PEDANIOS: la cannabis terapeutica canadese sbarca nel belpaese

Soft Secrets
29 Aug 2018

PEDANIOS/ AURORA è la ditta canadese che lo scorso gennaio ha vinto il bando ministeriale per importare 100 chili di cannabis terapeutica nel nostro paese. Oggi incontriamo il suo amministratore delegato per l’Italia, Andrea Ferrari insieme alla direttrice tecnica, Annunziata Lombardo. Le loro parole di tecnici del settore provenienti da una realtà come quella canadese aiuteranno il lettore italiano a farsi un’idea più chiara sul nostro sistema, sulle sue lacune e su come possano essere colmate a beneficio dei pazienti. Attualmente tutte le tre le genetiche per le quali avete vinto il bando sono distribuite in Italia?


A.F. Il bando è stato vinto per Pedanios 22/1, Pedanios 8/8 e Aurora 1/12. Queste 3 varietà coprono la gamma completa: alto THC/basso CBD, THC e CBD equivalenti, basso THC/alto CBD. Al momento abbiamo consegnato un totale di 66 chili, due terzi dei quali sono la genetica 22/1 e un terzo dei quali sono quella 8/8. Entro la fine di giugno arriverà anche la terza varietà e stimiamo di aver completato l’esportazione dei 100 chili richiesti.

Quali indicazioni terapeutiche hanno le tre varietà? In Canada per quali patologie sono prescritte?

A.F. Le indicazioni sono quelle comprese nel Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015: l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali, l'analgesia nel dolore cronico in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace, l'effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali, l'effetto stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell'anoressia nervosa, l'effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali, la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard. Rispetto all’Italia l’uso a paziente in Canada è più elevato poiché molto usato in terapie palliative e pazienti terminali.

Secondo le vostre stime questi primi 100 kg verranno terminati in che lasso di tempo?

A.F. I primi 100 kg sono stati ordinati nel giro di 5 settimane dall’assegnazione del bando in gennaio. Anche se le consegne non sono ancora state terminate si può dire che la quantità sia già esaurita per soddisfare l’arretrato.

I pazienti avranno i 3 farmaci durante l’estate?

A.F. Probabilmente no e sarà necessario un altro bando, ma siamo già in ritardo [NDR. 5-6-2018] perché, ipotesi: se il bando verrà fatto entro fine luglio e verrà assegnato a settembre, in mancanza di ricorsi, il farmaco tornerà ad arrivare verso ottobre/ novembre.

Facciamo un paragone con la Germania. Nel 2018 quanta cannabis produrrete per la Bundesrepublik Deutchland?

A.F. Prevediamo circa 1.500 kg per la Germania su un mercato totale di stimati 4-6.000 chili. Il consumo medio in Germania a differenza dell’Italia, dove si stima che in media un paziente consumi circa 50/75 grammi all’anno, è di 3 grammi di infiorescenze su base giornaliera. A differenza dell’Italia dove per la maggiore il medicamento viene ingerito sotto forma di estrazione, in Germania viene consumato prevalentemente per via inalatoria, quindi l’efficacia è ridotta e se ne deve assumere di più.

Essendo la vostra ditta abituata a lavorare in un contesto come quello canadese, quali miglioramenti sono auspicabili per rendere questo medicamento accessibile come qualunque altro farmaco?

A.F. Bisognerebbe rendere i nostri prodotti disponibili tramite distributori privati così come i prodotti Bedrocan. Ovviamente abbiamo già preso i contatti con i 6 grossisti operanti nel vostro paese, ma l’importazione dipende da un permesso ministeriale e in questo caso, fino ad ora, il Ministro, non ha intenzione di dare questo tipo di permessi che aprirebbero il mercato, preferendo invece mantenere il controllo attraverso monopolio. In secondo luogo le tempistiche dei bandi sono lente e con prezzi al ribasso che diventano poco interessanti dal punto di vista commerciale per una ditta privata, vanno bene per entrare nel mercato, ma non sono sostenibili nel lungo periodo. Per essere chiari, il nostro prezzo di vendita medio è circa di 2,5/ 3 euro al grammo. Lo Stato rivende alle farmacie a 6,88 euro quindi il margine è più che interessante, ma non per noi produttori. In ultimo, in un mercato in forte espansione, mancano stime affidabili sui fabbisogni. I dati storici hanno poco significato perché le previsioni che vengono fatte a livello regionale sono eseguite in base ad un coefficiente di aumento che può andare bene per farmaci in commercio da 20 anni, ma non per un farmaco la cui richiesta aumenta esponenzialmente negli ultimi anni. Mancando l’offerta la domanda reale non viene soddisfatta, è come una profezia che si auto avvera, creando scarsità nell’offerta anche la domanda si adegua.

Secondo voi sono più i pazienti che ricevono il farmaco a pagamento o dispensato dal Sistema Sanitario regionale?

A.L. Quelli che lo ricevono mutuabile saranno solo il 20-30% del totale, considerato che tutto dipende dagli impieghi terapeutici riconosciuti da regione a regione e quindi se il paziente non rientra è costretto a pagare.

Quali sono le difficoltà nello sviluppo di questo settore?

A.L. La gestione della sostanza è complessa perché dopante, stupefacente, off label ed è contemporaneamente dall’uso lecito ed illecito e solo la prescrizione medica ne è la discriminante. Poi c’è molta burocrazia per i medici che prescrivono: il consenso informato, la prescrizione in sé, la scheda dati e nel caso che sia riconosciuto come mutuabile nella regione in questione anche il piano terapeutico. Io comprendo la voglia dei pazienti di velocizzare, ma se si vuole offrire un farmaco con tutte le garanzie bisogna procedere in maniera rigorosa e soprattutto omogenea. Lo scopo è quello di armonizzare la gestione della cannabis in ambito medico e farmaceutico attraverso linee guida comuni e protocolli standard.

Che lei sappia in Canada si sono mai verificate rotture di stock come lo scorso anno qui da noi?

A.F. Non so, ma consideri che la nostra capacità produttiva dopo l’ultima acquisizione di Medrelieg è di 570.000 chili e non siamo gli unici produttori. Il problema è che l’Italia esige un prodotto ad-hoc che non viene richiesto in nessun altro paese per tipologia di varietà, data di scadenza e trattamento ai raggi gamma.

In che senso un prodotto ad hoc?

A.F. Nel capitolato tecnico del bando vi erano dei paletti: primo la data di scadenza del prodotto a 12 mesi, la genetica deve essere stabile per un anno, mentre in altri paesi come il Canada o la Germania la scadenza è di 6 mesi perché questo farmaco, vista la richiesta, viene distribuito celermente. Secondo, per soddisfare questa scadenza il prodotto deve essere irraggiato con raggi gamma che servono per garantire un livello microbiologico più sicuro, abbattendo il carico batteriologico di eventuali batteri, muffe o funghi. L’irraggiamento insomma va ad uccidere gran parte della parte organica, comprese molte parti del fitocomplesso. Fare produzioni di piccolissimi lotti ad-hoc diventa problematico e si allungano i tempi di consegna perché si tratta di produrre su ordinazione e senza poter disporre di un magazzino.

Quindi se il farmaco distribuito in Germania non viene gammato si può dire che a livello di fitocomplesso sia qualitativamente migliore che quello esportato in Italia?

A.L. Per affermarlo bisognerebbe fare dei test sul prodotto specifico prima e dopo la gammatura.

 

 

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