Shakespeare in love (with weed)

Exitable
04 Oct 2015

History Cannabis


History Cannabis

“Scrivi sobrio, edita sballato”: così consiglia lo scrittore e antropologo Jeremy Narby. 500 anni fa però le cose sembra andassero in modo diametralmente opposto, almeno per quanto riguarda uno dei più famosi poeti della storia. A portare la questione agli occhi delle cronache è stato l'antropologo ed archeologo Francis Thackeray della University of the Witwatersrand di Johannesburg, che lo scorso luglio ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta su alcune pipe ritrovate nella casa di William Shakespeare. È emerso infatti che nel cottage di Stratford-upon-Avon si facesse uso abituale di cannabis.

La notizia è comparsa qualche tempo fa sul Daily Mail, dopo essere stata pubblicata con tutti i crismi accademici dal South African Journal of Science, ed ora la domanda che sorge spontanea è se effettivamente il Bardo scrivesse sotto l'influsso dei verdi fumi della nostra amata piantina. Le prove paiono quanto meno schiaccianti... Stando a quanto hanno riportato le maggiori testate giornalistiche, il gruppo di ricercatori sudafricani ingaggiati da Thackeray ha potuto analizzare nel dettaglio la composizione chimica dei frammenti delle pipe provenienti dal giardino della casa del poeta e di quelli limitrofi. Il risultato? I pezzi di pipa del terreno di Shakespeare riportavano evidenti tracce di marijuana, mentre quelle provenienti dai giardini vicini, secondo gli studiosi, erano usate prevalentemente per le foglie di coca.

Sul South African Journal of Science, il professore spiega come ha ottenuto i 24 frammenti di pipa vecchi di ormai oltre 400 anni dalla Shakespeare Birthplace Trust e che tipo di analisi chimiche sono state portate avanti per far emergere i residui delle sostanze fumate. Una tecnica relativamente recente che combina l'utilizzo di un gascromatografo a quello di uno spettrometro di massa: il primo separa i composti chimici presenti nel campione mentre il secondo funziona da rivelatore. Quello utilizzato dai ricercatori del team di Thackeray costituisce uno dei metodi analitici più avanzati e consente l'identificazione e la quantificazione di sostanze organiche pressoché su qualsiasi tipo di superficie.

L'analisi chimica dei frammenti è andata avanti ininterrottamente negli ultimi 10 anni ed è legata – almeno da un punto di vista accademico – ad un presunto ritratto di Shakespeare presente in un libro del 1597. Nell'Herbal di John Gerald, un illustre botanico elisabettiano, vengono infatti presentati i “nuovi tipi di tabacco” arrivati dalle Indie Occidentali grazie a Francis Drake e a sir Walter Raleigh, e – stando a quanto ha affermato lo storico Mark Griffiths – tra le figure ritratte nel frontespizio è possibile riconoscere il Bardo come quello che gli studiosi chiamano “il quarto uomo”.

Ora, nonostante la puntualità dei dati, non può ovviamente essere dimostrato con certezza che Shakespeare facesse uso abituale di marijuana. Eppure i risultati di questo studio indicano che la cannabis era chiaramente diffusa tra gli abitanti della casa del poeta nel periodo in cui lui viveva lì: dei 24 frammenti analizzati, ben 8 contenevano residui di cannabis e 4 di questi provenivano direttamente dalla casa di Shakespeare.

C'è poi un secondo indizio che suggerirebbe la propensione del Bardo verso la cannabis rispetto alle foglie di coca o di tabacco. Niente a che vedere con la chimica ma comunque considerabile una fonte di prima mano. Nel Sonnet 76, composto per esprimere la frustrazione dello scrittore riguardo la sua ripetitività nelle tematiche (quasi esclusivamente amorose), Shakespeare scrive di una “invention in a noted weed” che molto rudemente potrebbe essere tradotto e interpretato come un verso in cui si magnificano le proprietà di stimolazione artistica e creativa della marijuana. Poco prima, nello stesso componimento, il poeta fa infatti riferimento ad un'altra “compound strange” cui preferisce non farsi associare: i filologi inglesi pensano che questo strano “compound” possano essere le foglie di coca e che Shakespeare fosse consapevole dei suoi effetti, preferendo evitarli.

Se i ricercatori quindi escludono la possibilità che il Bardo facesse uso di cocaina, non scartano invece l'idea che il poeta fumasse marijuana, vista anche la cerchia di persone dalle quali era circondato, e considerato poi il clima di generale apertura verso queste sostanze. Durante il periodo elisabettiano infatti, è risaputo che sia la cannabis che le foglie di coca erano considerate valide alternative al tabacco e venivamo consumate abitualmente, senza lo stigma sociale che il proibizionismo gli ha inoculato forzosamente alcuni secoli dopo.

Lo stesso professor Thackeray, ricordando la popolarità delle sostanze atte ad alterare la percezione negli ambienti artistici, scrive: “Ci si può facilmente immaginare lo scenario in cui venivano rappresentate le opere alla corte della Regina Elisabetta, in compagnia di Drake, Raleigh e degli altri che fumavano pipe di argilla piene di 'tabacco' ”. Non osiamo immaginare cosa abbiano provato gli spettatori alla prima del Macbeth...

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