Il canapaio

Exitable
30 Nov 2015

Una storia medica. Parte IiI


Cannabis medicinale: dalle società antiche agli utilizzi contemporanei

Una premessa a questa ultima parte sugli utilizzi storici della cannabis come aiuto prezioso per la salute: stando agli ultimi studi e alle ultime scoperte, il sistema immunitario e il sistema endocannabinoide sono la stessa cosa. Nel diciannovesimo secolo assistiamo ad una rinascita della cannabis come medicinale: dalle traduzioni di testi arabi dell’undicesimo e dodicesimo secolo del barone Sylvestre de Sacy, in cui l’hashish è usato anche per le sue proprietà terapeutiche; al trattato di William O’Shaughnessy “On the Preparations of Indian Hemp, or Gunjah” del 1839.

O’Shaughnessy riporta l’efficacia degli estratti di cannabis su pazienti sofferenti di tetano, colera, rabbia e convulsioni infantili (ricordiamo che in India da sempre la cannabis è una delle piante più utilizzate nella medicina Ayurvedica). Nella metà del secolo in Francia lo psichiatra Moreau de Tours usa l’hashish nello studio della pazzia. Fa assumere ad un suo assistente 90 grammi di estratto: dopo 1 giorno di “fuorissimo” e due giorni di sonno l’assistente si riprende con una gran fame e nessun sintomo collaterale. De Tours conclude che di hashish “non si può morire”!

Lo stesso trattamento lo riserva Carlo Erba ad un suo assistente, ed arriva alle stesse conclusioni.

In Italia intorno al 1850 c’è un gran fermento in campo medico, e le più importanti personalità del momento utilizzano la cannabis: Longhi, Verga, Brugo, Mascherpa, Carlo Erba, Polli, Mantegazza, Lombroso, Giacosa, Valieri... Erba importa da Calcutta il seme della ganja con la quale si preparavano gli estratti in Europa, lo coltiva vicino a Pavia e ricava litri di estratto per le sue farmacie. Raffaele Valieri, verso la fine del secolo, apre all’ospedale degli Incurabili di Napoli un “gabinetto di inalazione” dove agli asmatici, invece di somministrare i “sigaretti di canapa indiana” importati da Calcutta (che erano cari...), prova a usare la canapa locale, coltivata nelle tenute del conte Spinelli (si, è proprio il suo nome...).

“Anche Suor Teresa si convinse della bontà del preparato... Le donne preferiscono la pipa...” C’è un bellissimo libro di Samorini, L’erba di Carlo Erba, che vi consiglio di leggere. Piero Arpino nel 1909 scrive un ricettario farmaceutico comprendente 48 malattie curabili con preparati a base di cannabis: Hashish, Cannabis Indica: notizie storiche,chimiche, fisiologiche, terapeutiche.

Il suo approccio alla sostanza è bellissimo: “...potranno così gli appassionati di emozioni nuove, di ebbrezze fantastiche, e quelli specialmente cui natura fu avara di salute o prodiga di malanni, trovare nel buon uso di questa sostanza psichica una soddisfazione alla loro bramosia di piacere i primi; mitigazione o guarigione ai loro affanni gli altri...” In tutte le farmacie d’Italia (fino a intorno al 1950), ma anche d’Europa e del resto del mondo si vendevano estratti e tinture di cannabis, e gli erboristi usavano la radice, i semi e la parte contenente la resina in numerose preparazioni.

Utilizzate per ridurre i dolori, le infiammazioni, per ridurre la sensibilità del sistema nervoso, contro gli spasmi e le convulsioni, contro il mal di testa, i dolori mestruali, l’ansia, l’asma, gli avvelenamenti. E ancora contro la perdita di peso, l’atrofia muscolare, la fatica, la debolezza, mal di denti, gastralgia, tumori cerebrali, erpes zoster... Nel 1899 l’inglese Walter Dixon scrive On the pharmacology of Cannabis Indica: “Nei casi dove si desidera un effetto immediato la sostanza dovrebbe essere fumata, il fumo inalato dovrebbe passare attraverso l’acqua”.

Il problema in questo periodo era che i preparati erano spesso molto dissimili fra loro in quanto ad efficacia, ed anche un preparato simile, ma fatto con partite diverse, poteva essere molto diverso negli effetti. Nel 1937 ci fu la prima mossa per proibire la cannabis medicinale, con il “marijuana tax act” negli Stati Uniti: già dopo 4 anni, nel 1941, la cannabis era stata rimossa dalla farmacopea di quel paese. Nel 1961 (e gli anni successivi), con il primo trattato internazionale per far sparire questa pianta magica, praticamente in tutto il mondo si bloccò l’utilizzo di un medicamento prezioso, economico e facilmente disponibile a livello locale.

Nel 2005, visto il grande e rinnovato interesse per questa medicina così importante, la corte suprema degli USA ha dichiarato l’uso terapeutico di cannabis illegale ad un livello federale, nonostante diversi stati ne consentano e regolarizzino il consumo. Sempre nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) chiede agli Stati di cambiare le leggi sulla cannabis perché i medici possano tornare ad utilizzare un medicamento tanto importante. Dal 2007 medicamenti a base di cannabis possono essere prescritti da un medico anche in Italia, anche se ancora troppo pochi professionisti del settore sono coscienti (o non vogliono esserlo) della validità e dell’importanza di questo “dono degli Dei”.

Nel 1964 Raphel Mechoulam isola il Tetra-Idro-Cannabinolo, il principale costituente psicoattivo della cannabis (siamo proprio sicuri che sia il principale?). Nel 1975, dopo studi commissionati dalla DEA (Drug Enforcement Agency) al Medical College of Virginia, che avevano dimostrato come la cannabis sia efficace nel ridurre con successo diversi tipi di tumori, la DEA e il National Institute of Health ordinarono la sospensione di ogni finanziamento per successive ricerche e relazioni sull’utilizzo della canapa usata contro i tumori!

Negli anni ’90 si scopre che esistono recettori per i cannabinoidi, ed un’intero sistema endocannabinoide deputato a mantenere l’omeostasi fra i vari sistemi del corpo. Le scoperte su questo sistema vanno in gran parte a ricercatori italiani: Di Marzio, Izzo, Russo, Piomelli, Bifulco, Appendino, De Petrocellis, Bisogno. Si fanno ricerche sui vari cannabinoidi: attualmente se ne sono individuati circa 120, più almeno altrettanti terpeni, anche loro molecole con attività farmacologica, più una quarantina di flavonoidi, potenti antiinfiammatori.

Si sperimentano e si comparano le attività di cannabinoidi puri e di fitocomplessi (tutte le sostanze attive contenute in una varietà) e si realizza che il fitocomplesso ha più attività farmacologica, e che alcune sue componenti possono bilanciare e annullare o ridurre effetti collaterali spiacevoli che possono insorgere con molecole pure. Ad esempio il CBD è antipsicotico e ansiolitico, mentre il THC da solo può indurre psicosi o ansia: l’unione fra i due elimina gli effetti spiacevoli, prolunga l’effetto totale, elimina i picchi (gli alti e bassi nelle fasi dell’effetto) del THC e diventa più efficace in quanto ad effetti terapeutici.

Oltre al THC e al CBD si stanno studiando gli effetti di diversi cannabinoidi “minori” e dei singoli terpeni, ma la sinergia fra le 400 e più sostanze attive contenute nella cannabis è qualcosa di molto difficile da comprendere appieno. Come dice il dott. Grinspoon, “ognuno deve essere libero di sperimentare la varietà ed il modo di assunzione che è più utile e confacente ad ogni singolo individuo, ed ognuno così può trovare la combinazione (la varietà) che più è efficace nel singolo caso”- Ogni cellula del nostro corpo può produrre endocannabinoidi, ed ogni sistema del nostro organismo è influenzato dalla presenza o meno di queste sostanze. L’unica fonte di sostanze che si legano e stimolano gli stessi recettori degli endocannabinoidi è la Cannabis. Ad oggi, si sono individuati 18 endocannabinoidi che si legano ad almeno 42 recettori.

Abbiamo uno studio (Greenhouse Medical) che combina 18 endocannabinoidi, 32 fitocannabinoidi (quelli della pianta) e 42 recettori, e che ci mostra una rete di migliaia di possibili interazioni che mantengono il controllo sulle reazioni vitali di ogni organismo. Non dimentichiamoci del potere curativo e nutrizionale dei semi di canapa, ricchi di omega 3 e 6 in proporzione bilanciata e ottimale per il nostro organismo (solo i semi di canapa hanno una proporzione bilanciata di omega 3 e 6), contenenti tutti gli aminoacidi, anche quelli che il nostro corpo non riesce a sintetizzare, ricchi di proteine, principalmente edestina e albumina, facilmente digeribili anche da bambini e anziani.

Stimolano la produzione di endocannabinoidi, hanno un’azione antiinfiammatoria generale, sono efficaci (con un uso costante) contro le malattie degenerative e autoimmuni, regolano il bilanciamento dei grassi nel corpo, abbassano il colesterolo cattivo e alzano quello buono, sono efficaci contro l’osteoporosi, le sindromi premestruali, il diabete, le malattie cardiovascolari e tutti i problemi dell’epidermide. Ci sono poche ricerche, e principalmente prove aneddotiche, ma sembra che la linfa della cannabis abbia potenti qualità terapeutiche. La metà circa dei cannabinoidi sono in circolazione nella pianta, in forma acida e non psicoattiva.

L’assunzione di un centrifugato di materiale fresco (non foglie grandi, le foglie primarie possono essere tossiche perché trattengono tutte le sostanze di rifiuto, non utilizzate, della pianta: quando ne sono sature ingialliscono e cadono) è ricco di cannabinoidi ma non provoca nessun effetto psicoattivo, quindi si possono assumere quantità di cannabinoidi decisamente più alte che in altre forme. Sembra che il centrifugato di infiorescenze fresche abbia potenti proprietà antiinfiammatorie e stimolanti del sistema immunitario. Da ricerche recenti, sembra che anche la canapa industriale, poco considerata finora come medicinale, abbia potenti qualità terapeutiche. Gli estratti e le preparazioni ricavati da queste varietà sono poveri di THC (l’unica sostanza vietata della cannabis) e ricchi di CBD (non psicoattivo). Alcune di queste varietà hanno anche uno spettro di terpeni molto interessante.

Il CBD da solo non è molto efficace, se non a dosi molto alte. In fitocomplesso ne basta un decimo per avere la stessa azione. Per tanti anni, per colpa del proibizionismo, da una parte si sono cercate, selezionate e create varietà sempre più ricche di THC. Dall’altra si sono cercate, selezionate e create varietà sempre più povere di THC. Ci si è accaniti su una sola molecola, dimenticandosi di tutto il resto della pianta. Adesso che stiamo (ri)scoprendo le infinite possibilità di benessere che ci offre questo “dono degli Dei”, diamole tutto il rispetto che merita e lasciamo che si possa esprimere in tutto il suo potenziale. Lasciandola libera, in tutti i sensi!

 

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