Semplici considerazioni sulla cannabis terapeutica

Soft Secrets
27 Mar 2012

Quando si parla di cannabis terapeutica, si sente dire praticamente di tutto. Quello che non bisognerebbe mai dimenticare è che si sta pur sempre parlando di una pianta.


Quando si parla di cannabis terapeutica, si sente dire praticamente di tutto. Quello che non bisognerebbe mai dimenticare è che si sta pur sempre parlando di una pianta.

Quando si parla di cannabis terapeutica, si sente dire praticamente di tutto. Quello che non bisognerebbe mai dimenticare è che si sta pur sempre parlando di una pianta. Amata, odiata, bistrattata, utilissima, costretta alla clandestinità e tutti gli altri aggettivi che possiamo attribuirle. Il paradosso più grande è l'attuale e inspiegabile doppia considerazione di questa sostanza, per gli "effetti" che essa può dare all'organismo umano. Da un lato è riuscita a conquistarsi negli anni uno status di medicina (anche se utilizzata come tale più o meno da 10.000 anni) grazie gli infiniti studi medici che, un tempo mirati a dimostrare la pericolosità di questa sostanza, ne hanno oggi dichiarato le differenti qualità e proprietà terapeutiche. Queste condizioni si verificano in Paesi laddove la cannabis terapeutica viene davvero impiegata come cura per differenti patologie. Dall'altro lato la cannabis è rimasta relegata nell'ambito della droga pericolosa in quei Paesi dove vige un regime più o meno totalitario a livello decisionale. Come questo assurdo paradosso possa coesistere a livello temporale è un mistero, che probabilmente nemmeno chi sostiene tale pericolosità non è in grado di spiegare.

Come può una sostanza in uno Stato rappresentare una medicina, ed in un altro Stato essere addirittura una pericolosa droga che brucia e danneggia il cervello?

Come può una sostanza in uno Stato rappresentare una medicina, ed in un altro Stato o continente essere addirittura una pericolosa droga che brucia e danneggia il cervello? Cercando la risposta a questo quesito salta agli occhi che un problema di fondo esiste. Dove stanno la ragione e la verità? Sarà laddove la cannabis è tollerata e utilizzata, oppure laddove è vietata e considerata una droga pericolosa?

Come può una sostanza in uno Stato rappresentare una medicina, ed in un altro Stato o continente essere addirittura una pericolosa droga che brucia e danneggia il cervello? Cercando la risposta a questo quesito salta agli occhi che un problema di fondo esiste. Dove stanno la ragione e la verità? Sarà laddove la cannabis è tollerata e utilizzata, oppure laddove è vietata e considerata una droga pericolosa?

Quando ho iniziato qualche anno fa a cercare di diffondere informazioni sulla cannabis terapeutica, la risposta più comune era: "ma non ci sono studi scientifici che ne dimostrino l'efficacia", e la maggior parte delle persone ancora oggi è all'oscuro e non immagina minimamente le potenzialità di questa sostanza. Come accennato poche righe fa, c'è stato un periodo in cui questi studi scientifici sono stati o nascosti e occultati (il più delle volte quando non ne rivelavano tossicità alcuna, e addirittura dimostravano un certo tipo di utile proprietà), o sono stati mirati e articolati in modo da dimostrare quanto la corrente del momento voleva dimostrare, ovvero che la cannabis è una sostanza pericolosa e/o dannosa. Questa tesi è stata poi fortemente sostenuta negli anni, sia a livello politico che farmaceutico, a scapito della tesi di utilità terapeutica.

Storicamente, la corrente proibizionista, non avendo avuto grossi risultati nel diffondere le false notizie relative alla pericolosità, ha dovuto in parte soccombere alla realtà dell'introduzione e dell'utilizzo della cannabis nella sua destinazione terapeutica. Al giorno d'oggi infatti, specialmente negli Stati Uniti, è possibile recarsi in uno dei tanti dispensari e, dietro opportuna ricetta medica, ottenere la sostanza. Quindi se al mondo esistono posti come questi, e nessuno di questi pazienti negli anni ha riscontrato i danni irreparabili di cui tanto si sente parlare, non si comprende come tutto questo sia possibile. Negli Stati Uniti si può comprare in farmacia, e l'accesso è consentito anche agli stranieri, ma in Europa invece - salvo qualche caso sporadico - è difficoltoso accedere a questo tipo di cure, che rimangono comunque limitate e di molto inferiori, rapportate al bacino americano. In Europa infatti, al momento non esistono ancora centri come questi e la distribuzione in genere è affidata alle farmacie oppure alle istituzioni ospedaliere. In Italia i pochi pazienti che possono contare sulla fornitura di Bedrocan o di Sativex si devono rivolgere alla ASL che, secondo modalità differenti da regione a regione, può fornire la medicina sostenendone in tutto o in parte il costo (abbastanza elevato) di importazione, oppure negare in tutto o in parte sia il sostenimento del costo che la fornitura stessa. Questa procedura, particolarmente in Italia, è macchinosa e burocratica, attuabile per una cura di tre mesi, dietro un'attesa di altri tre mesi in cui il paziente resta senza la fornitura (è possibile ordinare una cura di tre mesi alla fine del ciclo precedente, e occorre attendere altri tre mesi per la consegna). In Europa in generale l'accesso a questi farmaci è più semplice, ma non comunque di facile ottenimento.

Un'ultima tendenza proibizionista è quella di ignorare completamente questo aspetto della cannabis, etichettata come sostanza sempre più pericolosa per i danni che provoca al cervello, e di accusare l'esistenza dei citati dispensari di produrre guadagni illeciti utilizzando la terapeutica come copertura per chissà quali loschi affari, quando in realtà il fine primario è l'approvvigionamento dei centri stessi per la destinazione di quanto prodotto ai pazienti. Quando le bugie non hanno confine.

L'aspetto fondamentale e al momento profondamente sottovalutato, per non dire decisamente usurpato, è che per stabilire la pericolosità o l'utilità di una sostanza è necessario trascendere da opinioni morali o politiche, e lasciare lo spazio alla scienza. La politica dichiara la pericolosità della cannabis e l'inutilità degli aspetti terapeutici, adducendo tutta una serie di studi su detta pericolosità, senza neppure citarne uno: è infatti a tutt'oggi impossibile risalire ad uno di questi fantomatici studi commissionati dal DPA italiano guidato da Giovanardi, così come è stato impossibile per un certo periodo di tempo, accedere al rapporto annuale che il DPA stesso deve inoltrare alle Camere, e che non è stata praticamente disponibile per oltre un mese. Alla pubblicazione poi si scoprì che i dati erano falsati e che tale relazione rappresenta un inutile costo politico, che non restituisce nessun tipo di conclusione concreta. Di contro, qualche regione italiana, procede a proporre ed istituire leggi locali che permettano la già citata fornitura di medicinali a base di cannabis.

Questo atteggiamento danneggia in primis tutta la serie di persone che affette da quelle patologie per cui l'assunzione di cannabis risulterebbe d'aiuto. Sarebbe giunto il momento di escludere la politica da un certo tipo di settori, come nel caso della cannabis terapeutica, soprattutto quando la politica si rivela in grado solamente di ostacolare il progresso scientifico nella cura di determinate malattie, a favore di qualche attività parallela, connessa direttamente al proibizionismo.

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