Human rising: la rivincita dell'umanità

Soft Secrets
28 Jun 2019

Tra psicosi proibizionista ed implicazioni costituzionali


Man mano che il mondo comincia a comprendere come la proibizione della canapa non ha nessuna base scientifica, anche l'aspetto del controllo della menta affiora come tema centrale dell'analisi dell'ultimo lavoro dell'attivista norvegese Roar Mikalsen, che mi ha recapitato durante l'ultima Conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Vienna tra il 14 e il 22 marzo. Un antidoto alle tante esibizioni muscolari delle squadre antidroga di tutto il mondo capitanate dalle Filippine di Duterte, dalla Turchia di Erdogan, degli Emirati Arabi Uniti o della Russia di Putin che venivano esibite nel parterre del Vienna International Center. Il libro dell'attivista norvegese svela ulteriori aspetti della macchinazione proibizionista e dei suoi distruttivi meccanismi che accanto alla crociata moralista affianca meccanismi psicologici di difesa della proiezione e della negazione. Anche perché Mikalsen è convinto dell'importanza di questi fenomeni nella civiltà occidentale, per cui l'esperimento della proibizione delle droghe si dimostra essere un chiaro esempio di crimine contro l'umanità. Analizzando l'impatto di queste politiche, diventa sempre più chiaro come la società debba trovare forme di riadattamento per poter sviluppare il nostro potenziale umano, proprio per scatenare lo "human rising", il processo costituente dell'umano a cui l'autore aspira. Proprio nel senso dei padri costituenti di grandi nazioni come gli Usa, la Francia e l'Italia nella loro dimensione ma anche arte di ingegneria sociale costruttiva che comincia immancabilmente con un frequente e ripetuto rimando ai principi fondamentali, dimostra come la luce della ragione possa finalmente ritornare nell'Occidente, proprio con un richiamo molto valido anche per l'Italia al rispetto del vero spirito della Costituzione. Mikalsen vuole lasciare un segno nella coscienza collettiva e si esprime in termini lapidari fin dalle prime righe, tanto che dedica questo libro alla nuova umanità che deve risorgere dalle tenebre, affinché "questo Grande Monumento, innalzato per la libertà, possa servire da lezione per l'oppressore, ed un esempio per gli oppressi". La resa dei conti è stata come è noto solo posticipata al 2020 anche grazie alla colpevole negligenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che per bocca di Gilles Forte ha preferito -per immotivate "considerazioni precauzionali" - prolungare l'agonia atta a non produrre i risultati favorevoli alla cannabis e della sua completa riabilitazione a livello terapeutica, proposte dalla stessa Commissione Esperti da essa nominata, lasciando così in situazioni di inutile stress e sofferenza milioni di consumatori e produttori di canapa. Dopo tanti anni di lotte e di ricerche migliaia di attivisti - di cui una discreta rappresentanza si è incontrata a Vienna per la seconda volta in pochi mesi - stanno arrivando alla stessa conclusione ventilata da vari giuristi e dallo stesso Mikalsen: il proibizionismo è un fenomeno criminale oltre che criminogeno. Anche per questo la Faaat ed altre organizzazioni stanno promuovendo azioni di risarcimento e di rivalsa per tutti coloro che sono stati vittime di politiche sulle droghe ingiuste oltre che inefficaci. Una class action di dimensioni globali una volta che la coscienza delle malefatte diventi massa critica. La questione è comunque complessa. Alla base di tutto secondo l'autore è il procedimento della creazione del panico morale che confliggono con la base costituzionale che accomunerebbe i grandi profeti ai padri delle moderne costituzioni americana, francese ed italiana. Il processo di tirannia riversato nelle politiche proibizioniste è basato sul panico morale che costituisce una politica che ostacola la liberazione della mente umana in un processo di connessione tra la evoluzione psicologia e morale e il processo costituzionale che concorre al nostro corrente stato di confusione all'interno del quale prevale il proibizionismo come sintomo di mancanza di coscienza basato sulla ricerca di capri espiatori che hanno trovano nella guerra alle droghe il loro programma per consolidare processi tirannici. Con uno stato che nel nostro caso è un lupo rivestito a pecora in cui domina la connessione tra il potere e la paura la cui analisi è al centro dell'analisi di Roar Mikelsen. La critica non poteva evitare di affrontare le politiche del suo paese, la Norvegia che assieme alla vicina Svezia è nota per la sua politica di tolleranza zero secondo l'ideale della società libera dalle droghe. Al contempo la Scandinavia appare come una vetrina della legalità, dei diritti, della qualità della vita, con una grande considerazione per diritti ugualitari e, tuttavia, una osservazione più attenta svela come risultato del suo impegno proibizionista, la Norvegia non si posa più considerare una democraWzia funzionante sottoposta al dominio della legge. Ma proprio uno professore di criminologia come Nils Christie che aveva ricercato le ragioni dei collaborazionisti durante l'occupazione nazista aveva capito come il problema fosse collegato al panico morale ed assieme a pochi altri si era occupato di contrastare la follia proibizionista nel paese fin dagli inizi con il suo memorabile libro "Den gode Fiend", il buon nemico, considerando la questione un ottimo esempio di come si possa facilmente costruire l'immagine del nemico a partire dalla repressione alle droghe. di Enrico Fletzer

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