Svolte regionali
Nel Novembre del 2010, il disegno di legge (DDL) "Modalità di erogazione dei farmaci e delle prescrizioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche" fu presentato nelle Regioni Lazio e Lombardia.
Nel Novembre del 2010, il disegno di legge (DDL) "Modalità di erogazione dei farmaci e delle prescrizioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche" fu presentato nelle Regioni Lazio e Lombardia.
Nel Novembre del 2010, il disegno di legge (DDL) “Modalità di erogazione dei farmaci e delle prescrizioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche” fu presentato nelle Regioni Lazio e Lombardia. Si trattava della migliore legge possibile, nell’ambito della legislazione vigente, ed è stata realizzata partendo dal basso, grazie alla partecipazione delle associazioni del settore: Pazienti Impazienti Cannabis (PIC), Associazione Cannabis Teraputica (ACT) e Associazione Luca Coscioni (ALC).
In seguito questo DDL è stato presentato per l’approvazione anche in altre sette Regioni: Toscana, Veneto, Liguria, Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna e Umbria.
Ebbene, giunto il 2012, il 2 maggio, a Firenze, è stata scritta un’altra pagina della storia del Bel Paese, con l’approvazione del DDL anche da parte della Regione Toscana.
Inizialmente il Partito Democratico toscano fece la proposta di legge 58, autorizzando la cannabis solo per la terapia del dolore e le cure palliative, di coloro, cioè, che non rispondono più ai trattamenti specifici, con la morte come conseguenza diretta. Si trattava quindi di una legge sbagliata, che non avrebbe portato la cannabis a tutti i bisognosi. A quel punto, le tre Associazioni, unite alla LILA Toscana (Lega Italiana Lotta all’AIDS), intervennero per porre le modifiche necessarie. La Toscana era la prima Regione italiana a vagliare la proposta e non poteva passare una legge ingiusta.
Le associazioni sulla cannabis, più unite d’un tempo grazie anche i punti in comune trovati con la nascita dell’Ascia (Associazione Sensibilizzazione Canapa Autoprodotta in Italia), si sono quindi impegnate in un’opera d’informazione, al fine di porre dei cambiamenti nella legge.
Grazie alla collaborazione di Federazione della Sinistra e dei Verdi, fu quindi presentata la proposta di legge 72, con i cambiamenti utili, e fu organizzato in convegno a Firenze, con esperti internazionali di questa terapia miracolosa e l’eccezionale intervento in video conferenza di Lester Grinspoon, l’autore dei più completi libri sulla cannabis, tra cui Marihuana Reconsidered.
Dopo l’audizione d’esperti e associazioni e l’unificazione dei due progetti di legge (58 e 72) da parte della Commissione Sanità, si è finalmente giunti alla condivisione di un testo privo di limitazioni a differenti categorie di malati.
Secondo la legge, i farmaci cannabinoidi esteri (Bedrocan, Sativex, Marinol etc.), potranno essere erogati in “strutture ospedaliere ed a queste assimilate” (day hospital, ambulatori, etc.), ma anche a domicilio, senza spese, in pazienti a dimissioni assistite.
Nel caso della Toscana la legge è passata soprattutto grazie al buon senso dei consiglieri della sinistra, mentre quelli di Lega, PDL e UDC manifestavano dubbi e perplessità sulla presunta efficacia dei cannabinoidi. Durante l’intervento in aula consigliare, posti come esempi da seguire, si è pure parlato della coltivazione statale canadese e di come in Israele, dove esiste un intero ospedale dedicato alla sperimentazione della cannabis, sia somministrata con successo agli anziani nelle case di riposo.
Dopo la Toscana, l’approvazione del DDL è passata il 3 agosto in Liguria, dove però non sono state ascoltate le associazioni. La legge ligure ha dei meriti ma anche delle mancanze: da l’opportunità, per esempio, di prescrivere la cannabis solo ad alcuni specialisti ospedalieri (anestesisti, rianimatori, oncologi, neurologi e oculisti), escludendo tutti gli altri. La legge avrebbe quindi bisogno di correzioni, che potrebbero giungere con una mozione, se solo il Consiglio Regionale avesse l’umiltà d’ascoltare le associazioni.
Purtroppo, poi, il Consiglio dei Ministri, verso la fine di settembre, ha impugnato la legge ligure davanti alla Corte Costituzionale, per una manciata di motivi futili. Secondo il governo, per esempio, il termine “Preparazioni Galeniche” (rimedi a partire da erbe grezze) – da Galeno, il medico d’epoca romana che prescriveva la cannabis per il mal d’orecchi e stimolare il piacere – utilizzato nella legge per alcune categorie di farmaci cannabinoidi, sarebbe obsoleto e andrebbe sostituito con uno moderno. Fino qui niente di difficile, quindi, ma dispiace per Galeno e le sue conoscenze.
Un’altra contestazione giunta dal governo è stata posta sulla ripetibilità delle ricette del Servizio Sanitario Nazionale e delle ricette bianche senza intestazione. Queste due ricette sono in realtà equivalenti, l’intestazione sulla ricetta bianca manca solo per mancata convenzione del medico con il SSN, mentre la ripetibilità o meno della ricetta dipende dal medicinale prescritto e non dal tipo di ricetta.
Il governo non è nemmeno convinto, per fare un altro esempio, dell’ipotesi di “convenzione con lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze per la produzione e lavorazione di Cannabis medicinale coltivata in Italia”, perché l’ente non avrebbe le specifiche autorizzazioni, anche se in realtà basterebbe un timbro.
Un governo, insomma, con l’urgenza di mettere il bastone di Asclepio nella ruota della salute dei cittadini bisognosi, anche se, dopo Liguria e Toscana, a metà settembre, pure il Veneto ha approvato il DDL. Questa volta ad unanimità, 48 voti su 48, di tutti gli schieramenti, prevedendo la distribuzione gratuita del farmaco negli ospedali e nella farmacie, ma anche la produzione in loco dell’erba presso il Centro per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura di Rovigo e la successiva trasformazione in farmaco da parte dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Ciò renderebbe i cannabinoidi reperibili a prezzo di costo per i pazienti, sempre che il governo non abbia altre urgenze, ponendo delle vane questioni come nel caso della Liguria, mentre la gente soffre.
Le approvazioni delle leggi avvenute finora ad ogni modo non bastano e servirà vigilare sulle varie future delibere regionali, atte a rendere attuativa la distribuzione. Quello che veramente manca, terminando, è un Ufficio per la Cannabis Medica, in funzione d’agenzia e registro, gestito dal Ministero della Salute, come previsto dalle convenzioni dell’Onu e come presente in Olanda e Canada. Lo stesso Centro di Ricerca di Rovigo, coordinato dal dottor Grassi, potrebbe occuparsi di questo compito, rendendo meno cavillosa la legiferazione in materia, a beneficio dell’intera salute nazionale.
Questo perché scuse come quelle del Governo sono all’ordine del giorno, come quelle dei medici che non vogliono prendersi la responsabilità di prescrivere la marijuana. Quel che necessita l’Italia per essere avanguardia mondiale in questa terapia, quindi, è solo la cultura.