Se fumi ti licenzio

Soft Secrets
16 Jul 2012

Il mercato del lavoro è indubbiamente in crisi. La disoccupazione - soprattutto giovanile - ha toccato quote praticamente mai viste ma, nonostante ciò il governo tecnico che l'Europa delle banche ci ha affibbiato non sembra volersi muovere nella direzione dell'inclusione, tutt'altro.


Il mercato del lavoro è indubbiamente in crisi. La disoccupazione - soprattutto giovanile - ha toccato quote praticamente mai viste ma, nonostante ciò, il governo tecnico che l'Europa delle banche ci ha affibbiato non sembra volersi muovere nella direzione dell'inclusione, tutt'altro.

Il mercato del lavoro è indubbiamente in crisi. La disoccupazione – soprattutto giovanile – ha toccato quote praticamente mai viste ma, nonostante ciò, il governo tecnico che l'Europa  delle banche ci ha affibbiato non sembra volersi muovere nella direzione dell'inclusione, tutt'altro.

L'attacco sferrato all'articolo 18 – e la conseguente polemica mediatica sul suo essere uno “specchietto per allodole”– è stata solo la punta di un iceberg in grado di affondare quello che resta del nostro sistema di previdenza sociale e di azzerare le lotte e le conquiste che i sindacati ottennero quando erano ancora degni di chiamarsi tali. A livello del dibattito pubblico lo scontro si è acceso in particolare sui licenziamenti per motivi economici. La riforma attuata tra le lacrime (di coccodrillo) della ministra Fornero cancella in questi casi la possibilità del reintegro per i lavoratori mandati via ingiustamente, che avranno diritto a un semplice indennizzo. Si tratta di una modifica che fa scivolare l'Italia a destra della stessa Germania: il famoso "modello tedesco" prevede infatti che il giudice possa scegliere fra indennizzo o reintegro in caso di licenziamento ingiusto sia per motivi economici che disciplinari. 

In questo contesto, di per sé già alquanto desolante, arrivano altre brutte notizie per gli onesti lavoratori che sono soliti consumare, anche occasionalmente, la cannabis e i suoi derivati. Il lavoratore che fa uso di sostanze stupefacenti, anche fuori dal luogo di lavoro, può infatti perdere il posto. Questo è quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale il licenziamento diventa automaticamente legittimo nel momento in cui viene meno il vincolo fiduciario tra datore e dipendente che fuma gli spinelli. Chi durante un controllo di polizia dovesse essere fermato e trovato in possesso di hashish, infatti, rischia di essere licenziato per “giusta causa”, ossia senza neanche il dovuto preavviso e senza alcun indennizzo. Ma andiamo nel dettaglio. 

Mario C. dipendente della Unicredit Banca S.p.A., è stato fermato dalle forze dell'ordine e trovato in possesso di discreti quantitativi di hashish e marijuana. Ciò è avvenuto fuori dall'azienda e l'uomo, peraltro, non è stato ritenuto responsabile di spaccio di stupefacenti. La notizia è stata riportata dalla stampa locale e la banca lo ha licenziato in tronco. Il lavoratore quindi ha impugnato il licenziamento davanti al Tribunale di Cagliari, che ha rigettato il ricorso. In grado di appello la Corte di Cagliari ha riformato la decisione di primo grado in quanto ha ritenuto che l'uso di sostanze stupefacenti al di fuori del rapporto di lavoro, non possa incidere sul vincolo fiduciario intercorrente fra una banca e un suo dipendente. I giudici hanno rilevato il minor disvalore giuridico e sociale della condotta di semplice detenzione di stupefacenti rispetto a quella di spaccio ed ha fondato la sua decisione sulla valutazione – basata sul "fatto notorio" – che l'uso di hashish e marijuana non comporterebbe assuefazione, non determinerebbe la modificazione della personalità e avrebbe un costo modesto, il che comporterebbe l'inesistenza di pericoli per istituto di credito anche dal punto di vista della salvaguardia dell'immagine. L'episodio che ha visto coinvolto il signor C. - ha affermato la Corte d'Appello - attiene alla sua sfera rigorosamente privata. L'episodio è accaduto infatti in piena estate, in zona di mare e nella notte tra sabato e domenica, di conseguenza la sua condotta non è molto più grave di quella del dipendente che viene trovato, a parità di contesto, ubriaco, e abbia acquistato una massiccia dose di alcolici. 

La sentenza numero 6.498 dello scorso 26 aprile, promulgata dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione, ha però accolto il ricorso presentato dalla Unicredit e ha decretato il licenziamento del signor C., rubricandolo come atto “per giusta causa”. Nella sentenza emessa si legge: “Per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro [...] e fiduciario, occorre valutare, da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, dall'altro la proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare”.

In teoria, la Cassazione afferma che quando in ballo ci sono giudizi di valore e non di merito – come qui il fatto di ritenere la cannabis una droga pesante e non leggera, in ottemperanza (purtroppo) alla Fini-Giovanardi –, questi diventano decisivi agli occhi dell'organo giudicante. In pratica i giudici della suprema Corte – come spessissimo accade – si arrogano qui il diritto di prescindere da quella che è la logica e l'evidenza scientifica e avvallano l'ipotesi di Unicredit, secondo cui il dipendente “tossico” potrebbe ledere gli interessi della banca, arrivando addirittura a rubare dalle casse pur di procurarsi “la dose”. Cose dell'altro mondo! 

Fino a qualche tempo fa il discrimine sull'uso di stupefacenti, per quanto assolutamente lesivo della privacy, era applicato solo a determinate categorie di lavoratori: quelli che hanno a che fare con sostanze tossiche ed esplosive, e quelli che invece lavorano nel settore dei trasporti stradali, marittimi e dell'aviazione. Questi dipendenti possono essere sottoposti periodicamente a drug-test e, in caso di positività, possono essere licenziati per inadempienza. Con questa sentenza si crea invece un precedente giurisprudenziale per cui è possibile applicare queste regole anche a categorie di salariati che nulla hanno a che fare con l'incolumità di terzi, come nel casi riportati sopra. Che questo sia l'ennesimo favore che le istituzioni, in questo caso giuridiche, fanno al capitale può anche essere un'opinione ma il fatto che grazie a questa sentenza, la merce – in questo caso il denaro di Unicredit – sia considerata una persona giuridica in grado di essere lesa dallo stile di vita di un dipendente è certamente la dimostrazione che i diritti inerenti al lavoro si stanno lentamente estinguendo.

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