Marijuana, vegetalismo e stili di vita di Enrico Fletzer
Jeremy Narby è molto conosciuto per le sue esperienze nella giungla amazzonica dove tuttora lavora per le organizzazioni non governative. Libri come Il serpente cosmico ed Intelligenza in Natura sono dei best seller a metà tra le visioni dello sciamanismo e la biologia molecolare occidentale, a partire da un viaggio nella Valle del Pichis, nella Amazzonia peruviana.
Jeremy è protagonista di eventi culturali che trattano di sciamanismo e di un approccio critico alla "scoperta delle Americhe". Con lui abbiamo parlato di sciamanismo, di vegetalismo e del suo amore per la canapa.
SSIT: Pensi che sia possibile per degli occidentali diventare dei vegetalisti? Per esempio in Brasile ci sono dei movimenti che sono ispirati dalle piante psicotrope come il Santo Daime, Uniao do Vegetal e molti altri. La mia domanda riguarda il fatto che alcuni antropologi come Giorgio Samorini tenderebbero a negare la possibilità per praticanti occidentali di sperimentare il vegetalismo. Secondo questa posizione non è possibile al di fuori deLA regione dove le piante sono usate tradizionalmente, facendo a pugni con la questione del set e del setting, ovvero delle circostanze adeguate all'utilizzo. Che ne pensi?
Recentemente ho conosciuto molti occidentali che hanno studiato seriamente con dei maestri amazzonici e che stanno iniziando a sapere quello che stanno facendo. Dieci o quindici anni fa questi personaggi erano ancora più rari, se non inesistenti. A questo punto invalidare tutti gli occidentali in tutte le situazioni mi sembra un'espressione un po' estrema. Forse lo ha detto dieci anni fa, e se lo ha detto, potrebbe aver avuto ragione. Voglio però aggiungere che quando ero giovane ed ho fatto degli esperimenti con l'LSD, senza una guida, una “sperimentazione selvaggia” con i miei amici, sapevo di correre dei rischi, ma ho anche imparato molto su di me e sul mondo che mi circonda, e soprattutto sul potenziale della mente umana e dell'immaginazione. In tal senso la sperimentazione con piante sciamaniche e sostanze psichedeliche può avere senso. Vi è una chiara parte sperimentale del vegetalismo occidentale, con rischi ed opportunità.
SSIT: Che pensi dell'uso di cannabis come risorsa mentale. Pensi che piante come la canapa possano essere utili?
Ogni pianta è come un altro pianeta. Quel che è vero per le misture di ayahuasca non è vero per la datura, che a sua volta non è vero per la cannabis, che a sua volta è diversa dai funghi psilocibinici. Ogni volta bisogna ricomincare da capo. Come prima cosa è importante sottolineare come alcune piante non sono tranquille. La datura non è tranquilla e le autorità europee hanno ragione ad avvisare le persone sui pericoli di fare esperimenti con la datura.
La cannabis è un'altra questione. Mi capita di essere un amico della cannabis e alla cannabis è capitato di essere mia amica. Ma io riconosco che la cannabis non è per tutti. Alcune persone diventano deboli, nauseate e anche paranoiche, e non si godono l'esperienza. E per quelli che la apprezzano, il problema che è additiva, almeno quanto lo è il caffè. Ho scoperto che la cannabis non è necessariamente facile da utilizzare. Mi ci son voluti degli anni per fare una specie di alleanza con la pianta. E quella alleanza richiede disciplina ed un'igiene di vita per farla rimanere costruttiva.
Riguardo al fatto che essa possa esser utile, ho scoperto che mi aiuta a comporre i testi. “Scrivi sobrio ed edita sballato”, come recita il proverbio. È vero che io tendo ad essere una persona piuttosto razionale tanto per iniziare, così che la cannabis mi rende un po' più sciolto, o più umano, può pure femminizzarmi un filino, e farmi pensare in spirali più che linee diritte. Per qualcuno che è meno razionale, e forse meno motivato, la cannabis può essere demotivante, e non necessariamente una buona influenza per la propria vita. Può essere destrutturante e confondente, ed impigrire la gente. Sballarsi e guardare la televisione è una ricetta per la depressione. Io penso che il consumo di cannabis ha bisogno di esercizio per la maggior parte del tempo, di occuparsi con qualcosa. Ed io considero la meditazione, o anche una respirazione coscente, come fare qualcosa.
Io penso che sia interessante guardare a cosa una pianta o una sostanza fa alle persone. La prima cosa da osservare è la loro vita. Sono felici e sani, stanno bene. Oppure la loro vita è un disastro?
In quanto amico della cannabis, io penso che sia importante avere una buona vita da mostrare, esser sani e coerenti. Sì, la cannabis può essere una risorsa mentale, ma penso che sia uno strumento delicato. Come ogni strumento, è a doppio taglio: può portare alla conoscenza e al potere, ma può essere anche abusato. Ha una parte oscura sulla quale potrebbero esser scritte delle pagine.
Ogni pianta è complicata, come una palla di cristallo sfaccettata, e puoi inquadrare diversi aspetti da angolature diverse. La cosa imporante è di cercare di avere delle conversazioni mature sulle complessità.
SSIT: Come opera Nouvelle Planète per aiutare e proteggere la foresta indigena e cosa hai imparato dal popolo Ashanica?
Dal 1989, con l'organizzazione svizzera Nouvelle Planète, abbiamo sostenuto le iniziative delle organizzazioni indigene della Amazzonia peruviana, per ottenere i titoli di proprietà della terra, per costituire delle scuole bilingui ed interculturali per i loro bambini, dove essi possano imparare la loro lingua e cultura, come pure spagnolo e scienza. Altri progetti includono la tutela della salute per il villaggio, uno studio dentistico, nutrizione, preservazione della conoscenza botanica, artigianato, arboricoltura, piscicultura e un corso di difesa legale. Sono tutti progetti che ha proposto la gente stessa. Il nostro compito è di trovare i fondi che servono per realizzarli. In genere sono piccoli progetti ma che tuttavia hanno bisogno di denaro per esser realizzati.
Un esempio di un progetto che noi sosteniamo con gli indigeni ashanica della valle dell'Apurimac, una delle più grandi regioni produttrici di cocaina del mondo; con coloni che hanno invaso la zona, ma ci sono zone libere dove vivono gli Ashaninca circondati dai coltivatori di coca. Noi li aiutiamo ad imparare e pratichiamo una produzione di alberi sostenibile che gli permette di produrre legno duro per il mercato, preservando la foresta e creando al contempo un'alternativa all'economia del narcotraffico. Questo progetto combina scienza e conoscenza indigena, silvestricultura commerciale con know how ashanica ed aiuta i popoli indigeni dell'Amazzonia ad operare in circostanze difficili per cercare di sopravvivere.