Poliziotti antiproibizionisti

Soft Secrets
10 Nov 2013

Maria Lucia Karam: In effetti,la maggioranza dei giudici e dei funzionari di polizia non criticano la proibizione delle droghe.


Maria Lucia Karam: In effetti,la maggioranza dei giudici e dei funzionari di polizia non criticano la proibizione delle droghe.

SSIT: Signora Karam lei è un giudice. Apparentemente sono ancora pochi i rappresentanti della magistratura e della polizia a criticare il proibizionismo o mi sbaglio? In Italia come in Brasile le carceri sono piene di persone in prigione per problemi legati alle droghe.Il sistema penale pare non reggere il sovraffollamento carcerario e le condizioni terribili delle carceri e di molti quartieri del suo paese sono sotto gli occhi di tutti. E qualcuno continua ancora a riproporre il vecchio ritornello come ricordava il gruppo punk Ratos de porao (le pantegane): Aids, pop, repressao.

Maria Lucia Karam: In effetti,la maggioranza dei giudici e dei funzionari di polizia non criticano la proibizione delle droghe. Tuttavia, vi è un numero crescente di giudici e specialmente di funzionari di polizia che hanno già compreso il fallimento e i danni creati dal proibizionismo. Law Enforcement Against Prohibition, i tutori della legge contro la proibizione (LEAP), del cui Consiglio dei Direttori sono onorata di partecipare, attesta questa crescita. La LEAP è una organizzazione educativa internazionale, no profit, composta di membri in servizio e ritirati delle comunità della tutela della legge e del sistema della giustizia penale che credono che la guerra alle droghe non solamente sia fallita ma che sia divenuta un disastro per quanto riguarda le politiche pratiche. La LEAP sa ed afferma che per ridurre la violenza, la morte, la malattia, il crimine e la dipendenza è necessario terminare la proibizione e legalizzare e regolare la produzione, l'offerta e il consumo di tutte le droghe. La LEAP è stata creata negli USA nel 2002 da cinque funzionari di polizia. Oggi essa conta migliaia di membri e di sostenitori in tutto il mondo, compreso il Brasile.

SSIT: In effetti, le prigioni brasiliane sono stipate di gente arrestata per droga. Nel 2005, solamente il 9% dei detenuti brasiliani erano reclusi per le droghe; nel 2012 erano divenuti il 27%. Tra le donne questa percentuale arriva al 47%. Quasi tutte le persone detenute a causa delle sostanze sono originarie dei quartieri più poveri del Brasile, i ghetti chiamati favelas.

Esiste pure un risultato peggiore del proibizionismo in Brasile. La quota di omicidi è di 27 persone su 100000. Una gran parte di questi omicidi sono un risultato del proibizionismo. A parte le turf war, i conflitti per il controllo del territorio tra le bande rivali, vi è la violenza della polizia che utilizza la versione brasiliana della “war on drugs”. Nelle città di Rio de Janeiro e di São Paulo, un omicidio su cinque è stato il risultato di esecuzioni sommarie avvenute durante delle operazioni di polizia dirette contro gli spacciatori delle favelas. I “nemici” della guerra alle droghe brasiliana sono i rivenditori poveri e marginali che vivono nei ghetti, come pure coloro che gli possono assomigliare. Gli spacciatori a delle favelas sono generalmente molto giovani, imbracciano con fierezza i loro mitra sostituendoli ai giocattoli che non avevano mai potuto avere. Essi combattono per il controllo di territori marginali e per i loro profitti occasionali. Come la grande maggioranza dei ragazzi poveri del Brasile essi coltivano il sogno di diventare di famosi calciatori ma non ne hanno l'opportunità. Sono senza speranza. Non vivono a lungo. Essi uccidono e muoiono. Ben presto, altri bambini prenderanno il loro posto.

SSIT: Che cosa c'è alla base del progetto di legge sulle droghe in Brasile e quali potrebbero essere le conseguenze?

Se questa nuova legge verrà approvata (è già passata alla Camera e deve esser esaminata dal Senato), essa aumenterà il danno causato dal proibizionismo in Brasile. La legge aumenta il termine minimo stabilito per il traffico di droga che è ora di cinque anni di prigione: se l'imputato guida una “organizzazione criminale”, il termine minimo diverrebbe di 8 anni di carcere. Inoltre la legge agevola il trattamento obbligatorio per i consumatori.

SSIT: La cannabis, la macohna, è parte della cultura afro-americana del Brasile ma anche di molte persone di origine europea. Esistono movimenti antiproibizionisti e che stanno facendo?Ho saputo che la Million Marijuana March alcuni anni fa era stata attaccata dalla polizia.

La sezione brasiliana della LEAP- (www.leapbrasil.com.br) – fu creata nel 2010. Noi ora abbiamo 121 tutori della legge, per la maggior parte sono funzionari di polizia in servizio. Da allora gli oratori della LEAP nel nostro paese hanno fatto numerose presentazioni in tutto il paese. A parte la LEAP, ci sono altri movimenti antiproibizionisti in Brasile, come quelli che hanno organizzato le marce per la marijuana. In effetti, le marce per la marijuana vennero proibite ed attaccate dalla polizia alcuni fa. Tuttavia, nel 2011, la Corte Suprema brasiliana ha deciso che le marce per la marijuana non potevano essere vietate con la motivazione che esse costituivano una manifestazione legittima della libertà d'espressione. Da allora ci sono state numerose marce per la marijuana che si sono svolte in molte città brasiliane senza avere nessun tipo di problema con la polizia.

SSIT: Che prospettive esistono per il movimento antiproibizionista globale nei prossimi mesi ed anni e in particolare in Brasile?

Io credo che la prospettiva del movimento antiproibizionista globale è piuttosto positiva. Sempre più gente in tutto il mondo sta prendendo coscienza del fallimento e del danno del proibizionismo e della necessità di regolare produzione, fornitura e consumo di tutte le droghe. Sempre più politici cominciano a parlare di legalizzazione. Sempre più organi di stampa cominciano a pubblicare degli editoriali che esprimono il loro sostegno alla legalizzazione. Alcuni paesi cominciano a mettere in discussione le convenzioni delle Nazioni unite sulle droghe e a discutere delle alternative. Sebbene il governo brasiliano insiste ancora sulla “war on drugs,” altri paesi latino-americani hanno sottolineato il bisogno di cambiare questa politica fallimentare e nociva. I capi di stato di Costa Rica, Guatemala e Colombia hanno già chiesto la fine del proibizionismo. L' Uruguay ha iniziato il cambiamento. Seguendo l'esempio di due stati statunitensi – Colorado and Washington – i cui elettori hanno deciso di legalizzare e regolare la produzione, offerta e consumo di marijuana,l' Uruguay diventerà ben presto il primo paese del mondo a farlo. Io sono sicura che le richieste di terminare la proibizione saranno sempre più numerose ed esplicite nei prossimi mesi ed anni. Io sono sicura che la fine del proibizionismo avverrà molto prima di come potessimo immaginare alcuni anni fa.

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