L'altro lato del narcotraffico.

Soft Secrets
04 Mar 2011

Conobbi la cannabis e non la mollai più. Dalle piccole quantità cominciai ad avere un volume di affari sempre più grosso fino a che non fui obbligato ad andare direttamente alla fonte. Intrapresi e feci intraprendere svariati viaggi dai paesi produttori verso i paesi consumatori. Mi sono guadagnato anche svariati anni di residenza obbligatoria per questo.


Conobbi la cannabis e non la mollai più. Dalle piccole quantità cominciai ad avere un volume di affari sempre più grosso fino a che non fui obbligato ad andare direttamente alla fonte. Intrapresi e feci intraprendere svariati viaggi dai paesi produttori verso i paesi consumatori. Mi sono guadagnato anche svariati anni di residenza obbligatoria per questo.

L'altro lato del narcotraffico: a diretto contatto con i protagonisti di uno dei mercati meno conosciuti e più mistificati dai non addetti ai lavori. Un mercato in costante espansione, legato ad uno stile di vita considerato sconveniente dai legislatori proibizionisti, un'opportunità per molti, uno fra i nodi cruciali nel destino di questo paese, un momento per chi (fra coltivatori, appassionati, consumatori, ma anche politici, giudici e forze dell'ordine) cerchi di capire meglio il perché e percome di tale fenomeno economico e sociale: il mercato della cannabis. In questa puntata Soft Secrets vi offre l'intervista esclusiva ad un operatore del settore, che in una chiacchierata con se stesso, senza filtri e opacità - un monologo interiore dove la coscienza diventa flusso - ripercorre il viaggio delle occasioni e delle scelte compiute, per restituire a voi fedeli lettori una rubrica sempre aggiornata e veritiera senza fronzoli di sorta, ben concentrata a raccontare la realtà del trafficante e dei suoi traffici. Che a lui venga data la parola.  


SSIT: Partiamo dall'inizio.


Sono cresciuto nel nord est dove mi sono diplomato. Considero di aver avuto una buona famiglia e lo dico subito per sfatare il pregiudizio che a fare queste cose siano solo quelli che hanno avuto problemi legati alla vita familiare. Il mondo del traffico è quanto di più eterogeneo esista. A mio parere, in questo settore, la "legge" del traffico perché sono senza soldi o perché sono in difficoltà, non regge. E' ben lontana l'epoca in cui i contrabbandieri erano solo i poveri. Per la maggior parte infatti, i più grandi trafficanti non sono persone che hanno avuto bisogno di intraprendere questa carriera per soldi. Anzi molte volte sono spinti a trafficare per mantenere uno standard nella loro vita che va oltre le semplici necessità dell'esistenza. Il mio caso ne è un esempio. Io non ho mai avuto problemi di soldi, avevo da mangiare e da vestire. Cominciai a vendere marijuana per non dover dipendere dai miei e non dover domandare denaro per delle cose che effettivamente erano un surplus. Per questo mi sento di dire che il mondo del traffico è dalle mille sfaccettature.

Come comincia la tua carriera?


Conobbi la cannabis e non la mollai più. Dalle piccole quantità cominciai ad avere un volume di affari sempre più grosso fino a che non fui obbligato ad andare direttamente alla fonte. Intrapresi e feci intraprendere svariati viaggi dai paesi produttori verso i paesi consumatori. Mi sono guadagnato anche svariati anni di residenza obbligatoria, ma mi sono sempre ritenuto fedele a ciò che pensavo sul mondo della cannabis, non sentendomi all'interno di un circuito criminale, ma punito per meccanismi socio economici che influiscono sui sistemi penali adottati oggi giorno in Occidente.


Meccanismi socioeconomici? Che vuoi dire?


C'è un'incredibile contraddizione per come i vari Stati affrontano il problema cannabis. In Italia ad esempio, per le caratteristiche della sostanza, per l'impatto sociale che può avere e per il costo sociale che ne deriva, c'è un fortissimo sproposito nell'attuazione delle pene che equiparano questa sostanza a sostanze dai costi ed impatti ben più catastrofici. E' questa non è retorica. Poi in molti stati dell'UE il carcere è un business e quindi tutto va di seguito. Ad esempio in Francia molte carceri sono private, quindi dentro lavori, produci per delle industrie che stanno fuori, sei pagato a basso costo e sei costretto a pagare i prodotti con una forte maggiorazione, quindi in carcere senza soldi non vai da nessuna parte. Poi ci sono anche altre contraddizioni a più alto livello.


Ad esempio?


Il fatto che oggi in Afghanistan ci sia una delle più forti presenze militari conosciute al mondo e che l'Afghanistan continui ad essere il primo produttore globale di oppiacei e che l'eroina negli ultimi dieci anni sia tornata ad essere molto popolare e molto meno demonizzata dai giovani. Io mi ricordo che quando avevo dai 15 ai 22 anni c'era molta più gente che fumava cannabis di quelli che si fumavano o iniettavano eroina. Invece adesso noto un vero aumento nel consumo di eroina, come conseguenza del cambio del metodo di assunzione. Adesso infatti si fuma la roba avendo la parvenza di poterla controllare meglio.


Continuiamo il tuo percorso?


Arrivo a Bologna intorno al 1999 e devo dire che fino ai 22-23 anni ero un semplicissimo ragazzo che si vendeva i suoi 100 grammi (la classica panetta) per mantenersi una stanza in affitto e per fumare a gratis. A Bologna conobbi una ragazza che mi parlò del Marocco e del Sud della Spagna e questo, parlo sinceramente, mi aprì gli occhi. Due settimane dopo quell'incontro mi trovavo en la linea de Conception, guardando l'Africa di fronte a me. Il mio volume di affari aumentò smisuratamente, dalla panetta ero passato ai bancali. L'assenza di organizzazioni criminali transcontinentali mi permise di creare un mio business personale, libero dalle restrizioni assurde delle mafie.


Perché le chiami restrizioni assurde?


Se ritengo assurdo il sistema penale di vari Stati, non posso che ritenere assurdo anche un sistema dove l'estorsione prende il posto del sistema tributario. Mi sono sempre sentito libero e ho cercato sempre di arrangiarmi con le mie proprie forze.


Arriviamo al dunque, quali sono le caratteristiche di questo mercato?


Le caratteristiche del mercato della cannabis non sono uguali ai canali della cocaina, eroina e altre sostanze. Difficilmente mi sono trovato a dover colloquiare con gente armata o in situazioni di estremo pericolo. Sarà proprio per il carattere della sostanza che induce tranquillità, che per tutto il materiale che ho spostato la mia vita non è stata mai, quasi, a rischio. A volte, mi sono trovato solo con dieci persone. Non erano armate, ma in quei momenti lo sai che se ti vogliono fare ti fanno. Basta una pistola e ti tocca dargli tutto. Io però non sono un violento infatti non capisco l'atteggiamento dei governi contro la cannabis. Sono sempre stato sicuro che sarebbe bastato poco per perdere il carico e anche i soldi, ma non è mai successo. Ho sempre anteposto il rispetto per la persona al conseguimento di un forte guadagno e mi sono sempre trovato bene. Nella trottola della vita ho perso tanti soldi e ne ho guadagnati tanti, ma la vera svolta per me è arrivata quando mi sono messo nell'effettiva coltivazione e produzione di marijuana. Ragazzi che bomba. Questo si che è un business a costi abbattibili in brevissimo tempo.

“La perdita della libertà non ha fatto altro che innescare un processo di ribellione che mi porta ad essere sempre più sicuro del cammino che percorro.

Quindi ti sei attrezzato per la autoproduzione?


Produrre 1 chilo di marijuana non è dispendioso come si pensa e il guadagno in certi paesi è più che ottimale. Il trasporto diventa l'unico problema, ma vi assicuro che è più che risolvibile. La gente che non ha lavoro, i poveri, le persone che sono prese in un turbine fatte di spese, debiti e imposizioni che hanno caratteristiche del racket, dovrebbero sapere come produrre da sé 1 chilo di maria. E' un loro diritto. La gente vuole sapere come risolvere i propri problemi e la marijuana può risolverli. Bisogna dare alla gente veri strumenti per arrivare a conseguire una soluzione su come arrivare a fine mese. Con due lampade da 600, con un sistema aereoponico, con 30 piante (in uno spazio da 67 cm per un metro e 80 cm), considerando 40 grammi a pianta, ad esempio, si arriva a un kg d'erba che ti può fruttare dai 3 ai 6/7 mila euro. Dipende dalla quantità e qualità e dal mercato che hai, come ogni altro prodotto insomma.

Che differenza trovi fra Italia e Spagna, così vicine geograficamente e così distanti anni luce per quel che riguarda la concezione statale sul discorso cannabis?


L'unica differenza sostanziale fra Spagna ed Italia è che in Spagna non è penalizzato il consumo e il possesso di modiche quantità è punito con un reato amministrativo. Tutto qui. E poi c'è anche una depenalizzazione per quel che riguarda l'auto coltivazione. In Spagna sono più civili e meno repressivi e soprattutto c'è moltissima gente che fuma, proprio come in Italia.

Esiste un lato morale per chi traffica in cannabis?


Guarda, secondo me, è importante non quanto coltivi o quanto traffichi, ma perché coltivi e perché traffichi. E questo nessuno se lo domanda. Perché se lo facessero penserebbero ad ogni grammo di hashish che acquistano al mercato nero, mercato soggetto ad ottiche e meccaniche che stanno al di fuori di una società civile. Con l'autoproduzione tutto questo scompare o almeno comincerebbe a togliere unna bella fetta. In più autoproduzione significa controllo della qualità, senza edulcoranti o alteranti (come la dannosissima polvere di silicio) e la possibilità di poter alleviare moltissime patologie legate al trattamento del dolore che con il fumo che compri per strada ti puoi scordare.

Altre dritte per i growers?


Ci sono due maniere di coltivare: commercialmente o in proprio. Ormai in commercio esiste tutto un ventaglio di soluzioni: dal piccolo grow box di 1 metro quadro, sino a serre per una produzione pantagruelica. Tutto sta nel decidere l'uso, dettato a volte da necessità impellenti e purtroppo da avidità incomprensibili, come chi coltiva a manetta e non ne avrebbe bisogno. C'è anche da dire che una volta che si comincia a coltivare è difficile smettere. Un po' perché, essendo indipendente dal mercato, ti metti nella situazione di aver un approvvigionamento continuo e poi, nel caso di una coltivazione commerciale, gli alti guadagni e la semplicità della fase di coltivazione fanno si che solo la prigione e le altre pene funzionino come deterrente.

“Tutto sta nel decidere l'uso, dettato a volte da necessità impellenti e purtroppo da avidità incomprensibili, come chi coltiva a manetta e non ne avrebbe bisogno.

Hai qualche consiglio da dare ai pivelli?


Trafficanti si nasce. Il traffico a volte assume le caratteristiche di una malattia, non riesci a stare senza, il commerciare è come una voglia che ti porta a voler aumentare di più il tuo volume di affari, insomma l'avidità prende il controllo. Per salvarsi bisogna sempre porsi un obbiettivo per non cadere nella trappola dell'avidità, che è senza fine, mentre il raggiungimento di uno scopo pone uno stop necessario al cammino percorso. Nella mia vita la costruzione di un obbiettivo, insieme all'autoproduzione, è stato il mio terzo punto di svolta dopo la prigione.


Che ha portato nella tua vita l'esperienza della galera?


Mi porta una visione delle persone diversa perché sono convinto che il trafficante sia anche un po' psicologo: vende una merce che influisce profondamente sulla psicologia delle persone e penso che sia un grosso potere. Mi rammarica che non ne sussegua un'eguale responsabilità. Poi mi porto dietro popoli che continuano ad essere sfruttati, all'interno di un circolo criminale che non si occupa delle loro necessità: parlo del popolo berbero, del quale mi accompagna sempre il sapore del the misto alla libertà, compresa solo dopo essersene ubriacati. La perdita della principale caratteristica dell'essere umano non ha fatto altro che innescare un processo di ribellione che mi porta ad essere sempre più sicuro del cammino che percorro. Criminale? Penso che la sala d'attesa sia già abbastanza piena, preferisco lasciarla senza sbattere la porta.

In carcere a Genova la vigilia di Natale si suicida Marco Fiori, 24 anni: era in carcere per spaccio di pastiglie e per una rapina. Nel 2007 era incensurato. Che ne pensi di questa rapida e tragica traiettoria?


E' il prodotto di una sotto cultura di merda che fa dello spaccio l'unica soluzione a qualsiasi problema senza che questo sia soggetto a regole ben definite. Spacciando droga, si ha il movimento di una determinata quantità da A a B, saltando la fase di produzione e la fase di lavorazione, in poche parole non si conosce la provenienza e soprattutto non si ha nessuna sicurezza nell'intermediario, cadendo così in una vera e propria trappola che a volte può avere dei risvolti drammatici. Pastiglie. Debiti. Rapina. Prigione. Morte. Il cammino della disperazione che poteva benissimo essere evitato attraverso la costruzione di un vero progetto come l'autoproduzione di cannabis. Completamente controllato sotto norme fisse e avente solo l'obbligo e la buona volontà di cercare un solo intermediario fisso. Sembra fantascienza, eh? E non lo è, è la mia vita e potrebbe essere la soluzione per tanta gente, non tanta, non giusta, però almeno sembra una soluzione. Lungi da me spartire giudizi o promuovere atteggiamenti, io dico solo qual' è la mia visione su quello che mi domandi: l'altro lato del narcotraffico.

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