Sogni d'oro

Soft Secrets
27 Nov 2012

Dormire bene è la garanzia per vivere meglio. Quando il sonno è riposante, la giornata a seguire è bella, piacevole e ricca d'energie. Si comprende meglio la vita nelle sue sfumature, si è quindi più socievoli, sorridenti, attivi, efficienti a scuola, sul lavoro o nelle mansioni di casa. Dopo una bella dormita, si è più belli, tutto è più semplice, la vita ti sorride e la puoi godere in modo esagerato, perché tanto sei riposato, i sensi sono aperti e i riflessi sono pronti.


Purtroppo, però, il dolce dormire non è cosa da tutti o da ogni giorno, e i disturbi a questa importantissima fase della giornata possono sorgere a ogni età. Può così succedere di non dormire bene, a sufficienza o di non essere in grado d’addormentarsi. Il giorno dopo si hanno le borse sotto gli occhi, la pelle poco luminosa e ci si sente nervosi, irrequieti e ansiosi. Accompagnati da stanchezza muscolare, mentale e inestetismi, diventa più difficile affrontare la giornata, rapportarsi con le persone e svolgere i propri doveri civici e lavorativi in maniera adeguata.

Le difficoltà a dormire possono essere incontrate per vari motivi, dai rumori, alla ricorrenza di cattivi sogni, dallo stress, una cattiva respirazione, alla malattia o per l’avanzare dell’età.

I disturbi al ritmo circadiano sonno-veglia possono innescare, ad ogni modo, mancanza di sonno, ma anche ipersonnia, il bisogno, cioè, di dormire più della media e di ripetere continui sonnellini durante il giorno. 

Dormire bene e un numero sufficienti d’ore, non di più, è quindi essenziale per vivere bene e da cosa dipende questa fantastica attività se non dalla famosa marijuana prodotta dal nostro corpo, gli endocannabinoidi? Esattamente così, la marijuana endogena, la prima medicina per l’essere l’umano, è implicata in vari ambiti vitali, tra cui, come sintetizzato da V. Di Marzo (colui che coniò il termine endocannabinoidi), il relax, il mangiare, il dormire e la protezione. Non a caso il più famoso degli endocannabinoidi si chiama proprio Anandamide, parola presa in prestito dal sanscrito indiano, con il significato di “stato di grazia”. Lo stesso stato di grazia donato dai cannabinoidi della marijuana, necessario per la buona riuscita del riposo quotidiano, qualora gli endocannabinoidi prodotti dal corpo non siano sufficienti.

Gli endocannabinoidi potrebbero essere insufficienti per vari motivi, tra cui una dieta sbilanciata e l’assenza di movimento. Perciò, prima di ricorrere alla marijuana per curare i disturbi del sonno, se la malattia te lo permette, bisognerebbe interessarsi meglio all’alimentazione, facendo attenzione a non scordare gli omega3, come quelli contenuti nel ricchissimo olio di semi di canapa, e dedicarsi all’attività fisica. Qualora mancasse la volontà di dedicarsi all’attività fisica, l’assunzione dell’energizzante olio di semi di canapa, ricco di carboidrati, potrebbe proprio fungere da stimolo al movimento. Così facendo il corpo umano torna a produrre la così detta marijuana endogena, con ripercussioni positive dal punto di vista del ritorno dell’appetito, del rilassamento, della respirazione, quindi del dormire e dello stato di salute generale. Dopo una bella corsa in campagna, infatti, per chi non è impedito dalla malattia, non si può che dormire bene.

In particolare, il ritmo sonno-veglia è gestito dalla ghiandola pineale dell’apparato endocrino. La pineale è situata nell’encefalo, è della dimensione di una nocciola e, per gli amanti dello yoga, corrisponde al settimo chakra, relativo alla spiritualità. Questa ghiandola è collegata ai sogni e le sue cellule producono l’ormone melatonina, stimolata dalla mancanza di luce. Man mano che la notte si fa buia, cresce la concentrazione di melatonina nel sangue, raggiungendo il picco tra le due e le quattro del mattino, inducendo sonnolenza. Con lo spuntare della luce del sole, invece, il rilascio di melatonina è inibito.

Come accennato, i disturbi del sonno si verificano spesso con il progredire dell’età, perché la ghiandola pineale tende a ossidarsi con il tempo, in particolar modo quando l’alimentazione e lo stile di vita rendono insufficiente la produzione di endocannabinoidi. Nella ghiandola pineale risiedono, infatti, dei recettori di cannabinoidi endogeni, prodotti dal corpo, od esogeni, provenienti dalla marijuana. Per questo motivo la marijuana ottimizza il funzionamento di questa ghiandola, stimolandola ad agire anche con l’avanzare dell’età, evitando così la sua calcificazione e i disturbi del sonno. Quando la pineale è operativa, poi, i sogni sono belli e positivi, per un ulteriore guadagno nella qualità del dormire.

La ghiandola pineale è l’unica parte del cervello a non essere doppia ed era considerata da Cartesio un punto privilegiato, laddove corpo e mente, considerate erroneamente, in termini occidentali, come entità separate, interagiscono. La ghiandola pineale, nella storia, è quindi stata accostata al senso religioso e perfino i taoisti, ben prima della nascita di Cristo, le attribuivano la capacità di porre in relazione l’organismo l’umano con l’energia della natura.

I nostri antenati usarono e sperimentarono la cannabis per risolvere i problemi connessi al disturbo del sonno, sfruttando le caratteristiche equilibranti della marijuana. I disturbi del sonno derivano infatti da un squilibrio nella percezione tra il giorno e la notte, la luce e il buio. In termini di medicina tradizionale cinese, la cannabis era indicata per le diminuzioni yin (la notte, il fresco, il femminile, il molle, la parte generalmente nera del simbolo del Tao), e l’insonnia casca a pennello in questo quadro clinico.

Anche in India la cannabis è stata utilizzata a scopo medico-religioso, in particolar modo dalla branchia dell’induismo, con il culto del dio Shiva. Fino a prima del divieto la cannabis era presente nel Bangh, la bevanda nazionale, a base di latte e spezie, alla quale erano attribuita la capacità di provocare il sonno perfino negli iper-eccitati.

L’avevano capito gli orientali nel 3.000 avanti Cristo, perché la cannabis è nata in Asia, condizionando la cultura e medicina di questo continente per l’eternità, seppur il proibizionismo di quest’epoca sia stato intenzionato a cancellarne le tracce. Con la diffusione della cannabis nel resto del mondo, poi, queste conoscenze vennero apprese anche dai medici europei. Il portoghese Garcia da Orta, nella sua opera “Colloqui sui semplici e sulle droghe dell’India”, del 1563, per esempio, le attribuisce, tra le altre proprietà, la capacità di tranquillizzare il paziente e di stimolare il sonno.

Verso la fine dell’Ottocento le conoscenze mediche sulla cannabis arrivarono pure in Italia e il medico Piero Arpino la consigliava nel suo ricettario terapeutico, tra i mille usi, per l’insonnia, anche nell’infanzia, quando accompagnata da stati febbrili. Questo ovviamente non significa che i minori debbano farsi le canne, ma che se c’è un buon motivo medico, occasionalmente, può essere utilizzata anche dai più giovani.

 

La cannabis funziona perché il THC è una sostanza stimolante, all'inizio, e da sedazione in seguito, mentre ad alti dosaggi può essere leggermente allucinogeno, per poi diventare sedativo e procurare sonno. A far da regine in questo campo terapeutico sono ovviamente le sognanti varietà di Indica, ricche di CBD, un altro cannabinoide non psicoattivo, molto terapeutico, in grado di donare tranquillità, quindi un dolce e profondo riposo.

Nel 2007, la conferma degli effetti positivi sulla qualità del sonno indotto dalla marijuana sono stati accertati pure dalla moderna medicina, con uno studio di Ethan Russo, titolato “Cannabis, pain and sleep”, pubblicato sulla rivista scientifica Chemistry & Biodiversity. Secondo la ricerca gli estratti della marijuana migliorano notevolmente il sonno nei pazienti con malattie gravi. Questi malati sono ovviamente quelli più bisognosi della terapia alla cannabis perché non possono, per esempio, dedicarsi alla corsa per attivare il proprio sistema endocannabinoide. “La cannabis è stata utilizzata per il trattamento del dolore e per i disordini del sonno sin dall'antichità”, scrivono gli autori e, su 2.000 pazienti sperimentati, la gran parte ha segnalato “un sonno più riposante e un miglioramento delle funzioni durante al giorno”. Di tutti i volontari partecipanti alla ricerca, tra l’altro, nessuno ha sviluppato dipendenza, pur utilizzandola per diversi anni, nei confronti di questo fantastico farmaco.

I cannabinoidi sono quindi risultati efficaci nel ripristinare il giusto ritmo sonno-veglia in numerosi pazienti con malattie molto invalidanti e la Federazione Europea della Società di Neurologia, per esempio, ne consiglia l’uso, come farmaco di seconda scelta, purtroppo non di prima, benché più sicuro, nelle linee guida per il trattamento del dolore neuropatico da HIV, cancro e sclerosi multipla, per esempio.

La marijuana promuove il sonno, come evidenziato anche dal Rapporto La Guardia (1938), il primo studio approfondito sulla marijuana post-proibizione, svolto su commissione del sindaco di New York e volto a svelare la menzogna. L’inebriamento da cannabis, cita il rapporto, “assomiglia allo stato crepuscolare tra sonno e veglia, durante il quale l’individuo si sente piacevolmente fluttuare e non permette l’interferenza di alcuna sensazione esterna”. Il rapporto cita anche la presunta abilità del consumatore d’azzerare gli effetti della cannabis, nuocendo alla propria gioia, qualora intervenga un evento spiacevole. Questa cosa accade, per esempio, in caso un esaminatore incarichi il soggetto in qualche mansione. In queste circostanze il consumatore si sente improvvisamente sobrio, per risolvere la questione e in caso di buona predisposizione all’attività richiesta, l’esecuzione del compito, nonostante l’assunzione di cannabis, può addirittura avvenire in maniera più precisa e completa.

Ciò rende la cannabis particolarmente sicura quando assunta per dormire bene. A differenza dei sonniferi, in caso d’emergenza durante la notte, per esempio, il consumatore di cannabis può comunque alzarsi dal letto e ripigliarsi in un batter d’occhio, mentre l’assuntore di sonniferi sarebbe ancora intontito dalla medicina.  

I sonniferi, poi, possono essere letali se assunti in eccesso e creano una forte dipendenza. Al termine della cura con questi farmaci si possono ripresentare disturbi nel sonno, cambiamenti d’umore e panico, a discapito della qualità della vita.

A differenze dei sonniferi, ancora, la cannabis non ti fa innamorare del dormire e la mattina il risveglio avviene con il sorriso e la voglia di buttarsi in una nuova giornata, con tutte le sue esperienze. La cannabis, poi, concilia il sonno ma non toglie il desiderio sessuale. Secondo molti, ancora, alcuni sonniferi possono addirittura aumentare la mortalità, facilitare l’Alzheimer e l’insorgenza del cancro. Si tratta di farmaci abusati fin dagli anni ‘60, in pratica da quando la canapa è sparita non solo dalle farmacie ma anche dall’alimentazione.

In ogni caso, un consumo eccessivo e cronico di cannabis potrebbe non funzionare per risolvere il problema e, se non ci sono particolari malattie che richiedono un consumo quotidiano, l’assunzione a intermittenza, tipo tre spinelli a settima, potrebbe bastare.

Solo in Italia, comunque, sono milioni le persone a necessitare della cannabis terapeutica per la cura del sonno e la reintroduzione nelle farmacie delle tinture con questo ingrediente, da prendere a gocce, la sera, potrebbe allontanare la paura della droga connessa all’assunzione sotto forma di spinello. Potrebbe essere utile a tutti coloro che soffrono di malattie invalidanti, agli anziani che vivono nel nostro vecchio Paese, privandoli dei dolori che li affliggono fino nel letto, a discapito del sonno.

Come ha scritto Lucia Spirzi, malata di sclerosi multipla in cura con il Bedrocan (fiori di marijuana importati dall’Olanda) in risposta a un articolo comparso su Avvenire, con l’intervento del dottor Silvio Garattini, contro l’uso medico della cannabis: “Arriverà presto il giorno dove Lei e tutti coloro che in questi anni si sono opposti a questa terapia del dolore verrete invitati a presentarvi presso il Tribunale per i Diritti del Malato in quanto avete leso il diritto alla cura in barba al giuramento di Ippocrate e sarete citati tutti presso la Corte Europea per i diritti dell’uomo per aver compiuto e sostenuto insieme allo Stato italiano atti di TORTURA nei confronti di centinaia di migliaia di malati per i quali la negazione della cannabis terapeutica ha rappresentato l’acuirsi di sofferenze acutissime (…) Tutto questo dolore che ci regalate affligge i nostri sonni, spero solo che da oggi in avanti il suo sonno sia sempre più simile al nostro”.

Per la serie funziona, Lucia ora si cura esclusivamente con la cannabis e non prende più nemmeno una tachipirina.

Per un buon sonno, terminando, in medicina tradizionale cinese consigliano d’andare a letto dicendosi che si dormirà bene e di mettersi in posizione fetale, sul lato destro, con lo sguardo verso la pancia, per un sonno consapevole e rigenerante.

Per informazioni:
www.medicalcannabis.it.

S
Soft Secrets