvigionamento di fertilizzanti minerali. In taluni casi è la coltivazione estensiva ad essere la causa della inoperabilità ed insostenibilità logistica dei fertilizzanti minerali.
I nutrienti organici invece sono quella categoria di fertilizzanti di origine biologica contenenti sostanza organica, altrimenti meglio spiegabile con carbonio e singoli nutrienti legati assieme. Dai tempi remoti l'uomo ha imparato ed utilizza il letame maturo e i liquami provenienti dalle stalle degli animali come fertilizzante sano ed ineguagliabile. Prima della rivoluzione chimica erano il sovescio e il compost ad integrare la concimazione con letame maturo nei campi. Al giorno d'oggi le dinamiche di mercato, le logistiche di distribuzione e soprattutto le differenti leggi ambientali rendono svantaggioso l'utilizzo di fertilizzanti organici nelle moderne colture intensive. Il problema difatti degli ultimi decenni, conosciuto come "impoverimento del suolo" altro non è che la continua depauperazione di carbonio da parte delle nostre colture moderne e minerali che non tengono conto dell'asporto di carbonio (sotto forma di sostanza organica) causato ai suoli di coltivazione.
Praticando la concimazione organica l'impatto ambientale è decisamente minore, ma non nullo in quanto troppi liquami, come ho già scritto, possono essere la causa dell'eccessivo accumulo di nitrati nelle colture e di conseguenza avere risvolti negativi spiacevoli sulla salute del consumatore finale. Un problema pratico, che però non ho mai visto porsi tra i coltivatori indoor più grossi, è lo smaltimento delle acque reflue contenenti numerosi residui di fertilizzante non utilizzato o ancora peggio dilavato (non utilizzato dalle radici e sciacquato via dalle acque di irrigazione). I nitrati tranquillamente scaricati nelle fogne o ancora peggio nei campi vicino a casa possono costituire un grave problema, dando luogo al paradosso del coltivatore organico attento alla salubrità della sua erba, mentre avvelena il suo orto e quello del vicino...
Ancora peggio quando si tratta di coltivatori fuori suolo che quindi optano per fertilizzanti minerali e scaricano quindi quantità enormi di acque inquinanti da rendere realmente attuale la domanda: è sostenibile la coltivazione indoor in mano dei cowboy della chimica? Non che serva una laurea in chimica e fisiologia delle piante coltivate ma son sicuro che se mai dovesse divenir legale, non dovrebbe esser permesso a chiunque di inquinare così tanto.
I concimi organici sono molto più bassi in titolo (quindi in contenuto) e l'apporto quindi di nutrienti è legato all'attività del suolo che, tramite il processo conosciuto come mineralizzazione, rende disponibili i nutrienti per l'assorbimento da parte delle radici delle piante. Da ciò se ne deduce una minore facilità di errore per l'utilizzatore e quindi una generalizzata miglior qualità da aspettarsi al momento del consumo. Quando in un futuro ipotetico sarà legalizzata la produzione, allora i coltivatori dovranno scegliere che indirizzo dare alle loro produzioni: un'azienda produttrice di prodotti vegetali biologici non può operare con fertilizzanti minerali.
Certamente anche la gestione diventa un poco più complicata, si dovranno predisporre degli spazi di stoccaggio del fertilizzante che nelle versioni di derivazione organica possono essere ad esempio dei fermentati da conservare a temperatura di cantina se non in una cella frigorifera a temperatura controllata nel caso di grandi spazi e grosse necessità. Qualche coltivatore che conosco in Spagna ha scelto di utilizzare il biologico quando glielo permette la propria casetta e per il resto del tempo integrare con un fertilizzante minerale di più semplice gestione. Qualche altro, specie nelle zone più remote e con più spazio e risorse a disposizione, ha invece preferito rimanere sul biologico totale, ma si tratta di grossi produttori con animali da allevamento che forniscono come sottoprodotto un ottimo concime biologico, il letame.
In questo caso la disponibilità locale di sottoprodotti di altre lavorazioni rende conveniente l'utilizzo di un materiale a bassissimo costo. Le moderne aziende agro-zootecniche smaltiscono l'eccesso di reflui organici vendendolo a prezzi convenientissimi alle vicine aziende agricole, che andranno spargendolo sui propri campi contribuendo allo smaltimento di una sostanza di per sé inquinante.
Nel caso di coltivatori indoor in vaso con terriccio vi sono differenti fermentati liquidi con base zuccherina pronti per l'utilizzo, anche se i più grandi come estensione che conosco e lavorano biologico preferiscono intervenire prima sul substrato, arricchendolo e mescolandolo con fertilizzanti organici (ad esempio pellettati) di modo da non dover stoccare un gran numero di litri di fertilizzante organico. D'altronde, è un poco strano a metà articolo ma lo spiegherò ora, gli elementi necessari alla crescita dei vegetali sono azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo. I primi tre sono denominati nutrienti fondamentali in grande quantità ed è per questo che sono riportati in etichetta su ogni fertilizzante e concime disponibile in commercio. Quel codice ternario presente in etichetta sono le convenzioni in percentuale dei primi tre nutrienti: azoto, fosforo e potassio. Per convenzione sono riportate le percentuali in cui sono presenti: per esempio 2-15-2 , che è il titolo di un guano molto famoso di pipistrello, significa che contiene il 2% di azoto, il 15% di fosforo ed il 2% di potassio.
Gli altri elementi indispensabili per la crescita delle piante sono i meglio conosciuti micronutrienti e sono Molibdeno, Rame, Zinco, Boro, Manganese, Ferro, Cloro. Le carenze dovute ai microelementi sono rare, nessuno si spaventi, la corsa ai microelementi non deve portare a preoccupazioni inutili. Un litro d'acqua del rubinetto e un terriccio di comune acquisto sapranno apportare il dovuto fabbisogno di oligoelementi.
Coltivare con un fertilizzante minerale significa apportare alla soluzione circolante (nel terreno o in idroponica) questi nutrienti in una forma direttamente assorbibile dalle radici, mentre l'utilizzare un fertilizzante organico significa apportare sostanza organica mista a nutrienti in varie forme chimiche che andranno lavorati dalla pedofauna esistente nel terreno al fine di renderli assorbibili a loro volta dalle radici.
Le piante assorbono gli elementi nutritivi dalla soluzione circolante nel terreno tramite le radici e gli elementi sono disciolti nell’acqua formando la cosiddetta soluzione circolante. Una coltivatrice di indoor olandese mi ricordava sempre la semplicità con cui installava growroom totalmente automatizzate grazie alla semplicità di utilizzo dei fertilizzanti minerali e in effetti quando provò la coltivazione biologica rimase abbastanza infastidita dall'approccio più contadino e meno da laboratorio richiesto dall'impianto e tornò alla coltivazione minerale senza pensarci due volte. Il discorso cambiò il giorno che incontrò i fertilizzanti organo-minerali, ossia quelle miscele di nutrienti studiate per coniugare i due approcci organico e minerale in un compromesso molto valido per il coltivatore commerciale che non vuole rinunciare ad un prodotto sano e biologico.
Alla luce di ciò, spero di aver chiarito un poco le idee a chi si avvicina alla coltivazione indoor della cannabis. Alla domanda se chimico o biologico, preferisco rispondere "purché sia fatta bene" in quanto sono fermamente convinto si ottengano prodotti superiori lasciando crescere ed esprimere la genetica dello strain senza forzarne eccessivamente il metabolismo. Un pensiero, una riflessione direi, da farsi prima di iniziare è quindi quale approccio alla coltivazione è più adatto a noi.
Nei growshop europei si trovano numerosi prodotti disponibili, di tutte le marche conosciute e da tutto il mondo. Molte marche in commercio offrono delle linee complete, cioè il risultato di un loro studio in merito alla nutrizione delle piante pronto in diverse boccette da utilizzarsi secondo la tabella generalmente allegata. Il vantaggio di affidarsi ad una marca di fertilizzanti permette di poter sorvolare su numerose preoccupazioni (fabbisogni, carenze, eccessi, etc...). Per cominciare un coltivatore principiante potrebbe affidarsi a una linea completa o magari affidarsi all'esperienza del negoziante che molto spesso raccoglie l'esperienza dei suoi clienti a cui ha già consigliato una determinata marca.
Quando iniziai, lessi su dei forum online qualche report e decisi di emularne uno. Da quel primo ciclo cambiai non so quante case di fertilizzante prima di leggere effettivamente un'etichetta e capire che nutrienti stavo aggiungendo e quando. La differenza utilizzando linee complete la fanno l'acqua di partenza e la mano del grower, per un principiante però ricordo andava benissimo qualsiasi fiore purché autoprodotto. Ah che bei tempi quando l'erba aveva ancora un mondo di sapori da scoprire! Non che ora non sia così, ma crescendo sono divenuto più esigente e i nuovi sapori me li aspetto dalla genetica, quindi dai breeders, non più da un fertilizzante o da un altro.
Nel prossimo articolo parlerò di flushing, la pulizia cioè dei fiori dai residui di fertilizzante assorbito. Buone fioriture!