Cannabis terapeutica e patente di guida

13 Jan 2021

Utilizzare cannabis terapeutica comporta svariate difficoltà, le principali delle quali sono trovare un medico che la prescriva adeguatamente e poter contare su un rifornimento continuo e stabile di cannabis di qualità.


Consumatori di cannabis terapeutica come muoversi in caso di problemi con la patente.

Quando, però, il paziente in cura con cannabis è anche possessore di patente di guida, subentra una terza e non trascurabile vicissitudine, quelle implicate da un controllo stradale o dal rinnovo del documento.

Come comportarsi, quindi, quando la cannabis rappresenta la vostra terapia, ma i medici della Commissione patente vi reputano non idonei alla guida? Come dimostrare di essere idonei alla conduzione di un veicolo, a seguito di un controllo stradale e nonostante la positività ai cannabinoidi? Come pretendere ulteriori verifiche mediche che garantiscano la vostra possibilità di guidare?

Lo abbiamo chiesto agli avvocati Miglio e Simonetti di www.tutelalegalestupefacenti.it

 

Cannabis terapeutica e patente, intervista agli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti.

 

SSIT: Qual è il tipico problema di chi conduce un veicolo e al contempo utilizza cannabis con finalità terapeutiche?

 

Il problema è che il paziente può trovarsi nella condizione di dover guidare e, dunque, di rischiare d’essere sottoposto a controllo su strada a cui segue, di prassi, l’accompagnamento all’ospedale per poter essere sottoposto alle analisi delle urine e del sangue. Il rischio che ne consegue è, nonostante si assuma la sostanza per uno scopo esclusivamente terapeutico, quello di essere trovato positivo al principio attivo della cannabis (a cui segue la contestazione del reato ex art. 187 Codice della Strada).

SSIT: Quindi posso mettermi alla guida se consumo cannabis per uso terapeutico?

Come per ogni tipo di farmaco assunto prima di guidare, i pazienti che assumono cannabis terapeutica possono guidare solo a condizione che la loro capacità di guida non risulti alterata dal farmaco. Di base, ci deve essere un atto di coscienza da parte del paziente, la capacità di autodeterminarsi e la responsabilità di mettersi alla guida in modo lucido. Questi non sono (certamente) argomenti di valore giuridico ma, di senso civico e rispetto sociale. Nel particolare, il Decreto Lorenzin (allegato, par. 4.5), non prevede un espresso divieto di guida dopo l’assunzione di farmaci a base di cannabis e statuisce che «I soggetti in terapia, inoltre, dovrebbero essere esentati dalla guida di veicoli o dallo svolgimento di lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica per almeno 24 ore dopo l’ultima somministrazione con cannabis per uso medico».

SSIT: Cosa succede nel caso i pazienti consumino cannabis terapeutica quotidianamente?

Chiaramente, per i pazienti che hanno la prescrizione giornaliera di cannabis, è la Commissione Medica a dover valutare se – considerato il dosaggio – il soggetto sia idoneo alla guida, ma non essendo previsto un espresso divieto di guida dopo l’assunzione di farmaci a base di cannabis – il paziente deve responsabilizzarsi e mettersi al volante solamente dopo aver fatto trascorrere un lasso temporale tale da ritenersi pronto a guidare con riflessi tali da evitare il rischio di incidente.

SSIT: È possibile conseguire la patente di guida ovvero ottenerne il rinnovo nel caso di assunzione di farmaci a base di cannabis?

I medicinali a base di cannabis sono farmaci a tutti gli effetti e quindi devono seguire la sorte clinico-scientifica che gli spetta, anche per quanto riguarda l’argomento patente e cannabis. Quanto appena detto, infatti, trova fondamento nella legge, ovvero nell’Allegato III del decreto legislativo n. 59 del 18.04.2011

In particolare, ai sensi del paragrafo “F.2.1”:

- “Gruppo 1”: «La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente che abusi o faccia uso abituale di qualsiasi medicinale o associazione di medicinali nel caso in cui la quantità assunta sia tale da avere influenza sull’abilità alla guida. La relativa valutazione della sussistenza dei requisiti di idoneità psicofisica per la guida di veicoli a motore è demandata alla Commissione medica locale».

- “Gruppo 2”: «La Commissione medica locale tiene in debito conto e valuta con estrema severità i rischi e pericoli addizionali connessi con la guida dei veicoli che rientrano nella definizione di tale gruppo. La validità della patente, in questi casi non può essere superiore a due anni».

Dunque, in disparte il prevedibile giudizio di “estrema severità” della Commissione Medica Locale, è certamente possibile che il paziente che assuma cannabis possa essere ritenuto idoneo alla guida quando si reputi che il farmaco assunto non incida sull’abilità alla guida.

SSIT: Nel caso in cui la Commissione Medica Locale decida per la non idoneità alla guida, come è possibile tutelarsi giuridicamente?

Contro il giudizio di inidoneità alla guida della Commissione Medica Locale è possibile presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale entro 60 giorni dal verdetto.

L’obiettivo è quello di dimostrare che il giudizio negativo della Commissione Medica non consenta di comprendere se la quantità di cannabis assunta su prescrizione medica sia tale da influire sulla sua abilità alla guida. In alternativa, il conducente che non condivide il giudizio emesso dalla Commissione Medico Locale può effettuare (a sua richiesta ed a sue spese: il costo varia da Euro 250,00 ad Euro 500,00) una nuova visita medica presso un’Unità Sanitaria Territoriale di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana). In tale occasione, nella maggioranza dei casi, è possibile richiedere la presenza di un proprio medico al fine di intraprendere un dialogo più proficuo e completo di quello seguito in Commissione Medica. La consegna del nuovo certificato presso gli Uffici della Motorizzazione Civile deve avvenire entro 120 giorni dalla data del giudizio espresso dalla Commissione Medica Locale: il termine di 120 giorni può essere riconsiderato qualora gli eventuali ritardi siano imputabili ai tempi di attesa per l’espletamento della visita medica.

[caption id="attachment_42283" align="aligncenter" width="800"] Cannabis terapeutica e patente. Come comportarsi quando si è pazienti in cura con la cannabis terapeutica per la propria patente di guida.[/caption]

SSIT: Quali sono le possibilità di assoluzione nel caso in cui ad un paziente venga contestato il reato di guida sotto l’effetto di sostanza stupefacente?

L’articolo 187 Codice della Strada prevede che, ai fini della punibilità, il conducente debba essere alterato e quindi manifestare la tipica sintomatologia tale da far presumere un’inidoneità alla guida. Allo stesso tempo deve esser dimostrata scientificamente l’assunzione di sostanza stupefacente (esame sangue/urine). Nel caso di un paziente tale accertamento appare (quasi) inutile: egli è certamente positivo alla cannabis in quanto l’assume per scopo terapeutico. Differente, invece, è l’approccio per quel che riguarda lo stato di alterazione. E' infatti opportuno che il paziente, soggetto a controllo su strada, insista sin da subito affinché in ospedale venga sottoposto a visita medico-legale, al fine di accertare il suo stato di lucidità e di orientamento nello spazio. Infine, qualora il paziente sia dotato di ricetta in corso di validità e non sia stato trovato nello stato di alterazione alla guida, ma chiaramente positivo alla cannabis, sarà necessario prendere contatto immediato con la magistratura al fine di ottenere una rapida archiviazione del procedimento penale.

SSIT: Cosa vi sentite di consigliare ai tutti questi pazienti?

Qualora si dissenta dal giudizio della Commissione Medica Locale e vi sia una lesione della propria libertà di movimento, l’azione giudiziaria resta l’unica strada disponibile anche al fine di contribuire a creare dei precedenti utili nella materia della cannabis per uso terapeutica e patente.

SSIT: Il codice stradale punisce la guida in stato di alterazione e non il consumo di cannabis. I test che dovrebbero verificare questo stato di alterazione, però, sono poco accurati e non sono in grado di stabilire univocamente uno stato di alterazione incongruo alla guida. Il fatto che si sospendano patenti nonostante questo evidente paradosso non rappresenta un'indebita estensione dell'attività sanzionatoria? Credete possibile chiedere dei risarcimenti sotto questo profilo, magari sotto forma di class action?

Ad onore del vero, per verificare lo stato di alterazione di un paziente alla guida non vi sono degli strumenti di metrologia come ad esempio l’autovelox o l’etilometro. Lo stato di alterazione (ovvero gli indici sintomatologici per i quali si ritiene la persona non idonea alla guida) è descritto dagli agenti operanti i quali, talvolta, si improvvisano “medici su strada” e descrivono la sintomatologia in maniera tutt’altro che corretta e, molto spesso, aggettivando stati sintomatologici ricorrenti anche e normalmente in ordinarie condizioni. Si pensi, uno per tutti, al concetto di “stato agitato e papille dilatate”: chi è che di notte, per esempio, con una luce puntata negli occhi non si sentirebbe agitato e non avrebbe quale reazione quella proprio delle papille dilatate? Detto questo, è bene che la persona denunciata sia assistita giuridicamente in tutte le fasi ed impostando sin dall’inizio la corretta impostazione strategica al fine di evidenziare immediatamente la verità documentale a integrazione di quella a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Con riferimento, infine, alla possibilità della “class action” (ovvero un ricorso congiunto di tutti i pazienti) non ne possiamo suggerire l’opportunità anche in considerazione del fatto che l’accertamento medico è diverso da paziente a paziente. Suggeriamo, invece, di unire le forze al fine di rivolgersi ai tribunali in maniera conforme dal punto di vista tecnico ed affrontare tutti assieme la battaglia giudiziaria con una univoca impostazione difensiva da utilizzare processo per processo e visita medica per visita medica.

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