La sentenza di Ferrara

Soft Secrets
14 May 2013

Si infiamma il dibattito dopo la sentenza che ha assolto due giovani accusati di coltivazione


Si infiamma il dibattito dopo la sentenza che ha assolto due giovani accusati di coltivazione

La sentenza-madre è stata pronunciata a Ferrara il 20 marzo scorso dal giudice Franco Attinà: la coltivazione di marijuana per uso personale non costituisce reato. Grazie a quel verdetto sono stati assolti due giovani: rischiavano fino a 6 anni di pena (il pm ne aveva chiesto uno), sono usciti dal tribunale senza macchia.

Come loro, degli effetti di quella sentenza, stanno beneficiando altri imputati: negli ultimi giorni - spiega l'avvocato Carlo Alberto Zaina, del Foro di Rimini, che ha difeso i due giovani assolti a Ferrara - altri legali hanno proposto con successo la stessa tesi a Milano e a Padova. «La questione - annuncia Zaina - è all'esame anche del tribunale di Perugia». Il sassolino lanciato da Ferrara ha iniziato ad agitare le acque del diritto nei palazzi di giustizia italiani, un fremito che è stato avvertito distintamente nella capitale.

E' stato un senatore del Pdl, il calabrese Antonio Gentile, segretario dell'Ufficio di presidenza di Palazzo Madama, a sollevare ieri il caso citando il precedente di Milano «erroneamente attribuito a Ferrara», ha precisato l'avvocato Zaina. Dal tribunale estense in realtà è partita l'onda che sta rischiando di ribaltare uno dei cardini della legge Fini-Giovanardi, discussa e contestata fin dal 2006, quando ha confermato tra i reati la coltivazione di piante inserite nell'elenco delle sostanze stupefacenti.

Gli imputati assolti a Ferrara erano stati arrestati per il possesso di quattro piantine, l'uomo citato dal senatore Gentile - secondo la ricostruzione dello stesso senatore - ne aveva almeno una ventina. «Il tribunale di Ferrara (ma come ha precisato l'avvocato Zaina si tratta di quello di Milano, ndr) lo ha incredibilmente assolto - protesta il senatore - Ho rispetto per i magistrati, ma se si continuano a emanare sentenze che assimilano una portata industriale del genere di droga ai coltivatori diretti si fa un danno enorme alla salute dei giovani.

Credo che sia doveroso stigmatizzare questa sentenza auspicando che la procura faccia appello e che in quella sede questo giovane venga adeguatamente condannato: la cannabis è una droga a tutti gli effetti e chi la difende, anche attraverso questi atti, forse non sa effettivamente quello che fa».
La sferzata assestata a i giudici ha suscitato l'aspro commento del legale romagnolo, che si è sentito indirettamente tirato in ballo.

«Intanto bisogna ricordare che nel 2004 una norma comunitaria ha stabilito che la coltivazione di cannabis per uso personale non va punita - ricorda Zaina - ma in Italia il legislatore continua a fare orecchie da mercante e della legge si fa un uso populistico e demagogico. Nel 2006 la Fini-Giovanardi ha affrontato la questione in modo assolutamente superficiale rifiutando di accettare il fatto che la giurisprudenza aveva già distinto la coltivazione domestica da quella agraria. Siamo arrivati all'assurdo che se compro 20 grammi di hashish sul mercato alimentando il giro dello spaccio non vengo punito, mentre se coltivo una piantina di marijuana nel mio appartamento sono perseguito dalla legge. E c'è anche un altro aspetto da mettere in luce: l'uso privato di fatto tende a ridurre la sfera di azione della criminalità, come ha evidenziato lo stesso giudice Attinà nella sentenza». (gi.ca.)

 

 

Fonte: lanuovaferrara.gelocal.it

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