Legalizzazione: modello Uruguay

Exitable
23 Oct 2014

Forse si tratta di lupi travestiti con pelli d'agnello, o forse sentono il vento dell'Ovest che soffia dai due subcontinenti americani verso il resto del mondo, ma è certo che la 57ma Conferenza Droghe Narcotiche di Vienna, con la sola ed isolata eccezione di Italia, Svezia, Giappone e Cina, ha segnato un forte mutame


Forse si tratta di lupi travestiti con pelli d'agnello, o forse sentono il vento dell'Ovest che soffia dai due subcontinenti americani verso il resto del mondo, ma è certo che la 57ma Conferenza Droghe Narcotiche di Vienna, con la sola ed isolata eccezione di Italia, Svezia, Giappone e Cina, ha segnato un forte mutame

Forse si tratta di lupi travestiti con pelli d'agnello, o forse sentono il vento dell'Ovest che soffia dai due subcontinenti americani verso il resto del mondo, ma è certo che la 57ma Conferenza Droghe Narcotiche di Vienna, con la sola ed isolata eccezione di Italia, Svezia, Giappone e Cina, ha segnato un forte mutamento di toni e un definitivo tramonto della tolleranza zero, difesa in maniera esplicita solamente dalla Regina Silvia di Svezia, tanto che a metà maggio a Stoccolma si terrà un incontro degli ultimi moicani decisi al cambiamento ma senza legalizzazione. Mentre altri ancora stanno cercando di capire come trasformarsi per non perdere posti e prestigio, addirittura creando una sorta di cupola di scienziati o sedicenti tali. Oppure rappresentando per l'ennesima volta teorie strampalate come quella dei buchi nel cervello o la classica “chi semina cannabis raccoglie eroina”.

 In apertura alla CND – che si è tenuta dal 13 al 21 marzo – il direttore esecutivo dell'Ufficio Droghe e Crimine delle Nazioni Unite, il russo Yuri Fedotov, ha definitivamente condannato la criminalizzazione dei consumatori di sostanze illecite e in particolare la cannabis sottolineando come le convenzioni permettano ai singoli stati la non punibilità della coltivazione per uso personale, aprendo di fatto pur in maniera contorta ai cannabis social club. 

Per Michel Katzchkine delle Nazioni Unte la repressione è la principale causa della diffusione spaventosa di malattie pericolosissime in Asia Centrale e nell'Europa orientale. Un discorso mai recepito finora dall'Ufficio Droghe e Crimine dell'Onu che su questo punto è sempre stato ai ferri corti con l'Organizzazione Mondiale della Sanità. 

Che dire infine di analoghe dichiarazioni di Nora Volkow, già direttrice della NIDA americana, un ente che, parimenti al nostro DPA, per oltre quarant'anni ha bloccato ogni tipo di sperimentazione con la cannabis? Anche la nipote del rivoluzionario russo Lev Trotsky, pur di poter concorrere nella costituzione di un pool di esperti con appoggio ONU, deve fare i conti con la realtà in profonda trasformazione del suo paese, orientata sempre più decisamente verso la legalizzazione della canapa. 

Sono previsti e pianificati colpi di coda, magari a partire dall'incontro di alcune ONG proibizioniste come San Patrignano, anche perché questa conferenza ha segnato un passaggio importante per preparare l'Assemblea Generale di New York 2016; assemblea che potrebbe vedere come ipotesi il passaggio della cannabis alle competenze della Organizzazione Mondiale della Sanità, al pari di tabacco ed alcool. È l'immagine di un mondo capovolto, in cui i guerrieri della guerra alle droghe probabilmente cercano di riciclarsi abbandonando le forme classiche. 

Si tratta di un cambiamento che investe anche i palazzi, ma il grande merito del vento di cambiamento va ai cittadini e ai pazienti organizzati degli stati di Washington e del Colorado. Il grande merito va anche al coraggio di Pepe Mujica e di Diego Canepa che hanno lavorato sodo affinché il loro paese potesse esser il primo a legalizzare la canapa. Tutto lo staff diplomatico della Repubblica Orientale dell'Uruguay e i ministri sono scesi in prima fila a Vienna per difendere la riforma e per implementare la svolta in atto. 

A Vienna abbiamo incontrato il vero autore della riforma, Diego Canepa Baccino, sottosegretario alla presidenza dell'Uruguay con la delega alla politica sulle droghe. A Canepa abbiamo chiesto di raccontarci cosa sta accadendo nel suo paese e in America latina dopo che la legalizzazione in fase di attuazione in Uruguay, oltre che gli stati di Washington e Colorado negli Stati Uniti, è ormai passata all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale 

Che succede in Uruguay e nelle Americhe?
Grazie per l'intervista, la cosa più importante da dire è che la discussione generale sul problema delle droghe in America Latina è cambiata da due, tre anni. Molte esperienze di governo si sono rese conto che le politiche degli ultimi decenni sulle droghe sono state molto negative. La violenza che ha portato la crescita del narcotraffico in America Latina – e in modo particolare in Messico e Colombia – a lungo andare ha portato delle ripercussioni per tutti i paesi dell'area. Noi abbiamo cominciato a ragionare in ottica differente; il problema delle droghe è una questione di salute pubblica, poi c'è il problema della sicurezza. Il proibizionismo puntava a negare alla persona l'accesso alla sostanza alimentando un mercato illegale molto più grande, con molti più soldi e che accresceva il suo potere e la sua influenza in maniera esponenziale. Allora abbiamo messo al centro del discorso sulla sicurezza il problema del mercato illegale. Noi come stato ci siamo messi nell'ottica di controllare e fiscalizzare questo mercato; è evidente che è più facile controllare e fiscalizzare un mercato legale, è più facile per un governo controllare un mercato visibile che uno invisibile. Da questa domanda è partito un percorso di due anni che ha portato l'Uruguay ad essere il primo paese del mondo che ha completamente legalizzato la marijuana in un mercato regolato e controllato in tutto dallo Stato, come il tabacco e l'alcool.

Prendendo ad esempio la “droga alcool”, in molti parti del mondo essa è contenuta in un contesto culturalizzato e questo porta nella socializzazione a comprenderne i rischi e a controllare l'uso di una sostanza certamente molto più problematica della cannabis?
Il problema dell'alcool in Uruguay è quello più grande che ci troviamo ad affrontare. L'uso e l'abuso dell'alcool, che non è l'alcolismo, che è una malattia, pongono il problema che la relazione con la sostanza modifica la condotta di una persona nella vita quotidiana. Questo è il problema, il primo, il secondo è il tabacco, il terzo la marijuana. La marijuana è una droga e può non far bene ma bisogna regolarla allo stesso modo del tabacco e dell'alcool.

Quali sono state le reazioni della popolazione in Uruguay?
Nell'ultimo sondaggio uscito sui giornali la percentuale di favorevoli e contrari è esattamente della metà. Quando abbiamo cominciato c'era una maggioranza del 65% contraria alla legge. Le persone ha guardato il percorso di questa politica e le opinioni stanno cambiando, vedremo i risultati tra un anno, anno e mezzo.

Quale è stata invece la reazione degli altri Stati?
Noi abbiamo sempre detto che questa è una questione che riguarda solo il nostro paese, per condizioni politiche e di sviluppo noi abbiamo ritenuto possibile una scelta del genere. Rispettiamo le politiche altre di paesi a noi vicini, ma contemporaneamente difendiamo questa nostra scelta. Ma questa discussione riguarda tutti i paesi, piccoli e grandi perché è anche un problema economico.

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