Cannabis medica: in vigore le nuove disposizioni

Soft Secrets
23 Mar 2017

Lo scorso 1 dicembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo per quella che può essere definita la prima riforma italiana sulla cannabis medicale. L'iter cominciato un anno e mezzo fa, con la delega alle forze armate per la produzione di canapa a scopo terapeutico, è stato finalmente completato e dal 15 dicembre il Ministero della Salute è diventato di fatto monopolista per quanto riguarda autorizzazioni, controllo e disciplina della coltivazione cannabis con principio attivo in tabella B, ovvero con THC superiore allo 0,2%. Andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta.


In Italia la legge permette di curarsi con derivati della cannabis già dal 1990. Se però è vero che in 25 anni il numero di pazienti che hanno fatto affidamento a questo tipo di cure è aumentato in modo a dir poco vertiginoso, è altrettanto vero che nello stesso lasso di tempo le istituzioni preposte a garantire il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione – che sancisce il diritto inalienabile alla salute – hanno fatto poco e male. Negli anni le meritevolissime associazioni di pazienti e le Regioni hanno provato a metterci una pezza, varando misure territoriali atte a garantire l'approvvigionamento ma l'eterogeneità delle singole situazioni e lo scetticismo dei camici bianchi preposti a prescrivere, ha di fatto negato a quanti ne avessero bisogno l'accesso alle cure. Con quello che è già stato definito il Decreto “AIFA-Lorenzin” del 9 novembre 2015, arriva infine la norma per tutto il territorio nazionale. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo di dicembre ed entrato in vigore 14 giorni dopo, lo scarnissimo testo contiene solo sei articoli e due allegati. Proviamo ad analizzarli nel dettaglio.

La primissima cosa che balza all'occhio è che il Ministero della Salute si pone come unico soggetto decisionale: potrà importare, esportare e distribuire sul territorio nazionale, ovvero autorizzare l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale vegetale a base di cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati, oltre a provvedere alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle Regioni, che devono pervenire entro e non oltre il 31 maggio di ogni anno. L'iniziativa sarebbe anche lodevole se non fosse che già al Comma 2 del primo articolo si scoprono molti altarini. Nel testo si può leggere infatti che gli unici in grado di produrre cannabis medica saranno “I coltivatori autorizzati ai sensi del comma 1, lettera a)”.

Detta così la cosa sembra blanda ma visto l’accordo di collaborazione sottoscritto in data 30 marzo 2012 tra l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e il Ministero della Difesa – alla quale è affidata la gestione dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze – che individua nell'istituto fiorentino l'unico sito di eventuale produzione di medicinali carenti sul mercato nazionale o europeo, oggetto di specifiche convenzioni, al fine di facilitare l’accesso a tali medicinali da parte dei pazienti (come citato nel decreto) –, e visto quanto espresso nell’Allegato al Decreto, ci sono buonissime probabilità che la produzione venga delegata solo ed esclusivamente ai militari che operano in via Reginaldo Giuliani 201 a Firenze. E tanti saluti ai club come quello di Lapiantiamo a Racale. La bozza del decreto del Ministero della Salute che norma le funzioni dell’ “Organismo statale per la Cannabis” non tiene poi assolutamente conto dell’esistenza di una legge dello Stato – superiore, nella gerarchia delle fonti giuridiche, al decreto ministeriale – in particolare dell’art. 17 del D.P.R. n. 309 del 1990 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti).

Ai sensi di tale articolo, “chiunque” voglia coltivare, produrre e commerciare cannabis lo può fare previa autorizzazione del Ministero della Sanità; il ministro “nel concedere l'autorizzazione, determina, caso per caso, le condizioni e le garanzie alle quali essa e' subordinata, sentito il Comando generale della Guardia di finanza nonché quando trattasi di coltivazione, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste”. Nella bozza del “decreto Lorenzin” non sono minimamente citati né la Guardia di Finanza né tantomeno il Ministero dell’Agricoltura. Ma la cosa più grave è che, mentre il testo del decreto parrebbe consentire a “chiunque”, debitamente autorizzato, di coltivare la cannabis, nell’ “Allegato tecnico” del decreto si prevede una sorta di “monopolio fiorentino”, individuando lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze quale unico luogo in Italia di coltivazione e produzione della “sostanza attiva”.

Per inciso, il “monopolio fiorentino”, disposto nell’allegato di un decreto, sarebbe poi illegittimo perché contrasta con l’art. 17 del DPR n..309/90. A conferma dell'ipotesi monopolista stanno poi le informazioni riguardanti la produzione vera e propria presenti all'interno degli allegati del decreto. In essi viene specificato chiaramente il quantitativo di cannabis che il Ministero intende produrre: circa 50 kg all’anno di inflorescenze per quanto riguarda la produzione delegata all’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze, per un nuovo progetto pilota della durata di 2 anni solari. La produzione industriale dei preparati a base di cannabis sarà quindi effettuata in base alle richieste delle Regioni e Province autonome in relazione al numero dei pazienti trattati. Al fine di assicurare la continuità terapeutica e in mancanza di puntuali comunicazioni da parte degli istituti locali, la produzione della sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sarà effettuata in base ai dati sul consumo nazionale raccolti negli ultimi due anni.

Sempre il Ministero della Salute provvederà a farsi inviare tutto il raccolto nei tempi e modi definiti nel provvedimento di autorizzazione alla coltivazione e provvederà, entro e non oltre 4 mesi dalla raccolta, a destinare il materiale alle officine farmaceutiche autorizzate per la successiva trasformazione, che dovranno, tramite una persona qualificata, comunicare al Ministero della Salute ogni lotto di sostanza attiva o preparazione vegetale a base di cannabis rilasciato, entro trenta giorni dal rilascio e prima dell’avvio alla distribuzione, e solo dopo 15 giorni senza riscontri negativi, si potrà procedere alla distribuzione. Ma anche qui le criticità sono evidenti. Stando a quanto afferma l'associazione di farmacisti FarmaGalenica, il nodo del problema è una disposizione tecnica del provvedimento che impone che la titolazione del principio attivo. Nel testo leggiamo infatti che per assicurare la qualità del prodotto, “deve essere effettuata per ciascuna preparazione magistrale con metodologie sensibili e specifiche quali la cromatografia liquida o gassosa accoppiate alla spettrometria di massa ovvero il metodo di estrazione deve essere autorizzato ai sensi della normativa vigente”.

Peccato che gli strumenti necessari per rispettare la disposizione costino centinaia di migliaia di euro e il ricorso all’eventuale “service” di un laboratorio esterno è reso nei fatti impossibile per la semplice ragione che l’analisi va replicata per ogni singola preparazione, con il risultato di amplificare a dismisura non solo i costi ma anche i tempi. Per quanto riguarda i costi specifici, nel decreto si stima il costo di produzione della sostanza in 5,93 euro al grammo, IVA esclusa. La tariffa della cannabis per la vendita al dettaglio sarà poi determinata con un aggiornamento del decreto che stabilisce le tariffe nazionali per la vendita al pubblico dei medicinali, individuando in una cifra che sarà fissa, a quanto sembra emergere ad una prima analisi, il prezzo finale al grammo per la cannabis.

Quello che a noi di Soft Secrets è però immediatamente balzato agli occhi è stata la sistematica esclusione di alcune patologie dalle tabelle: per i malati di Parkinson, Alzheimer, epilessia, morbo di Crohn, Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) ed epatite C non c'è né possibilità di prescrizione, né di rimborso dei farmaci cannabinoidi. Un'evidente autogol che sconfessa in pieno le dichiarazioni fatte inizialmente dal ministro Lorenzin che, presentando alla stampa la sua personalissima riforma a settembre dello scorso anno, aveva assicurato un'ampia accessibilità alle cure con la cannabis. Paradossalmente rimane poi l’incredibile non riconoscimento del trattamento a base di cannabis come terapia valida per il trattamento di qualsivoglia patologia.

Leggiamo infatti nell'allegato: “In considerazione delle evidenze scientifiche fino ad ora prodotte, che dovranno essere aggiornate ogni due anni, si può affermare che l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali”. Insomma per il ministero della Salute la cannabis medica rimane poco più che un palliativo ma con evidenti potenzialità di profitto.

In ultimo, ci preme segnalare che grazie al decreto Lorenzin, sarà impossibile guidare o svolgere lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica per almeno 24 ore dopo l'ultima somministrazione con cannabis per uso medico. Per concludere, il 15 dicembre è stato inaugurato un sistema di semi-monopolio, dove il Ministero della Salute si pone come organo unico per garantire una gestione nazionale delle forniture e della coltivazione della cannabis mediante autorizzazioni e dove l’AIFA sostanzialmente decide e controlla la produzione autorizzata della sostanza. In questi passaggi autorizzativi e nell'evidente sciatteria giuridica e noncuranza clinica con cui il testo del decreto è stato redatto, non possiamo non individuare un fallimento tout-court della tanto sospirata cannabis medica di Stato. Come sempre, provano a metterci una pezza e fanno più danno del buco. Benvenuti in Italia.

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