Appello per la liberazione di Cinquini

Soft Secrets
18 Sep 2013

Si moltiplicano gli appelli per la liberazione del medico toscano arrestato


Si moltiplicano gli appelli per la liberazione del medico toscano arrestato

Arrestato due mesi fa, ha fatto uno sciopero della fame per difendere la sua scelta. L'appello dal Forte: liberatelo

PIETRASANTA. L'appello arriva da un palco che non ti aspetti. Non è una manifestazione dei movimenti per la legalizzazione della marijuana e neppure un convegno scientifico dell'uso terapeutico della cannabis.

È il palco del premio Satira di Forte dei Marmi e quell'appello, «Cinquini libero», arriva dai fratelli Emmanuel e Fabrizio Vegliona, due talenti cresciuti in Versilia e diventati autorità per la satira sul web a livello nazionale e internazionale.


Fabrizio Cinquini, 50 anni, è il medico chirurgo di Pietrasanta che da anni si batte per la diffusione e l'ampliamento dell'uso terapeutico della cannabis. Dal 22 luglio è in carcere per produzione, coltivazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante un intervento in ambulanza (prestava servizio per il 118 dell'Asl) alcuni anni fa contrae Epatite C. Ma le cure tradizionali - la chemioterapia - rischiano di ucciderlo.

Così inizia la ricerca di una alternativa e nella cannabis trova una cura per se stesso. Da qui il suo percorso di studio e ricerca convinto di poter aiutare anche gli altri con metodi analoghi.
Cinquini, però, è agli arresti da quasi due mesi. Perché i carabinieri hanno trovato nel suo giardino 277 piante di canapa. Detenuto nel carcere di Lucca ha cominciato uno sciopero della fame, seguito da altri reclusi. Una protesta alla quale è seguito il trasferimento all'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. La sua permanenza qui non è durata a lungo: dopo un periodo di osservazione, sabato Cinquini è stato riportato in una cella di un istituto penitenziario della zona (Lucca o forse Massa). Perché non sussistevano motivi per la permanenza del medico a Montelupo.


In cella aspetterà la nuova udienza del processo, il 26 settembre, che lo vede imputato per produzione, coltivazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Accuse da sempre respinte da Cinquini che, in una intervista rilasciata a Fabrizio Dentini, autore del libro inchiesta "Canapa medica" (Chianaski ed.), dice di se stesso: «Pago la mia ostinazione e la mia coerenza, anche professionale (che deriva dal giuramento di Ippocrate di non nuocere ai propri pazienti)». Per Cinquini la coltivazione della canapa è infatti finalizzata alla ricerca e alla terapia di patologie gravi, a cominciare dalla sua. Ma questa sua missione negli ultimi anni si è tradotta in guai con la giustizia.

Cominciati nel giugno 2007 e poi nell'ottobre dello stesso anno: fermato perché in possesso di cannabis, nella sua abitazione i carabinieri trovarono 1167 bustine di semi di marijuana. Cinquini va in carcere, subisce un processo, viene condannato a tre anni di arresti domiciliari.

Ma non si ferma: si autodenuncia ai carabinieri e continua la sua ricerca finalizzata alla selezione di ibridi di cannabis ad alta qualità terapeutica. È ancora ai domiciliari quando, quasi due mesi fa, finisce di nuovo agli arresti.

La sua posizione, dal punto di vista giudiziario, è complessa: recidivo, rischia fino a 20 anni di carcere. Il 26 settembre sarà di nuovo in aula e con lui, probabilmente, gli amici e i tanti che, in questi anni, ha sensibilizzato su un tema dibattuto e oggi, in Italia almeno, ancora controverso come la coltivazione della cannabis e il suo utilizzo a scopo terapeutico.

Nel 2005 era stato il promotore di una mostra convegno sulla cannabis medicale ma innumerevoli sono le sue partecipazioni a iniziative di questo tipo che lo hanno fatto diventare un'autorità nel settore. Anche per questo si moltiplicano gli appelli per la sua liberazione.

di Valentina Landucci


Fonte: IlTirreno.it

 

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