Canapa e libertà in Francia

Soft Secrets
12 Mar 2016

  Da alcuni mesi, l'associazione francese Chanvre & Libertés (Canapa e Libertà), con il suo leader carismatico Farid Ghehiouèche, sta rilanciando l'iniziativa per rilanciare l'istituzione dei Cannabis Social Club in Francia secondo modalità specifiche legate alle caratteristiche del contesto sociale e giuridico di questo paese.


Le iniziative precedono per altro anche un altro dei grandi impegni di Farid, una politica transnazionale di controinformazione rispetto ai prossimi vertici ONU sulle droghe, la CND di Vienna del 14-22 marzo e l'UNGASS di New York del 19-20-21 aprile. L'obbiettivo principale è di radunare tutti i soggetti interessati attraverso un processo di elaborazione che metta insieme gli esperti e i professionisti del diritto e della sanità con i consumatori impegnati nella difesa dei diritti fondamentali. È per questi motivi che sono state lanciate le assisi “Cannabis Social Club, atto secondo”, che si sono aperte il 23 gennaio scorso alla Casa delle Scienze dell'Uomo di Nantes e che si prolungheranno fino all'autunno. Le prime due sessioni sono servite a passare in rassegna la genesi dei CSC e a superare un momento di stasi che ha accompagnato un movimento pro-cannabis fin troppo eterogeneo in un paese che, assieme alla Svezia, rappresenta uno degli ultimi bastioni del proibizionismo nudo e crudo, incurante del vento del rinnovamento che soffia dalle Americhe. In effetti la Francia sembra bloccata. La prima fase d'azione degli antiproibizionisti francesi era infatti cominciata già il 14 luglio 2012 con la fondazione della federazione di CSC (registrata come associazione alla prefettura di Tours) pensata per facilitare e dare impulso alla creazione dei social club. La mancanza di visibilità e la presenza di numerose incomprensioni hanno portato in meno di un anno alla fine di questo atto I: nel marzo 2013, dopo un un battage mediatico particolarmente vivace – nel corso del quale la stampa aveva annunciato la registrazione imminente in prefettura di oltre 400 club, mentre in realtà si trattava di qualche decina di gruppi pronti a mettersi in marcia, senza obbligatoriamente volersi denunciare alle autorità –, una perquisizione domiciliare del portavoce della federazione (anch'essa piuttosto plateale) aveva frenato bruscamente l'ondata d'impegno e d'entusiasmo, facendo apparire il tutto come l'ennesimo fuoco di paglia. Alla fine solo sei associazioni si erano denunciate negli uffici delle prefetture di Nantes, La-Roche-sur-Yon, Saintes, Limoges, Guéret e Mulhouse.Tutte queste associazioni sono state dissolte nel corso dell'anno per decisione di una corte amministrativa. Il 20 giugno 2013, la federazione nazionale veniva a sua volta dissolta dal tribunale amministrativo di Tours. I punti deboli di questo primo atto sono stati in primo luogo la mancanza di anticipazione strategica e la costituzione di CSC sulla base di statuti associativi raffazzonati e malfatti. L’esistenza di questa prima fase, per quanto breve e contraddittoria, ha per lo meno permesso di dare risalto alla idea che fosse possibile ripensare il mercato della cannabis al di fuori dello schema tradizionale dei “coffee-shop” o dei “dispensari”, organizzando la filiera in un circuito breve e in un circolo ristretto, in un contesto locale e non a scopo di lucro. Dopo la dissoluzione della federazione, ci sono stati alcuni tentativi di mettere insieme i cocci di questa debacle ma senza gran successo. In effetti il periodo 2014-2015 é considerato dai militanti francesi come l'intermezzo che segue il concludersi del primo tentativo di uscita allo scoperto che è considerato un momento propedeutico alla fondazione di Chanvre & Libertés - NORML France, sorta dalla coalizione di vari gruppi antiproibizionisti, tutti convinti dell'interesse del modello CSC per la Francia e che é stata contrassegnata da un certo interesse da parte di istituzioni ed attori politici locali a livello europeo rispetto al concetto e alla pratica dei Cannabis Social Club. Ma la situazione francese rimane paradossale. Abbastanza buone le strategie e le pratiche di riduzione del danno rispetto alle sostanze problematiche, mentre sussiste una completa chiusura alla cannabis, nonostante i livelli di consumo molto superiori alla media europea, ad ennesima dimostrazione di come la repressione non abbia alcun impatto sugli stili di vita e sui consumi. Per capire meglio che vento tira oltralpe, Soft Secrets ha intervistato uno dei principali volti dell'antiproibizionismo francese.   Qual é la mission di Chanvre & Libertés-NORML France? Farid Ghehiouèche: Nel dicembre del 2013,dopo che le autorità francesi hanno distrutto un anno di attività per i cannabis social club, numerosi gruppi si sono coalizzati con l'obbiettivo di riformare la politica francese sulle droghe. Come si declina la cannabis con i giovani e i nuovi sviluppi? FG: Esiste un uso massiccio della cannabis,una sostanza molto nota nonostante le leggi dure rivolte contro i giovani. È curioso notare come nel 1995 l'80% di teenager che usavano cannabis fossero coscienti che fosse completamente proibita, mentre oggi solo il 20% é consapevole di rischiare un anno di prigione. Mentre nello spazio di 20 anni la produzione domestica è passata dal 10% al 70% di oggi. Il livello di violenza che circonda il traffico delle droghe é ora fonte di preoccupazione, specialmente nei luoghi dove la povertà alimenta le violenze sociali I servizi segreti francesi sono stati per decenni direttamente coinvolti neI narcotraffico. E oggi? FG: Beh, questo è un argomento sensibile ma totalmente sconosciuto ai francesi: sicuramente il governo ha una lunga storia di implementazione dell'attuale sistema di controllo delle droghe. Recentemente abbiamo avuto degli scandali molto interessanti di traffici tra una città francese metropolitana e le Antille francesi con uno scambio di un chilo di cocaina con due chili di hashish. I trafficanti avevano testimoniato di esservi stati costretti dall'antidroga. Il Primo Ministro Manuel Valls ha parlato recentemente della Francia come di un paese in cui vige l' apartheid. FG: Certamente la Francia ha una lunga storia di segregazione soprattuto a causa delle sue esperienze coloniali e post-coloniali, e anche se Voltaire rimane una figura chiave della libertà d'espressione, questo filosofo e molti altri dopo di lui hanno aperto la strada per il razzismo e le discriminazione. Dopo la seconda guerra mondiale, la cosiddetta decolonizzazione non è stata mai completata. Molte periferie francesi sono state costruite per parcheggiarci le auto, gli immigrati e i poveri e sono un sintomo di un fallimento paragonabile ad una specie di apartheid implementato fin dagli anni Ottanta e che perdura a causa della crisi e della disoccupazione. Siamo ad un crocevia. La società francese salterà nel fascismo cacciando i nemici interni e distruggendo i nemici esterni "non in linea", oppure resisterà esplorando nuovi valori, basati magari sulla cooperazione? FG: Noi stiamo facendo campagna per i Cannabis Social Club con una iniziativa politica denominata FLUO (riunendo diversi gruppi di outsider come movimenti di cultura libera /freeparty ,consumatori di droghe, sex worker, ecologisti,come pure il Partito Pirata, Cannabis Sans Frontières... ). Il nostro obiettivo è mettere in essere un mercato economico regolato della cannabis, gestito da circoli sociali e solidali, in modo da reinvestirne profitti in progetti e missioni di interesse generale. Sfortunatamente, noi non siamo riusciti a convincere gli elettori a sostenere questa iniziative e sarà difficile conquistare un futuro migliore dal momento che la nuova presidentessa regionale faceva campagna per "test antidroga per ogni teenager a scuola". Quali sono i sentimenti della popolazione delle periferie divise tra la crescita della estrema destra e la polarizzazione della gioventù di origine islamica? FG: Questo fenomeno è parte del grande gap francese che deve esser affrontato, dal momento che dobbiamo evitare un clima di “guerra civile”. Finora, la crisi economica francese è in gran parte il fenomeno chiave, e non vi é dubbio che da un punto di vista antiproibizionista un secolo di “guerra alle droghe” deve esser cambiato ora, se vogliamo affrontare le sfide in Francia ma anche a livello mondiale. Che cosa pensare che possano ottenere i movimenti e i gruppi antiproibizionisti in paesi come la Francia rispetto alla politica sulle droghe? FG: Questa è parte delle nostre sfide. L'antiproibizionismo non tratta solo dei problemi legati alle droghe. Nel frattempo, già la cannabis di per sé può costituire un buon fattore per cambiare diversi aspetti della società francese. Da anni, stiamo sostenendo di dover bloccare le massicce violazioni dei diritti umani basate sulle superate politiche antidroga e per condensare la nostra proposta in un modo molto semplice, noi potremmo argomentare con “Usa l'hascisc e non il kalash". I recenti attentati stanno spingendo verso sviluppi ancora più repressivi se la musica non cambia. Qual é la dimensione del controllo anticannabis? FG: Con Sarkozy venivano utilizzati i cani all'uscita delle scuole di campagna, ora un candidato di destra propone i test salivari. In futuro saremo confrontati con “leggi di sicurezza”, magari fatte passare come “Legge di miglioramento della salute”. Siamo ben lontani da una prospettiva liberale. Potrà nascere una nuova Europa che superi la barbarie della guerra alle droghe? FG: Questa é una buona idea, che noi possiamo condividere, ma non sono sicuro che la Francia possa assumerne la leadership. Questa deve essere una iniziativa politica europea genuina guidata da un gruppo di stati membri come Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Germania. Forse bisognerebbe far pressione sul governo dei Paesi Bassi che ha la presidenza UE da gennaio e durante l' UNGASS sulle droghe a New York. Le grandi sfide sul clima, il controllo delle droghe, la libertà e la pace sono tutte legate ad un “caos positivo”, che prorompe dalla sinarchia verso l'anarchia! Non saranno le date sui calendari che termineranno lo status quo o che porteranno delle soluzioni globali. Questa é una questione di democrazia. Se si vuole produrre un cambiamento globale su scala globale, dipende da tutti i singoli esseri umani essere sicuri e liberi, fisicamente rispettati e socialmente integrati.    

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