Tips per principianti

Soft Secrets
25 Dec 2017
Diventare coltivatore è una bella passione. Chi dice che sia una scelta economica non ha tutti i torti, effettivamente un buon raccolto permette di risparmiare molti soldi che andrebbero in alternativa a finanziare le narcomafie, quelle stesse narcomafie che portano nelle strade la bassa qualità così diffusa.   di CBG Per cominciare servono pochi euro e molta costanza, per cominciare bene servirebbe anche tanto amore ma la canapa è una pianta rustica e sa rallegrare anche chi amore non sa darle. Un bio filtro per acqua ad esempio costa un centinaio di euro, ma permette di risparmiarne migliaia in prodotto finito che altrimenti non si avrebbe e andrebbe acquistato. Prendendo un prezzo medio di strada è facile, facendo due conti, rendersi conto di che risparmio enorme si genera producendo da soli la cannabis. Anche un novellino con pochi soldi a disposizione troverà soddisfazione nell’autoproduzione. Purtroppo in Italia è illegale la coltivazione di cannabis: è proibito risparmiare, è obbligatorio comprare schifezze in situazioni pericolose e di degrado. In Italia si rischia il carcere per due piantine, nel belpaese i coltivatori autonomi sono criminali mentre in qualche città del mondo addirittura ci si cura il cancro. Due lati della stessa medaglia. Le mie armi sono una infinita pazienza e questi articoli che spero vengano letti da più persone, di modo che l’informazione cancelli dalla società le convinzioni proibizioniste. In un paese come l’Italia è ancora appannaggio di pochi ricchi poter coltivare e consumare senza incorrere in problemi giuridici, per noi che siamo il popolo esiste solo la speranza di passar pochi guai con poche piantine: dovendo coltivare, per autoconsumo, in un paese dove non è molto ben tollerato il nostro hobby, il compromesso da cui partire è il rischio (legale intendo) confrontato con la resa (il prodotto secco finito). L’autoproduzione in sintesi deve coniugare un basso rischio penale con una soddisfacente resa, sia in termini di quantità che di qualità. Mi dispiace quando mi raccontano di aver speso cifre folli per montare laboratori degni della NASA e poi, a fronte di consumi altissimi, raccolgono meno di mezzo grammo Watt. Solitamente il grower medio ragiona in base alla grandezza dello spazio o al numero di piante coltivate, ma se come risaputo non è il numero che conta, conviene concentrarsi su altri dettagli. Per me l’approccio migliore è quello focalizzato sul fattore limitante, ossia su quel parametro che impedisce una fioritura copiosa e di qualità. Niente di nuovo, ogni cosa rende al massimo del suo fattore limitante, cioè quel parametro ambientale (chimico o fisico) la cui assenza o la cui presenza risulta determinante per lo sviluppo biologico della popolazione di un ecosistema. Un esempio per capirci facilmente potrebbe essere l’anidride carbonica nelle grow room: viene aggiunta per favorire una migliore fotosintesi, se però le piante non ricevono abbastanza energia luminosa non riusciranno ad utilizzare tutta la CO2 aggiunta. Il fattore limitante in questo caso è l’intensità luminosa che, essendo insufficiente, non permette lo sfruttamento dell’anidride carbonica. I fattori limitanti che più spesso riscontro tra i principianti sono: la disponibilità di luce, cioè quale lampada si usa, di quale potenza la si sceglie e di che tipologia di spettro. Lo spazio, se si coltiva in un case da computer difficilmente ci staranno trenta piante. Ed il tempo: sceglierei una indica se dovessi raccogliere entro due mesi, una sativa se invece posso prendermela comoda e darle anche 3 mesi di fioritura abbondanti. La luce è la sorgente di energia luminosa, va commisurata allo spazio in cui si desidera coltivare: servono tanti lumen per far fiorire questa pianta perciò sarà bene adeguare una giusta fonte luminosa al giusto spazio perché ricordo che i lumen sono correlati alla distanza dal bulbo sorgente. Una lampada da 250 Watt HPS copre adeguatamente e a giusta distanza dalle piante un’area di circa 60 per 60 centimetri. Una da 400 Watt è perfetta dagli 80 centimetri al metro per un metro mentre una 600 Watt si usa minimo dal metro ai 150 cm per 150. Ecco spiegato perché le grow boxes più vendute sono il modello medio 1m x 1 m o il large da 1,2m x 1,2m di lato. Personalmente le migliori rese le ottenni con una HPS da 600 Watt in uno spazio di 150x150 centimetri. Scegliete lo spazio in relazione alla giusta intensità luminosa che potete dare e viceversa scegliete la luce in base al vostro spazio. È inutile e decisamente uno spreco uscire dalle proporzioni consigliate, perciò se si dispone di un armadio o di una stanzetta o di un bugigattolo di dimensioni e forma strane sarà bene prendere in considerazione di comprare una grow box in tela smontabile così da ottimizzare la resa. Senza mai dimenticare che esistono in commercio degli strumenti particolari detti “cooltube”. Il cooltube è un riflettore chiuso da vetro pirex resistente alle alte temperature. Con uno di questi aggeggi collegato ad un estrattore è possibile raffreddare la temperatura nell’ambiente di coltivazione, anche di parecchi gradi centigradi, in quanto l’aria in transito porta il calore al di fuori dell’ambiente di lavoro e le piante, sebbene sotto una 600 Watt, non cuociono! Ho visto usare cooltube in armadi minuscoli con lampade da 250 Watt, che sono comunque bulbi HPS ad alto potere calorico ed ottenere risultati fantastici. Bisogna ricordarsi che una 250 Watt HPS in una grow box chiusa di 60x60 centimetri è una fonte troppo calda che obbliga ad allontanarla troppo dalle piante e soprattutto rischia di portare la temperatura interna oltre i 30 gradi e compromettere drasticamente la qualità della resina. Vista la sorgente luminosa corretta in relazione al corretto spazio si passa alla scelta del metodo di coltivazione che poi porterà alla scelta della genetica più adatta. L’approccio migliore è decidere come coltivare dopo aver preso lampada adatta allo spazio scelto. Poi si posso valutare i vari metodi, a parità di efficienza luminosa si possono mettere tante piante quante ce ne stanno, in vasetti piccoli ed adiacenti, magari dei cloni e si ottiene il Sea Of Green altrimenti conosciuto come S.O.G. e qui rimando agli scorsi numeri di Soft Secrets Italia dove ho ben descritto l’argomento. Altrimenti si può decidere di coprire l’intera area con una o pochissime piante a formare una rete, un Scr.O.G. acronimo di Screen Of Green. Una pianta ad esempio ben legata a coprire lo spazio interessato, ma anche in questo caso i forum online sapranno aiutarmi nel delucidare le idee a chi non ha mai sentito parlare di ciò. Personalmente sconsiglio di perder tempo indoor con legature e Scr.O.G. La terza scelta è quella di fare una via di mezzo con piante da seme o cloni tagliati lunghi, ben distanziate, ma col risultato di coprire omogeneamente lo spazio illuminato: se son troppo fitte in uno spazio angusto c’è il grave pericolo che si sviluppino muffe, mentre se son troppo poche la resa non giustificherà lo sforzo. Non si mettono quattro piante a caso sotto una 400 Watt pensando di fare un buon lavoro; e tantomeno si dovrebbe confrontarsi con un solo amico esperto perché è meglio sentire sempre più pareri, soprattutto in un campo come la coltivazione indoor di cannabis che per le sue peculiari caratteristiche non è affatto concorde. Mi raccomando con tutti i growers o aspiranti tali di curare molto l’aria entrante, che dev’essere di buona qualità e quella uscente che dev’essere prontamente pulita da sgradevoli odori, raffreddata ed espulsa lontano dall’ambiente di coltivazione. Non si dovrebbe sottovalutare l’ausilio di un condizionatore di aria, per garantire temperatura ed umidità costanti senza doversi fermare in estate, che è decisamente un errore grave per un coltivatore che voglia definirsi esperto. Un buon macchinario dell’aria dovrebbe essere in grado di gestire temperatura ed umidità in maniera separata e dovrebbe avere un processore interno che gestisca il giorno e la notte con l’adeguata (se voluta) escursione termica. Sì, diventa sempre più costoso coltivare buona cannabis, ma se si sceglie di fare qualcosa è meglio farla bene o non cominciare affatto. La cannabis premia chiunque, è vigorosa e sempre buona ma vi sono dei piccoli accorgimenti che solo l’esperienza può dare che permettono di arrivare a livelli inauditi. Ancora ricordo il mio primo raccolto, erano i fiori più buoni di sempre perché comparati al livello medio del mercato nero. Al giorno d’oggi invece, dopo quasi 15 anni mi accorgo che solo negli ultimi mesi ho rivoluzionato il mio essere grower, ma perché in tutti questi anni non mi sono mai accontentato e ho inseguito e ricercato la perfezione nella cannabis, accorgendomi che non esiste la perfezione nemmeno quando si tratta della pianta con più utilizzi che il mondo conosca. Buone fioriture a tutti!
S
Soft Secrets