Cannabis e bilancio pubblico

Soft Secrets
20 Mar 2012

Intervista con il prof. Marco Rossi della Università La Sapienza


Intervista con il prof. Marco Rossi della Università La Sapienza

SSIT: Come ha costruito la sua ricerca sugli effetti di una regolamentazione della cannabis alla stregua del tabacco?

I dati usati nella mia ricerca sono quelli pubblicati da autorevoli fonti istituzionali[1] e in specifici studi relativi all'Italia[2]. Dalla lettura di questi dati si nota che la diffusione del consumo di cannabis In Italia è ben al di sopra della media europea e mondiale: si stima infatti che quasi un terzo della popolazione italiana adulta abbia consumato cannabis almeno una volta nella vita (uno su sette nell'ultimo anno). In particolare, nonostante l'introduzione di una normativa più stringente nel 2006, la percentuale di italiani adulti che hanno fatto uso di cannabis almeno una volta all'anno è cresciuta dall'11,2% stimato nel 2005 al 14,6% del 2008, cioè nel 2008 quasi 6 milioni di persone hanno consumato cannabis in Italia. Moltiplicando questo numero di consumatori per la stima del loro consumo medio, otteniamo una stima del consumo di cannabis in Italia intorno alle 1100 tonnellate nel biennio 2007/08. Infine, moltiplicando questa quantità per il suo prezzo tipico al dettaglio (nel mercato nero italiano), abbiamo stimato che la spesa per l'acquisto di cannabis in Italia nel biennio 2007/08 sia stata di quasi 9,5 miliardi di euro. Dal punto di vista fiscale, siamo pertanto di fronte ad un mercato che ha una significativa dimensione ma che, a causa della sua illegalità, non può contribuire alla fiscalità generale. Viceversa, il consumo di sostanze potenzialmente nocive (in particolare il tabacco) è spesso scoraggiato tramite l'imposizione di una elevata tassazione. L'estensione anche al mercato della cannabis di questi tipo di regolamentazione, cioè la sua legalizzazione e l'imposizione di una elevata "sin tax" è stata oggetto di un referendum popolare svoltosi in California lo scorso anno. I ricercatori della Rand Corporation (Usa) hanno a tal proposito sviluppato un metodo per stimare l'effetto fiscale dell'eventuale approvazione del referendum. Il mio lavoro ha usato lo stesso metodo per stimare quali potrebbero essere stati i benefici fiscali per l'Italia se ci fosse stata una equiparazione del mercato della cannabis a quello dei tabacchi.

Esistono delle stime a proposito di possibili vantaggi per le magre casse dello Stato?

A seconda degli scenari ipotizzati, abbiamo stimato che nel biennio 2007/08 l'erario avrebbe potuto riscuotere una somma compresa tra circa 7 e 10 miliardi di euro dalle imposte sulle vendite di cannabis, ed una somma compresa tra circa 0,5 e 3 miliardi di euro da imposte sul reddito. A questi importi si può aggiungere un risparmio di spesa carceraria stimato in circa 840 milioni di euro nel biennio 2007/08. Altre entrate sarebbero potuto derivare dall'indotto e, in uno scenario commerciale tipo "Amsterdam", dal cosiddetto "turismo dello spinello". Sempre dal punto di vista delle eventuali entrate, un'implicazione fiscale di particolare rilevo sarebbe potuta derivare dalla riduzione del crimine, sia quello legato al mercato illegale della cannabis, sia della criminalità in generale. Si potrebbe tuttavia sostenere che, nel caso in cui la legalizzazione avesse indotto una maggiore diffusione del consumo di cannabis, ciò avrebbe potuto far aumentare i costi sanitari e ridurre la produttività dei consumatori.

Per quanto esagerate dal proibizionismo, esistono anche possibili effetti negativi della regolamentazione?

Il mio studio si limita alla valutazione di alcune implicazioni fiscali della equiparazione tra cannabis e tabacco. Il tema della dannosità del consumo di cannabis è stato ampiamente affrontato nella letteratura scientifica. Numerosi studi hanno dimostrato che la principale causa della riduzione della produttività dei consumatori di cannabis è dovuta alle sanzioni che subiscono a causa di questo loro comportamento, mentre il consumo di cannabis in sé pare avere effetti trascurabili sulla produttività dei lavoratori. Si ricordi tuttavia che il giudizio sociale sulla ammissibilità di certi comportamenti è basato sul sistema di valori proprio della società stessa. Ad esempio, la nostra società giudica che il beneficio derivante dal consumo di alcolici sia sufficiente a compensarne i potenziali danni, e pertanto ne giudica ammissibile il consumo. Viceversa, in alcuni paesi islamici, un diverso sistema di valori porta alla conclusione opposta, cioè al divieto del consumo di alcolici. Forse in Italia prevale un sistema di valori per cui i danni derivanti dal consumo di cannabis (anche se modesti) sono giudicati superiori ai benefici e pertanto se ne giudica inammissibile il consumo.

Quali ricadute sul mondo del lavoro potrebbero esserci da una manovra che, in termini di entrate per lo Stato, equivale di fatto ad una Finanziaria?

Il nostro paese presenta caratteristiche climatiche adatte alla coltivazione della canapa, che infatti era un prodotto tradizionale della nostra agricoltura. Si può stimare che se la cannabis consumata in Italia fosse stata prodotta localmente, ciò avrebbe chiesto l'impiego di circa 55/75 mila lavoratori.

Normalmente il peso dell'autoconsumo sul totale della produzione agricola è trascurabile. Si potrebbe pertanto ipotizzare una produzione domestica di cannabis destinata all'autoconsumo, senza che ciò abbia significative conseguenze erariali.

Lo sviluppo in Italia di una rete di negozi specializzati, come i coffee-shops olandesi, avrebbe chiesto l'impiego di circa 300mila lavoratori, con un beneficio erariale di quasi 3 miliardi di euro da imposte sul reddito (Irpef).


[1] UNODOC (United Nations, Office on Drugs and Crime): World Drug Report,Vienna; OEDT (Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze dell'Unione Europea): Relazione Annuale, Bollettino Statistico, National Report 2009: Italy, Lisbona. DCSA (Direzione Centrale Servizi Antidroga delMinistero degli Interni): Relazione Annuale,Roma.ISTAT: Demografia in Cifre, (http://demo.istat.it), Roma.

[2] IPSAD (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs). Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, (http://www.epid.ifc.cnr.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63&Itemid=78). Scandurra A. Tre anni di applicazione della legge Fini-Giovanardi: la parola ai dati, in Libro bianco sulla Fini-Giovanardi,Corleone F. - Gonnella P. - Zuffa G. (a cura di), I Quaderni di Fuoriluogo, 2008 (http://www.fuoriluogo.it).

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